Una nuova alluvione (in Emilia-Romagna) per le solite vecchie cause

Alluvione a Faenza provocata dall'esondazione del fiume Lamone
Faenza sott’acqua per l’esondazione del fiume Lamone

Quando si dice geografia, il pensiero ancora, oggi, corre subito ai fiumi, laghi capitali… Ma quando senti Lamone, a meno che non sei nato da quelle parti non pensi ad un fiume e tanto meno viene in mente che è così grande da aver provocato un’alluvione. Allora per informarmi meglio, senza scomodare un libro di Geografia che ne sa meno di me, vado in quella enciclopedia a portata di mano che è Wikipedia e leggo che “Il Lamone è un fiume che scorre in Toscana e in Romagna. Nasce dalla Colla di Casaglia (1.190 m) nel comune di Borgo San Lorenzo (in provincia di Firenze), attraversa Marradi, Brisighella e Faenza. Dopo la via Emilia comincia il suo percorso in pianura. Passa nelle campagne tra Russi e Bagnacavallo e sfocia nel Mare Adriatico presso Marina Romea (15 km a nord-est di Ravenna, nella Pineta di San Vitale); il suo percorso totale è di circa 90 km”.

Quindi “quelle parti” sono l’Emilia-Romagna e quel fiume non è tanto grande. Il problema è “solo” che ha un letto che la natura gli aveva dato a due piazze e umani locali lo hanno ridotto ad una piazza sola, forse anche mezza. Per cui quando dal cielo cade l’invocata acqua e magari ne piove tanta dopo mesi di siccità, questa trova meno dello spazio cui era abituata ad adagiarsi, quel letto si riempie e se ne esce fuori dai suoi, una volta naturali, argini.

Un piccolo fiume ha messo in ginocchio tre province

E questa è la storia della geografia italiana: quella fluviale e non solo.

Tra i molti che ne hanno scritto c’è anche Strisciarossa. Per esempio il 28 ottobre 2021 (“Medicane, il nuovo mostro che il riscaldamento globale ci porta in casa”), il 24 dicembre 2021 (“Cosa dobbiamo imparare dalla tragedia di Ravanusa”), il 17 settembre del 2022 (“Disastri idrogeologici, la prevenzione si può e si deve fare”).

Il problema è, più o meno, sempre lo stesso: piove e alla pioggia segue un’inondazione.

Ma che cos’è successo tra il 2 e il 3 maggio di questo 2023 nei cieli dell’Emilia-Romagna? La risposta è che ha piovuto. Ma quanta ne ha fatta? Non tanto più del normale. Allora come è possibile che sono bastati due giorni di pioggia, a tratti nemmeno troppo intensa, per fare tanti danni e vittime, per mandare in tilt il reticolo idraulico bolognese, del ravennate e del forlivese? Tanto da allagare “sommergendola” una città come Faenza con 60.000 abitanti; da far bloccare i treni e da far chiudere la statale adriatica, n.16?

Danni, vittime, dispersi

Mentre scrivo, sono le 17 del 3 maggio, la situazione è in miglioramento, nel senso che non piove più, ma l’ARPAE (Agenzia Prevenzione Ambiente Emilia-Romagna) riferisce: “Gravi le conseguenze del maltempo, soprattutto in Romagna. Il Sillaro, tracimando, ha causato due rotte dell’argine: la più grande si è verificata a Massa Lombarda (Ravenna), dove in via Merlo – a valle di Portonovo -, sono in corso da ieri le operazioni di chiusura. A Faenza l’esondazione del Lamone ha provocato l’allagamento nell’area Borgo Durbecco e della zona esterna dell’abitato, nella parte pedecollinare. Osservata speciale, al momento, la zona di Bagnacavallo, che rientra tra le situazioni più critiche per l’evolversi degli allagamenti. A Castel Bolognese un signore di 80 anni è deceduto travolto dall’acqua mentre in bici percorreva una zona interdetta alla circolazione, dopo la fuoruscita del Senio. Due persone sono disperse dopo che una frana si è abbattuta su un’abitazione, a Fontanelice. Numerose le evacuazioni: la più significativa a Faenza, 250 persone, poi Castel Bolognese e Conselice, circa 60 residenti in ciascuna località, più altre con numeri inferiori.”

Geografia dei fiumi e geografia politica vanno a braccetto

Stefano Bonaccini

Che fare? Detto fatto. Il presidente della Regione Stefano Bonaccini insieme con la vicepresidente Irene Priolo, dopo aver ringraziato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “per la vicinanza che ha espresso all’Emilia-Romagna e alle comunità colpite”; dopo tutto questo, sono “in contatto costante con i Governo e la Protezione civile, e siamo già al lavoro per chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale”.

Ecco fatto: così si ripete non solo la storia della geografia fisica dei fiumi, ma anche quella della geografia politica. Nel senso che una volta dopo i guai della pioggia si usava dire “piove, governo ladro”; oggi, da tempo, se la si prende con la natura che è sempre matrigna sia quando provoca la siccità, sia quando di acqua ne fa tanta. Allora? Allora se la natura ha questi comportamenti calamitosi si chiede la dichiarazione della stato di calamità. Naturale, naturalmente.

Se poi, i letti dei fiumi continuano ad essere ad una sola piazza, è importante che a due piazze siano quelli di chi dovrebbe governare ambiente e territorio.