Vaccini e brevetti,
la mossa di Biden
spiazza tutti
Joe Biden ha deciso di sparigliare e mercoledì pomeriggio si è detto favorevole a una sospensione dei diritti di proprietà intellettuale per i vaccini contro il Covid-19. Lo ha fatto attraverso le parole di Katherine Tai, rappresentante per il commercio degli Stati Uniti che si occupa delle negoziazioni presso la World Trade Organisation (WTO). “Questa è una crisi sanitaria mondiale e le circostanze straordinarie della pandemia invocano misure straordinarie”, ha scritto Tai in un comunicato che prosegue dicendo che “l’amministrazione Biden crede fermamente alle protezioni della proprietà intellettuale ma per mettere fine a questa pandemia sostiene la revoca di queste protezioni per i vaccini anti Covid-19”.
Una improvvisa inversione di marcia
Si tratta di una vera e propria inversione di marcia della politica americana: gli Stati Uniti erano stati tra i maggiori oppositori della proposta avanzata a ottobre 2020 da India e Sud Africa al WTO e poi sostenuta da circa 100 paesi per la sospensione di alcune delle protezioni dei brevetti per i nuovi vaccini. Una misura che permetterebbe ai produttori di farmaci di tutto il mondo di accedere alle informazioni per ora tenute segrete su come sono preparati.
Stati Uniti ed Europa, insieme ad altri paesi come Gran Bretagna, Svizzera, Canada, finora erano allineati con il no. Molti democratici americani tuttavia sostenevano l’iniziativa e il presidente in questi mesi è stato sottoposto a crescenti pressioni perché prendesse una posizione favorevole.
L’Oms, che in aprile aveva fornito dichiarazioni davvero scoraggianti sul fatto che delle 700 milioni di dosi somministrate nel mondo solo lo 0,2% erano arrivate nei paesi a basso reddito, in queste ore esulta per bocca del direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus che su Twitter scrive a lettere capitali che la mossa di Biden è “un momento monumentale nella lotta a Covid 19” e “riflette la leadership morale degli Stati Uniti”.
E l’Europa? Presa in contropiede, si divide e arriva in ritardo per di più con affermazioni poco chiare. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Layen il giorno successivo alla dichiarazione di Tai si è affrettata a dire che “l’Ue è pronta a discutere qualsiasi proposta che affronti la crisi in modo efficace e pragmatico”. Una dichiarazione piuttosto vaga per la verità, ma che comunque rappresenta un cambiamento rispetto alla posizione sostenuta nei mesi precedenti che ribadiva l’inefficacia di questa misura per aumentare la produzione e rendere accessibili le dosi ai Paesi a basso reddito.
Ma la Germania punta i piedi. La cancelliera Angela Merkel fa sapere di essere nettamente contraria alla liberalizzazione. Gli altri leader europei, dal canto loro, sembrano propensi alla decisione annunciata da Biden: Macron ad esempio, dice di essere “molto favorevole”, benché un funzionario del governo si affretti a precisare che la scarsità di vaccini dipende dalla mancanza di capacità produttiva e dei componenti e non è questione di brevetti. E ricorda che finora gli Stati Uniti non hanno esportato nemmeno una dose, al contrario dell’Europa che, come ribadisce sempre Von der Layen, esporta i vaccini in oltre 90 paesi.
Da noi, il ministro Di Maio scrive su Facebook: “L’Italia c’è, l’Europa non perda questa occasione e dimostri di essere unita e coraggiosa”. E anche il ministro Speranza è d’accordo: “La svolta di Biden sul libero accesso per tutti ai brevetti sui vaccini è un importante passo in avanti. Anche l’Europa deve fare la sua parte”.
Ma le cose non sono semplici. La stessa Tai ribadisce che se ne parlerà nei prossimi giorni al WTO, ma che, se anche si trovasse un accordo, i tempi sarebbero lunghi.

L’opposizione delle case farmaceutiche
Chi non è affatto contenta ovviamente è l’industria farmaceutica. Moderna, Novavax (produttrice di uno dei vaccini in dirittura d’arrivo che sembra abbia ottime caratteristiche) e Pfizer hanno visto una flessione nel valore delle azioni subito dopo la notizia sulla proposta di Biden. La posizione ufficiale è che sospendere i diritti di proprietà intellettuale non velocizzerebbe la produzione di vaccini perché esistono altri importanti ostacoli come l’accesso ai materiali grezzi e i problemi di distribuzione. Pfizer ad esempio ha fatto sapere che per fare il suo vaccino servono 280 composti che vengono forniti da 86 rifornitori in 19 paesi, oltre a un personale altamente specializzato che non tutti hanno a disposizione.
Insomma, fare un vaccino non è come fare una torta, non basta la ricetta. Inoltre, dicono, questa misura scoraggerebbe nel futuro le industrie farmaceutiche dall’investire nella ricerca di cure per la prossima crisi sanitaria. “Chi farà il prossimo vaccino?” ha sintetizzato l’ex Ceo di Allergan. A questo punto c’è chi dice che la cosa migliore per le aziende sarebbe donare più vaccini o venderli su base no profit ai paesi a basso reddito che ne hanno bisogno mantenendo il brevetto. Una tesi sostenuta anche da politici, come il presidente Macron.
Ma i promotori della iniziativa antibrevetti sostengono che le compagnie farmaceutiche subirebbero perdite minime perché la sospensione sarebbe temporanea e nei prossimi anni potranno vendere tutti i vaccini di cui il mondo avrà bisogno. Del resto, la stessa Pfizer martedì scorso ha affermato che si aspetta per quest’anno vendite del vaccino Covid-19 per almeno 26 miliardi di dollari e che la richiesta di dosi potrebbe contribuire alla crescita dell’azienda per gli anni a venire.
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