Vola un “Cigno Nero”
che castiga
la nostra arroganza
Un Cigno Nero vola sulle nostre teste. Non è un uccello del malaugurio, anzi, può essere un avvertimento e forse un presagio.
Il Cigno Nero, secondo Nassim Nicholas Taleb (2007), è un evento imprevedibile che ci sconvolge, mettendoci in guardia contro la nostra arroganza.
Il Cigno Nero vola sulle nostre illusioni e castiga le nostre certezze. Si sapeva che, prima o poi, sarebbe arrivata una nuova pandemia, quasi sempre dall’Oriente, dove, secondo Hegel, è iniziata la storia dello Spirito, ma noi ci siamo distratti e adesso dobbiamo trattenere il fiato e restare nascosti in casa per evitare di essere contagiati.
Il Cigno Nero vola in alto e vede cose che a noi sfuggono. Vede città e piazze splendide, deserte e spettrali. Respira l’aria sopra la pianura Padana, diventata respirabile, profumata e ripulita da un inquinamento che sembrava irreversibile.
Il battito delle sue ali prima ci ha sorpreso e poi ci ha spaventato, ma ci ha ricordato che la scuola e la sanità pubblica sono dei beni preziosi, lontane conquiste “socialiste”, che piacciono anche alla vecchia Europa liberale, ma non all’America, sia democratica sia repubblicana.
Le scuole chiuse ci hanno ricordato quanto siano importanti, perché sono una comunità, perché insegnare ed imparare è bello ed importante, ma bisogna farlo insieme.
Il Cigno Nero ci fa riscoprire l’anima buona ed ironica dei social, lo smart working, il lavoro agile, così inviso alla burocrazia aziendale, mentre gli haters, anche quelli della politica, che urlano e insultano tutto e tutti, sembrano silenziati. Maestri e professori si reinventano e fanno lezione via Skype e le classi si ritrovano a fare i compiti insieme. Ci si guarda, si sorride, si gioca, si impara #distantimauniti, meno quel 25% di famiglie italiane che non ha internet.
Il Cigno Nero vola sulla nostra sanità pubblica, che troppo spesso abbiamo raccontato come “malasanità” e invece è (anche) un’eccellenza diffusa, che è negli anni è stata massacrata da sprechi, tagli e fuga di giovani talenti, ma adesso si mostra efficiente e a tratti “eroica” nella resistenza contro questo subdolo virus.
Il COVID-19 è assai meno mortale di altre pandemie del passato, come l’influenza spagnola, che fece milioni di morti in tutto il mondo, dopo il 1918, su una popolazione debilitata dalla Grande Guerra, come l’asiatica (1957), che fece due milioni di morti o l’influenza Hong Kong (1968), che solo in Italia fece almeno 20.000 morti. Eppure oggi siamo più disorientati e spaventati, forse perché siamo immersi in una società liquida, fragile ed esposta a virus e paure della globalizzazione.
Il Cigno Nero vola sulla nostra crisi, che, come sempre, può migliorarci, farci diventare più consapevoli su ciò che è veramente importante, per assaporare il piacere della solitudine, dell’“ermo colle” che ci permette di leggere un libro, ascoltare un concerto, giocare a carte in famiglia, guardare un vecchio film in televisione.
Il Cigno Nero vola sull’Italia, che è stata derisa, perché ci siamo mossi per primi, all’inizio con passi incerti, mentre adesso siamo diventati un modello di riferimento.
Il Cigno Nero – prezioso anche per Karl Popper, epistemologo e teorico della “società aperta” – ci ha insegnato che la scienza non fa “miracoli”, perché ha il suo metodo, tempi e procedure che devono essere rispettati e condivisi.
Il governo, dopo le prime e comprensibili incertezze, ha ascoltato – fatto quasi senza precedenti per la politica – esperti e scienziati ed ha preso decisioni (quasi) draconiane. Poi, anche questo è abbastanza raro, ha detto una cosa di sinistra quando ha promesso “nessuno perderà il lavoro a causa del coronavirus”. Ma è una promessa quasi impossibile da mantenere, che prevede una valanga di miliardi, a debito, che prima o poi qualcuno dovrà ripagare. Certo, ci sarebbero quei 100 miliardi all’anno di evasione fiscale, da recuperare per investire su scuola, sanità e in aiuto a chi non ce la fa, ma quelli sono la nostra “normalità”, alla quale tutti vogliono ritornare al più presto. Comunque, #andràtuttobene e, prima o poi, forse, #celafaremo.
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