Whirlpool, operai in lotta
contro il voltafaccia:
“Dateci speranze”

Neanche fossimo in alta montagna, piuttosto che affacciati sul Golfo di Napoli, il clima è cambiato in un attimo e sul primo sole estivo dell’anno si sono parate nuvole nere cariche di pioggia. Tutto si è consumato nello spazio di un breve incontro, il 31 maggio, il tempo che è bastato alla Whirlpool per comunicare l’intenzione di cedere lo stabilimento, un modo come un altro per annunciarne la chiusura.

Un colpo di spugna sulla storia della città che in quel capannone di via Argine ha visto passarci generazioni di lavoratori, famiglie intere, con i padri che smettevano la tuta blu per lasciarla ai figli. È questa la storia dell’oro bianco di Napoli, di una fabbrica di eccellenza, che sforna le migliori lavatrici in circolazione, neanche fossero pizze. Una storia gloriosa e raggiante, sbiadita dalle ultime cronache e sfumata in poche ore nel bianco e nero della tragedia.

whirlpool napoli lotta operaiL’ombra della dismissione

Perché, se gli americani lasceranno il territorio, 430 dipendenti diretti, mille con l’indotto, si ritroveranno con le famiglie a casa e niente per camparle. Un invito alla camorra che tutto inghiotte voracemente laddove lo Stato e lo stato sociale arretrano. Tanto che striscioni di protesta e assennati sindacalisti la descrivono, quella fabbrica, come un presidio di legalità, prima ancora che come una linea di produzione per elettrodomestici. E l’ombra della dismissione si allunga, minacciosa, alla vicina sede del casertano, agli altri stabilimenti di Marche, Lombardia, Toscana e altri territori che resteranno sempre più soli.

Napoli non molla, li ho sentiti gridare in via Molise martedì pomeriggio, con tutto il fiato che avevano in corpo, perché le loro voci di operai traditi arrivassero alle orecchie dei vertici del gruppo, seduti intorno al tavolo, ai piani alti del Mise, con i sindacati e il ministro Luigi Di Maio che li incalzavano. Una vicenda che parte con un paradosso: la sottoscrizione, il 25 ottobre scorso, appena sette mesi fa, di un accordo per garantire al sito partenopeo nuovi investimenti e un nuovo modello.

Come si arriva, allora, a quella slide societaria che mostra il nome Napoli cancellato da una X rossa? “Il sospetto – spiega con amarezza la segretaria nazionale Fiom, Barbara Tibaldi – è che questa fosse una decisione presa già a monte. Che in realtà l’approdo in Italia per Whirlpool nascondesse la strategia di acquisire il marchio Indesit per andare poi a produrre nel nord Europa. E la firma sull’accordo di ottobre serviva solo a ottenere gli ammortizzatori sociali”.

 

Sette giorni di tempo

Insomma, il solito furto di brand. La riprova di questo odioso dubbio potrebbe essere l’atteggiamento degli americani all’incontro di martedì pomeriggio. Ce lo racconta la Tibaldi, che era seduta al tavolo: “di fronte alle nostre richieste di chiarimento chi rappresentava l’azienda ha fatto scena muta. Ha soltanto confermato gli investimenti in Italia, ribadendo però i problemi riscontrati sulla sede di Napoli”. Un quadro al quale ha reagito con durezza il ministro Di Maio, minacciando, in caso di mancato rispetto del piano industriale, il blocco degli incentivi, 25 milioni di euro, e persino il recupero di quelli già erogati.

I manager hanno chiesto sette giorni di tempo. Concessi. Ad attenderli, martedì prossimo, governo e sindacati in modalità “mezzogiorno di fuoco”. “Ci aspettiamo proposte concrete, prospettive per Napoli, altro che cessioni e chiusure”, ha detto senza incertezza la Fiom. Già ieri le cronache che arrivavano dall’assemblea in fabbrica parlavano di apprezzamento, tra i lavoratori, per l’atteggiamento deciso di ministro e istituzioni locali, saldamente schierati al loro fianco, ma anche di consapevolezza per la battaglia dura che li attende, come ha spiegato il segretario delle tute blu della Cgil partenopea, Rosario Rappa.

whirlpool operai napoli lottaTante le mobilitazioni in programma, tra cui lo sciopero e la piazza del 14 giugno, una giornata di protesta nazionale dei metalmeccanici, iscritta nel percorso di mobilitazioni unitarie promosse in queste settimane dai sindacati, di cui Napoli, proprio per la vertenza Whirlpool, potrebbe diventare tappa principale.

L'”invasore americano”

E allora, in attesa di martedì prossimo, non ci resta che sfogliare l’album fotografico di queste ore convulse in cui rabbia e fantasia hanno dato fuoco alla miccia della protesta. Quelle magliette bianche con la spunta verde da sovrapporre alla X rossa. Una V di vittoria che ha il sapore del futuro, indossate dagli operai a Roma. Quei cori a squarciagola sotto alle finestre del ministero, il Bella Ciao contro “l’invasor” americano, intonato subito dopo l’inno di Mameli.

E la storia di queste ore e di quella fabbrica nelle parole di Lorenza, operaia da 29 anni, al reparto immatricolazioni, dopo i 40 che, lungo quelle stesse catene di montaggio, ci trascorse il padre. “I nostri risultati, fino a qualche anno fa, sono stati più che eccellenti. Abbiamo sfiorato la soglia di produzione di un milione di lavatrici, con zero assenteismo e zero infortunio. Siamo il brillante del gruppo lavaggio, tanto che molti operai di sedi sparse in Europa sono venuti a Napoli per studiare e capire come si fanno, per bene, le lavatrici. Soltanto giovedì scorso, ventiquattro ore prima dell’annuncio shock, abbiamo ottenuto un riconoscimento per quel che concerne il miglioramento e la qualità del prodotto. Una medaglia d’argento”.

La speranza, adesso, è che questo primato non sia un punto d’arrivo, un premio alla carriera, ma l’inizio di un nuovo capitolo di questa lunga storia. La speranza è che, voltandola, questa medaglia – dietro a quella buona, d’argento – non nasconda una faccia cattiva.

Giorgio Sbordoni, RadioArticolo1

https://www.radioarticolo1.it/audio/2019/06/05/40804/vertenze-in-primo-piano
https://www.radioarticolo1.it/audio/2019/06/04/40788/salviamolawhirlpool
https://www.radioarticolo1.it/audio/2019/06/03/40761/whirlpool-gli-accordi-si-mantengono