Un campionato
di capriole olimpiche
Se fossi Virginia Raggi, mi incazzerei un po’. Ma come, caro Beppe, mi hai fatto dire di no alle Olimpiadi a Roma ed ora che fai? Sostieni che a Torino si possono fare? Che sono “una buona opportunità per la città”?
La capriola dei 5 Stelle (e di Grillo) sui Giochi olimpici, considerati fino a ieri simboli dello spreco e di cementificazione del territorio, ha del clamoroso. Ma non stupisce. Fa parte della svolta moderata del movimento iniziata con la guida di Luigi Di Maio e che, dopo la vittoria alle elezioni, si è accentuata. Persino il linguaggio dei 5 Stelle è cambiato: adesso usano sempre più spesso il sostantivo “responsabilità” nel cammino che ancora manca per Palazzo Chigi.
E pensare che invece la Raggi, annunciando il “no” del Comune di Roma alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024, usò un aggettivo opposto alla “responsabilità”: “E’ da irresponsabili dire di sì”. E giù una serie di slogan sintetizzati nel “no ai Giochi del mattone”. Sostenuti da queste considerazioni: “Ci viene chiesto di assumere altri debiti per i romani e per tutti gli italiani. Noi non ce la sentiamo. Lo sport è parte integrante del nostro programma elettorale, ma non vogliamo che lo sport sia utilizzato come pretesto per ulteriori colate di cemento per la città. Ci ricordiamo bene come sono andati i Mondiali di nuoto 2009. Siamo pieni di impianti inutilizzati che restano lì come gusci vuoti. No alle Olimpiadi del mattone. Assolutamente no. Ci ricordiamo i Mondiali di Italia ’90, abbiamo finito di pagare il mutuo nel 2015. Mentre quello per i Giochi di Torino 2006 è ancora acceso…Io sono sindaco dei romani e la mia valutazione è che queste Olimpiadi non sono sostenibili, portano solo ulteriori debiti, tuttavia siccome vogliamo che lo sport diventi parte integrante della vita dei cittadini di questa città, vogliamo riqualificare i servizi”. Era il settembre 2016. Intransigente sui Giochi, la sindaca grillina, accomodante invece sullo stadio della Roma. A Tor di Valle useranno un altro cemento, evidentemente.
Grillo ha detto ai suoi: non dobbiamo dare l’impressione di essere sempre il partito del “no”. E voilà, “sì” ai Giochi invernali del 2026. Chiara Appendino, sindaca di Torino, di fronte alla spaccatura del movimento e alla defezione di 4 consiglieri comunali che hanno fatto mancare il numero legale in Consiglio bloccando così la discussione sull’argomento, ha spiegato che, certo, le Olimpiadi del 2006 hanno lasciato debiti e strutture inutilizzate, ma che gli interventi per quelle del 2026 saranno “innanzitutto di riqualificazione e recupero dell’esistente” e che questi Giochi futuri andranno fatti “per dimostrare che quello che abbiamo conosciuto non è l’unico modo di gestire un grande evento”. Parole per indorare la pillola verso tutta quella parte del movimento che è stato ed è rimasto contrario a rinnovare quelli che considerano altri sprechi, dalla Tav Torino-Lione alle Olimpiadi.
I dissidenti hanno disertato anche un vertice della maggioranza del Comune di Torino. Alcuni attivisti storici hanno chiesto la loro espulsione. La sindaca Appendino ha fatto sapere che non farà nessun passo indietro: “Non cedo ai ricatti”. Ma i parlamentari 5Stelle stanno cercando una mediazione. La tensione dunque attorno al caso aumenta.
E’ cambiato il vento. Come spesso capita dalle nostre parti. Sul carro del Giochi continuano a salire un po’ tutti dopo i “no” di Monti e poi della Raggi (lo feci anche io quando si cominciò a parlare delle Olimpiadi, in considerazione soprattutto della corruttela della classe dirigente del nostro paese: e sono rimasto della stessa opinione). Il governatore leghista del Veneto, Zaia, vuole i Giochi delle Dolomiti (quelli che rivendica Torino) stringendo un patto con le province autonome di Trento e Bolzano (ma Bolzano ha detto no): “Cemento zero e costo zero. Noi qui abbiamo già tutto”. Il Coni ha in mente per la stessa data di proporre la candidatura di Milano, sfruttando anche gli impianti di Torino 2006.
C’è tanta confusione. Lo ha capito anche quel furbacchione del presidente del Coni che frena: “Improvvisamente è tornata di moda la candidatura alle Olimpiadi. Ma fermiamoci qua. Per qualsiasi discorso eventuale bisogna inequivocabilmente attendere il nuovo esecutivo”. Ammesso che ce ne sia uno.
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