Via alla legge di Bilancio:
un balletto sui soldi
in emergenza sanitaria
Siamo arrivati alla fine di un anno doloroso e terribile per il nostro Paese. La pandemia da Covid-19 ha provocato in Italia finora oltre 70.000 decessi, ha determinato la più grave recessione del dopoguerra, ha impoverito milioni di persone. In una situazione così difficile si poteva sperare in un risveglio di coscienze, in comportamenti rigorosi, in un’assunzione generale di responsabilità da parte della classe politica alle prese, come ogni anno, con la discussione e il voto della legge di Bilancio 2021 accompagnata dal solito decreto Milleproroghe. L’approvazione finale del Senato è attesa il 31 dicembre, ammesso che non emergano altre tensioni e ricatti tra le varie anime della maggioranza e dell’opposizione che potrebbero far precipitare il Paese nell’esercizio provvisorio. Il percorso che ha portato alla definizione della legge di Bilancio è stato caratterizzato da diversi assalti alla diligenza, come si sarebbe detto nella Prima Repubblica, con la mobilitazione di interessi particolari, lobby, correnti, partiti e partitini, tutti alla caccia di provvedimenti per distribuire favori, mance e privilegi ai loro potenziali elettori. Ma, è bene sottolinearlo, l’assalto è stato condiviso da più soggetti, della maggioranza e dell’opposizione, con una sintonia e una collaborazione degna di più ambiziosi progetti.
Il debito al 160% del Pil
Quest’anno lo spazio di manovra è stato più ampio del solito perché i parlamentari hanno potuto contare su 3,8 miliardi del Fondo di sostegno alle categorie più colpite dalla pandemia, cifra che si è aggiunta ad altri 800 milioni messi a disposizione del governo come Fondo per esigenze indifferibili. Sulla cifra complessiva di 4,6 miliardi maggioranza e opposizione hanno trovato l’accordo per varare una serie di provvedimenti, alcuni non proprio essenziali. Gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti hanno calcolato il costo degli emendamenti pro-capite della spartizione. I parlamentari del Pd sono stati i più “efficienti” con 18 milioni a testa, poi vengono i colleghi sovranisti di Lega e Fratelli d’Italia con circa 10 milioni di euro a testa. Più in dettaglio la convergenza tra maggioranza e opposizione ha consentito di varare oltre 100 misure con importi inferiori ai 5 milioni ciascuno finalizzati, ad esempio, ai presepi, ai bonus per gli chef, ai voucher per gli occhiali, ai concerti. Non sarebbe corretto evitare di citare gli emendamenti presentati per i bonus per i rubinetti, per i depuratori, per lo stoccaggio dei vini di qualità, per le smart tv e altro, tutte proposte che forse mal si conciliano con un Paese investito dalla pandemia, con un debito pubblico pari al 160% del Pil, con 400mila negozi chiusi, con migliaia e migliaia di lavoratori che rischiano di perdere il reddito tra pochi mesi quando finirà il blocco dei licenziamenti.
Il balletto bipartisan attorno alla manovra e al decreto omnibus di fine anno, probabilmente, giustifica più di qualsiasi propaganda la decisione dei cittadini di tagliare il numero di parlamentari, e suscita soprattutto qualche allarme, qualche interrogativo su cosa succederà nei prossimi mesi quando bisognerà cercare di uscire dalla crisi utilizzando il Next Generation UE che consentirà all’Italia di ottenere e investire circa 196 miliardi di euro, la quota maggiore tra i vari paesi europei. La manovra di fine anno non va guardata da sola, il documento di Bilancio 2021 è, infatti, un tassello che si aggiunge ad altre quattro manovre decise tra marzo e dicembre 2020 come interventi straordinari per contrastare l’emergenza Covid. Ogni volta lo scostamento di bilancio è stato portato un po’ più in là, ci siamo salvati grazie all’aiuto dell’Europa e al sostegno eccezionale della Bce che sottoscrive quote di titoli di Stato ben superiori a quanto le sarebbe consentito per Statuto. Fino a quando durerà tutto questo? Non si sa. Bruxelles guarda preoccupata alla verifica di governo che, sospesa fino alla Befana, potrebbe far precipitare maggioranza e governo.
Siamo in ritardo
La partita più importante per il Paese, una cosa diversa dagli interessi di Conte o di Renzi, è quella del piano Next Generation EU. Siamo in ritardo e non ci sono le idee chiare su come procedere e sulla responsabilità di conduzione. Per ora abbiamo la bozza di Conte con sei macro-aree in cui sono inserite 52 linee guida per i progetti principali da realizzare. Nel cosiddetto Piano nazionale di ripresa e di resilienza ci sono: digitalizzazione e innovazione per 48,7 miliardi, rivoluzione green e transizione ecologica per 74,3 miliardi, infrastrutture e mobilità per 27,9 miliardi, istruzione e ricerca per 19,1 miliardi, parità di genere e coesione territoriale 17,2 miliardi, salute 9 miliardi. I titoli sono bellissimi, sorprende la nostra rinuncia al Mes sanitario di 36 miliardi mentre destiniamo solo 9 miliardi alla Sanità che ha invece bisogno di un grande piano di ammodernamento e di rafforzamento. Ma forse le scelte finali arriveranno dopo la verifica di governo, con l’augurio che non si trasformi in un incubo per il Paese.
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