Unione bancaria europea
Svezia e Danimarca
un passo verso l’adesione
Unione bancaria: è lo strumento, nato nel 2013, per dare un paracadute comune a tutte le banche europee dei Paesi che aderiscono a questo sodalizio. Fu fondato per volontà dell’UE, a cinque anni di distanza dalla grande crisi del 2008. L’unione bancaria garantisce infatti la solidità delle banche e la loro capacità di prevenire e superare eventuali tempeste. Serve in pratica ad aiutare gli istituti di credito a non fallire, o quantomeno ad accompagnarli a soluzioni che non penalizzino i correntisti e i sistemi-Paese. Si tratta in sostanza di una grande assicurazione comune cui aderiscono, pagando pro-quota, tutti i Paesi della zona euro (che hanno la moneta comune) e altri Stati membri che possono decidere di unirsi sotto questo ombrello.
Svezia e Danimarca hanno come valuta nazionale le rispettive corone e, finora, si erano rifiutate di pagare la propria fetta di tranquillità finanziaria aderendo all’Unione bancaria. Ora sembra volgere al termine il dibattito politico nei due Paesi nordici sull’opportunità di entrare a far parte di questa cordata. L’esito, dicono ottimisti i banchieri europei, sarà la rivitalizzazione e il completamento di un grande schema: alla base, c’è un deposito assicurativo per far dormire tranquilli i risparmiatori ed evitare scosse sui mercati.


Non è una coincidenza che questo sviluppo positivo avvenga nel momento in cui l’Europa sta mettendo mano al grande intervento finanziario comune per superare gli effetti dell’epidemia. Olli Rehn, capo della Banca centrale finlandese, già commissario europeo per l’economia e gli affari monetari, ha detto venerdì 24 luglio di credere nel piano dell’Unione Europea, quello di diventare un colosso come emittente di titoli e obbligazioni per contribuire a finanziare il Recovery Plan. Questo, ha detto Rehn, “può creare le condizioni per un reale, sicuro e unificato patrimonio europeo, in termini di beni materiali, immobili, liquidità e strumenti simili, come bot, obbligazioni, azioni”.
Un’Europa finanziaria robusta
La Finlandia, sull’onda della ripresa post- Covid, vede insomma nell’immediato futuro un’Europa robusta e unita nel sistema bancario. Questo costituisce un fastidioso sassolino nelle scarpe di Svezia e Danimarca. Nel 2017, infatti, Nordea, la più grande banca della regione nordica, annunciò che avrebbe trasferito il proprio quartier generale da Stoccolma a Helsinki. Fu un duro colpo, ma Nordea spiegò che non poteva fare agio sulle instabili regole del gioco bancario svedese, prive di reciprocità internazionale da parte di altri istituti di credito. Il primo ottobre 2018 Nordea, dunque, diede seguito alle sue intenzioni e si trasferì in Finlandia. Da allora nei Parlamenti e nelle commissioni economiche di Stoccolma e Copenaghen, si parla in modo sempre più convinto di entrare nell’Unione bancaria. Entrambi i primi ministri dei due Paesi, la socialdemocratica danese Mette Frederiksen e il premier svedese Stefan Löfven premono perché ciò avvenga entro quest’anno. Per Olli Rehn e altri banchieri centrali su posizioni che superano il vecchio regime questa vera unione del credito e della finanza può spianare la strada a un unico deposito assicurativo europeo e a un supporto fiscale condiviso. Yannis Stournaras, capo della banca centrale europea greca, che con Rehn fa parte del direttivo della BCE prevede un’iniziale fase di debolezza nei titoli degli istituti di credito, ma un successivo, forte rilancio proprio grazie all’Unione bancaria, un passo in più verso una vera unità e una reciproca protezione.
Non è solo la tutela dei risparmiatori e dei singoli Paesi l’obiettivo dell’operazione in atto sul piano creditizio europeo: Olaf Scholz, vicecancelliere e ministro delle finanze tedesco, socialdemocratico, ha passato già il Rubicone proponendo, oltre all’Unione bancaria, un enorme deposito assicurativo comune cui attingere perché ciascun Paese possa fare riforme in armonia con gli obiettivi delle Commissione. In definitiva il Recovery Fund potrebbe trasformarsi nel vettore di un’Europa politicamente unita, un giocatore internazionale che, da eterna precaria alleanza, può diventare una piccola ma forte corazzata geopolitica.
Garanzie per tutti
Svezia e Danimarca rompono gli indugi e si preparano a salire a bordo dell’Unione bancaria, che è molto più di un muscoloso guardaspalle dei correntisti eventualmente traditi da banche facilone o in balia di crisi nazionali. I pilastri dell’alleanza tra istituti di credito sono garanzie per tutti. Il codice unico europeo fissa i requisiti patrimoniali delle banche, i migliori sistemi di garanzia dei depositi e le norme per la gestione delle banche in dissesto. Tra i suoi compiti anche la vigilanza prudenziale, specialmente quella sulle banche “sistemiche”, con attivi superiori a trenta miliardi o che rappresentino almeno il 20 per cento del Pil del loro Paese. Infine, il terzo punto forte dell’Unione bancaria, dal 2013, è che al risanamento concorrono prima di tutto gli azionisti, poi i titoli di obbligazioni e infine chi ha un conto corrente superiore ai centomila euro. Grazie alle pressioni dell’Unione bancaria, dopo l’eurogruppo del 13 giugno 2019 il Mes, il fondo salva-Stati, farà dall’anno prossimo il suo vero mestiere. Non sarà più una discutibile super banca con caratteri privatistici, che può quasi autonomamente imporre condizioni nei prestiti. Il Mes starà al suo posto, come un ente di esclusivo servizio per supportare le finanze pubbliche degli Stati membri e, soprattutto, per fornire la garanzia comune dell’Unione europea (backstop) a un fondo unico bancario, con un credito rotativo o fido.
Svezia e Danimarca difficilmente vorranno continuare a essere tagliate fuori da questo clima di rinascita, anche se la premier Mette Frederiksen ha promesso un referendum prima di approvare l’adesione. Stefan Löfven ha detto la scorsa settimana che la Svezia non può permettersi di restare fuori dall’Unione bancaria ma neppure, dalla costituenda Procura europea. Avrà sede in Lussemburgo, accanto alla Corte di giustizia dell’Unione europea e alla Corte dei conti europea. Come previsto dal trattato di Lisbona, la Procura indaga e persegue frodi contro il bilancio dell’UE e altri reati contro gli interessi finanziari dell’Unione come truffe fatte utilizzando fondi europei o frodi sull’IVA.
Certo, Danimarca e Svezia staranno meno alla finestra, pagheranno di più per avere voce e garanzie. Hanno scelto tuttavia un maggiore coinvolgimento e credono in questi progetti. I giorni difficili della trattativa si allontano, per tutti i Paesi è ora di connettersi alla politica europea, dice Carl Hamilton, economista svedese, vicepresidente della commissione per gli affari dell’UE. Non vi possono essere stati marginali nel Nord Europa.
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