Un lungo viaggio tra i film sul genocidio
degli ebrei dopo “Schindler’s List”
Sono passati quasi venticinque anni dalle première europee del film di Stephen Spielberg Schindler’s List: dal 15 febbraio 1994 l’opera debuttò a Londra, Berlino, Parigi, Cracovia e via via in tutte le altre città. Il 3 novembre del 1993 c’era stata la prima assoluta a Washington, dove ora una copia del film è custodita nella libreria del Congresso, assieme a un ampio apparato critico. Per Spielberg la reazione del pubblico europeo era la prova più attesa. Basato sul romanzo dell’autore australiano Thomas Keneally “L’Arca di Schindler”, il film viene proposto in queste settimane con un trailer di forte impatto che invita a vedere o a rivedere “un capolavoro senza tempo. Un’opera di cui oggi il mondo ha bisogno più che mai”. Il “cantiere” critico è ovviamente sempre aperto per evidenziare pregi e limiti di un film che ha comunque segnato un punto nuovo nella narrazione del genocidio del popolo ebreo.
La filmografia sullo sterminio degli ebrei conta non meno di trecento opere censite nelle enciclopedie del cinema e nelle pubblicazioni specializzate, definite come storie per il cinema degne di attenzione e per varie ragioni meritevoli.
Il quotidiano israeliano Haaretz, pubblicato e venduto nell’edizione inglese assieme all’International Herald Tribune, aggiorna di anno in anno, grazie alla giornalista Ruth Schuster, una lista di diciotto film sul genocidio aperta alle segnalazioni dei lettori, senza un particolare ordine o una definita gerarchia, solo “per condividerli e, sì, anche per la gioia di vederli”, precisa Ruth Schuster.
Vediamo allora, oltre a Schindler’s List, i suggerimenti del 2019.
Denial, La Verità negata (2016, regia di Mick Jackson) prende spunto da una causa celebre. Nel 1996 la storica Deborah Lipstadt fu citata in giudizio da David Irving davanti ai tribunali britannici, assieme alla sua casa editrice Penguin Books. Lipstadt aveva definito Irving in un saggio come un negazionista e un falsario. Il film è interpretato da Rachel Weisz nel ruolo della storica e da Timothy Spall in quello di Irving. Racconta come l’onere della prova a carico di Deborah Lipstadt consistesse nel dimostrare che Irving fosseun negazionista che aveva distorto i fatti, essendo il genocidio un fatto. Lipstadt dovetteaccettare il paradossale compito e ripercorrere il genocidio e tutte le fonti storiche.
The Reader, A voce alta, del 2008, diretto da Stephen Daldry, è tratto da un romanzo di Bernhard Schlink, pubblicato in Italia da Garzanti. Schilnk fu giudice della corte costituzionale della Renania-Westfalia. E’ un’opera sulla generazione che crebbe all’ombra del genocidio. Nella Germania degli anni Sessanta Michael, 15 anni, (interpretato da David Kross) ha una storia appassionata con la più matura Hanna (Kate Winslet). La donna interrompe bruscamente la relazione. Anni dopo, da studente di legge (interpretato da Ralph Fiennes), Michael scopre che Hanna durante la guerra era una guardia in un campo di concentramento. La lettura a voce alta, che la donna chiedeva alle sue vittime e poi al giovane Michael, è la chiave di un segreto. La Winslet vinse l’Oscar per la sua interpretazione.
Son of Saul, Il figlio di Saul, è un film ungherese del 2015 del regista Laszlo Nemes, che ha scritto la sceneggiatura con Clara Royer. Saul Ausländer è interpretato da GézaRöhrig, poeta ungherese, prestato al cinema, che oggi vive a New York. Saul fa parte del Sonderkommando, i prigionieri costretti ad assistere i nazisti nella macchina dello sterminio. Saul deve pulire le camere a gas. Vuole che un rabbino possa cantare il kaddishe fare il servizio funebre per un ragazzino ucciso. E’ convinto che il fanciullo sia suo figlio e non vuole che il suo corpo sia profanato ulteriormente. Da qui si dipanano avvenimenti legati alle rivolte e alla resistenza. Ha vinto l’Oscar nel 2016 come migliore film in linguastraniera e il Gran Premio della giuria a Cannes nel 2015.
Europa Europa (1990, regia di Agnieszka Holland) racconta un fatto storico, basato sulla autobiografia di Solomon Perel, un ebreo tedesco sopravvissuto allo sterminio. La famiglia di Solomon, 13 anni, (interpretato da Marco Hofschneider), dopo la “notte dei cristalli”, cerca scampo in Polonia. Qui, dopo tante vicissitudini, Solomon si fa passare da orfano tedesco e ariano. Per una serie di circostanze inattese, si ritrova nella gioventù hitleriana. Qui finisce per far la figura dell’eroe, anche in questo caso per un ennesimocaso fortuito. Proprio quando sta per essere smascherato, perché deve esibire il certificato di purezza razziale, la stazione di polizia viene bombardata. Si salva e, riunito al fratello Isaak, si consegna ai sovietici che lo rilasciano. Solomon e Isaak partono per la Palestina che diventerà Israele.
The lady in number 6: the music saved my life, La signora al numero 6, (2014), regia di Malcom Clarke. Il film ha vinto l’Oscar una settimana prima che la protagonista compisse 110 anni. La signora al numero 6 è Aliza Herz-Sommer, una pianista ebrea di Praga. Riuscì a sopravvivere al campo di sterminio di Theresienstadt assieme al suo bambino (il marito invece morì di tifo a Dachau). Doveva suonare nel campo di sterminio. Vissuta per quarant’anni in Israele, si trasferì poi a Londra, in un appartamento accanto ai nipoti. I genitori a Praga avevano un circolo letterario ed erano amici di Franz Kafka, Sigmund Freud e Gustav Mahler. Aliza dice che la musica le ha salvato la vita perché le ha dato speranza e gioia.
Ida (2015), di Pavel Pawlikowski. In un convento polacco degli anni Sessanta, Anna (interpretata da Agata Trzebuchowska), cresciuta dalle suore come orfana, vuole prendere i voti. La superiora le consiglia di cercare prima, a tutti i costi, qualcuno della sua famiglia d’origine. Tramite una zia Anna scopre in realtà di chiamarsi Ida e di essere ebrea. Era stata affidata da bambina ad alcuni contadini per un certo tempo. Ida scopre la tragedia della sua famiglia, l’orrore della Shoà e si trova a dover scegliere quale strada prendere. Ida ha vinto nel 2015 l’Oscar come migliore film straniero.
Secret lives, Vite segrete: i bambini nascosti e il loro salvataggio durante la seconda guerra mondiale. (2002). Regia di Aviva Slesin. E’ un documentario sulle famiglie che hanno accettato di tenere nascosti bambini ebrei. “C’era gente che lo faceva per convertirli, per fare soldi o per usarli come piccoli schiavi. Ma io – ha spiegato la regista lituana Slesinche ora vive a New York, essa stessa affidata a conoscenti e poi riunita alla famiglia d’origine – ho cercato le coppie che l’hanno fatto senza alcuna ragione apparente, a rischio della propria vita”. Il documentario racconta in modo toccante i sentimenti contrastanti dei protagonisti.
Enemies, a love story, Nemici, una storia d’amore (1989). Regia di Paul Mazursky. Tratta dal romanzo di Isaac Bashevis Singer. Ambientata nella New York del 1949, la storia parla del sopravvissuto al genocidio Herman Broder (Ron Silvers). Herman è un ebreo polacco che fa lo scrittore e ora vive a New York. E’ alle prese con ben tre mogli. Una è Yadwiga, l’ex domestica cattolica che l’aveva tenuto nascosto in patria (Margaret Sophie Stein), l’altra è l’intellettuale ebrea Masha (Lena Olin), a sua volta scampata alla morte e la terza è Tamara (Anjelica Huston), di cui lo scrittore si riteneva vedovo, credendola morta durante il nazismo. Anche Tamara, invece, ce l’ha fatta e ritorna. Gran dilemma che, in chiave ironica, fa riflettere sul permanente senso di perdita provocato dalla tragedia. Herman prova e riprova, con talmudica complessità, a trovare una via d’uscita. Le donne decidono e dimostrano il potere dell’amore.
Conspiracy, Soluzione finale (2001) di Loring Mandel, racconta la conferenza di Wannsee, in una villa sul lago a Berlino. Qui nel 1942 gli ufficiali e i burocrati nazisti furono informati della decisione di sterminare il popolo ebreo. L’incontro fu deciso da Hitler e convocato da Göring. Il film approfondisce la psicologia e il pieno, crescente livello di consapevolezza dei partecipanti.
L’aritmetica del diavolo (1999) di Donna Deitch parla di una ragazzina ebrea americana, Hannah Stern (Kirsten Dunst), annoiata dal lungo Seder pasquale. Dice a un certo punto di essere stanca di dover ricordare, ma quando apre la porta per il profeta Elia, come vuole la tradizione, le si spalanca davanti la Polonia del 1942, un inferno in cui Hannah cade. Dovrà ricorrere a ogni sua risorsa per salvarsi.
Completano l’invito alla visione i più noti “Il pianista”, “Bastardi senza gloria” e l’italiano “La vita è bella”.
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