UE, Meloni messa all’angolo. Dura stretta dei governi sui migranti

Giudicare le conclusioni dei vertici europei in termini di “vittoria” (propria) e “sconfitta” (altrui) è sempre stato un esercizio fatuo. Ma se proprio lo si vuole fare, almeno si eviti di tuffarsi nel ridicolo come ha fatto Giorgia Meloni parlando di un “grande successo italiano” al Consiglio europeo che si è chiuso nella tardissima notte di giovedì. A parte il capitolo guerra ucraina, che la presenza non preventivata di Volodymyr Zelensky ha finito inevitabilmente per rendere il piatto forte della riunione e sul quale la nostra presidente del Consiglio – dicono le cronache – non ha certo brillato né per presenza né per iniziativa, i ventisette capi di stato e di governo avevano sull’agenda due temi importanti, sui quali il governo di Roma si aspettava importanti sviluppi.

I due fronti del Consiglio europeo

giorgia-meloni-campanellaSul primo, la questione degli aiuti di stato da favorire o da contenere in relazione alla concorrenza americana dopo il poderoso pacchetto anti-inflazione adottato dall’amministrazione Biden, di novità non s’è vista neppure l’ombra. Le conclusioni del Consiglio si sono limitate a fotografare la situazione attuale lasciando del tutto per aria il problema dello squilibrio che gli allentamenti della disciplina europea in cantiere a Bruxelles in materia di interventi e sussidi a favore delle attività produttive faranno inevitabilmente crescere fra paesi con le finanze pubbliche a posto e paesi a debito forte, Italia in testa.  In che modo il nulla in materia di impegni che su quel fronte contiene il documento finale del vertice si concili con l’affermata “soddisfazione” meloniana per il fatto che “la posizione italiana sull’economia è pienamente entrata nelle conclusioni del Consiglio europeo” è davvero un mistero. La questione, complicata e foriera di futuri contrasti, è ancora tutta sul tavolo. Se ne riparlerà. Speriamo più seriamente.

Ma è sul secondo argomento che Meloni aveva puntato pretese e speranze: l’immigrazione. Il punto forte dell’approccio italiano era la cosiddetta “solidarietà”: uso quanto mai improprio e infamante di una bella parola con la quale il governo di Roma intende non già un sano sentimento umano verso i poveri cristi che fuggono da guerre e miseria ma lo smistamento in altri paesi di quelli che giungono sulle nostre coste. Lo schema che emerge dalle conclusioni del vertice, invece, di “solidarietà” non fa cenno giacché pretende di affrontare il problema “a monte”, come si dice: non bisogna preoccuparsi di redistribuire i profughi, ma si deve proprio impedire di arrivare.

La vittoria delle posizioni più retrive

I ventisette leader dell’Unione sembrano aver fatto propria le posizioni più retrive dei governanti dei paesi più chiusi, quelli chemigranti Msf 2021 qualche mese fa chiedevano ufficialmente che la Commissione stanziasse fondi per la costruzione di muri che impedissero ai migranti di entrare in territorio europeo. “L’Unione europea – si legge proprio all’inizio del documento – rimane determinata ad assicurare il controllo efficace delle sue frontiere esterne terrestri e marittime”. Quella parolina, “marittime”, permetterà a Meloni di rivendicare il fatto che “per la prima volta” le autorità di Bruxelles riconoscono che l’immigrazione, soprattutto quella che riguarda noi che è poi quella che le interessa, è “un problema europeo”. E questa – pensate un po’ – sarebbe una “vittoria italiana”.

Nel documento c’è poi un capitolo dedicato ai rapporti con i paesi di provenienza che contiene altre indicazioni di misure vòlte a scoraggiare le partenze di migranti e permettere i rimpatri degli “irregolari”. Si va dalla restrizione dei visti nei confronti dei paesi che “non collaborano” (cioè che non obbediscono alle imposizioni) all’uso di premi e di punizioni con l’introduzione di facilitazioni commerciali o dazi alla restrizione del numero dei paesi che, in base a precise disposizioni dell’ONU, non sono giudicati “sicuri” sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali.

Il ritorno della “Fortezza Europa”

Ma il peggio riguarda proprio la cosiddetta “difesa delle frontiere esterne” affidata alle cure dell’agenzia europea Frontex salita recentemente ai disonori della cronaca per una serie di abusi e episodi di corruzione.  Le conclusioni del vertice non si spingono fino ad approvare esplicitamente la costruzione di muri alle frontiere in aggiunta a quelli che già esistono – dalla Polonia all’Ungheria alla Grecia alle exclave spagnole in Marocco, per almeno un migliaio di chilometri – ma testimoniano come rispetto a un anno fa, quando la presidente della Commissione disse che mai Bruxelles avrebbe finanziato “muri e filo spinato”, il clima politico sia cambiato. A capo del gruppo dei dodici paesi che chiedono il finanziamento dei muri (Austria, Bulgaria, Cechia, Cipro, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Ungheria) si è messo il presidente del gruppo popolare al parlamento europeo Manfred Weber, cristiano-democratico tedesco e uomo del dialogo con Meloni & co. per il rovesciamento dell’alleanza del PPE con socialisti e liberali e la formazione, dopo le prossime elezioni europee, di una maggioranza con la destra estrema.  E se nel documento non si parla proprio di costruzioni in mattoni o cemento, sulle altre misure di controllo e repressione non si lesina: torrette di guardia, intensificazioni dei pattugliamenti, segnalatori elettronici e via a blindare quella che dovrebbe diventare la “Fortezza Europa”, espressione fino a qualche tempo fa usata solo da fascisti, razzisti, suprematisti e simili.

Tutto questo dovrebbe piacere alla capa della destra di governo italiana, da sempre dura e pura contro l’immigrazione “incontrollata” e pappa e ciccia con i regimi che i muri li costruiscono in proprio da anni, primo fra tutti Viktor Orbán. Giorgia Meloni però dovrebbe riflettere sulla conseguenza che la blindatura dei confini sulla rotta balcanica e anche su quella spagnola da Ceuta e Melilla potrebbe avere sulla rotta che interessa noi, quella del Mediterraneo centrale. Le migrazioni sono un fenomeno che non si fermerà certo con i muri, le torrette e i funzionari di Frontex. Il flusso che verrà bloccato da una parte troverà altre strade. O altri mari. Il nostro.