Nonostante dissidi ed espulsioni
il M5S mantiene un consenso solido

La notizia è lo zoccolo duro, il fatto cioè, confermato dai sondaggi, che nonostante tutto anche in questi giorni i Cinque Stelle siano in grado di raccogliere i consensi di una parte considerevole di elettorato. Ciò significa – sempre nel caso quei sondaggi non siano sbagliati – che all’incirca nel 15% degli aventi diritto si è stabilizzata una relazione d’affetti con il partito di riferimento, il M5S, più forte di ogni contraddizione, di ogni battuta d’arresto. Il tutto, in un momento di crisi strutturale, fondativa, come mai prima. All’interno di uno scenario che più “antipatico” non potrebbe essere, disegnato dalla scazzo all’ultimo sangue tra le due colonne del “Movimento”, Grillo e l’erede di Casaleggio. Basterebbe questo, ma c’è molto altro. A cominciare dalla incombente nascita di una nuova formazione che raccolga chi ci sta dei Cinque Stelle a farsi guidare da Giuseppe Conte verso una spiaggia meno aspra… Mentre da giorni i dissidenti dibattistiani, espulsi dal partito, coltivano i loro sogni di ritorno alle origini, sogni della cui impossibilità, in genere, i singoli individui non travolti da fanatismo, hanno piena coscienza nella vita di tutti i giorni.

Niente soldi, niente piattaforma

Questi ultimi si sono raccolti in una formazione dotata di un titolo magnifico: “L’alternativa c’è”. E’ fantastico, ma, nati con un apriscatole con cui scoperchiare tutte le scatole della democrazia, si premurano per prima cosa di far sapere al mondo che, secondo loro, l’alternativa esiste. Grazie, ma a che? Al capitalismo? Al socialismo? Al “sistema”? A Grillo? Ai Cinque stelle? Alla pasta e fagioli? Ai soldi dovuti dai parlamentari del Movimento alla Casaleggio? Quest’ultimo interrogativo anima la scena da qualche giorno in termini stringenti.

Perché, qui si sta parlando di soldi e coram populo. Infatti, il giovane Casaleggio, titolare del marchio di fabbrica e della piattaforma Rousseau grazie alla quale fin qui la base ha saputo offrire striminzite, a volte imbarazzanti testimonianze della democrazia diretta, ha spedito una missiva a deputati e senatori M5S in cui dice al destinatario “Sgancia il dané”, i debiti son debiti. L’imprenditore lamenta che al momento non siano arrivati tutti i soldi che da contratto ogni parlamentare è tenuto a versare in favore della Casaleggio per il corretto funzionamento della piattaforma su cui, tra l’altro, si vota. Molti soldi, centinaia di migliaia di euro che altrettanto molti han pensato non fosse il caso di dare a Casaleggio, meglio in beneficenza. Non più, almeno. Ecco perché batte cassa con quel piglio ultimativo e minaccia: niente soldi, niente piattaforma.

Il dissidio tra Grillo e Casaleggio

Sembra un programma del tutto tecnico-commerciale e invece è una relazione politica: dietro quelle parole si nasconde davvero poco la frattura che ha opposto i due grandi poteri del Movimento. Da un lato, il potere spirituale, interpretato da Grillo ormai senza agganci evidenti e reali con la struttura portante del soggetto politico; dall’altro, potere temporale, quello che oltre a formare i “quadri”, detiene sia il marchio che il cento per cento della rete informativa e di comunicazione interna. Fin qui sembra proprio che il potere spirituale stia avendo la meglio, se ha costretto l’ex socio a piangere il morto per mancanza di soldi. Ma la partita è apertissima e molto più incasinata, perché non va dimenticato che sempre in questi giorni si sta sviluppando il processo di avvicinamento di Giuseppe Conte all’investitura come leader supremo dei Cinque Stelle. Strada in salita molto più del previsto, tanto che il tempo passa e meno si intuisce come andrà davvero a finire questa vicenda e Conte è nel guado… leader ma con quale statuto?

Tra Conte e Di Battista

Intanto, eccolo lanciare un messaggio che stordisce per sorpresa: l’ex premier ha fatto sapere ai parlamentari che a lui non basta essere indicato da Grillo e sostenuto dai vertici. Vuole il consenso popolare, quello della base che verrà opportunamente interrogata dalla piattaforma on line… Quindi? Glieli darà lui i soldi che Casaleggio reclama? Oppure sta pensando ad un’altra piattaforma? Potrebbe suonare come un invito garbato ai renitenti a saldare i conti. Del resto, lo ha fatto anche Crimi, il povero reggente, che in coda a dichiarazioni che a Casaleggio possono essere sembrate strafottenti (ha definito “infondate” quelle pretese), ha comunque pregato i parlamentari di chiudere la partita secondo consuetudine, un appello al bon ton. C’è tempo fino al 22 aprile ma è certo che la raccolta non suturerà la ferita: c’è chi come l’ex M5S Emanuele Dessì, senatore, che si vanta di non aver pagato neppure prima, “convinto dell’inutilità” della piattaforma Rousseau, la creatura di Casaleggio ora minacciata dall’insolvenza dei suoi sottoscrittori.

Pare un castello in avanzata fase di smottamento. E se non cade su questo, ecco un altro terreno di contesa a suo modo lacerante: i due mandati. Conte ha liquidato la questione con poche battute, questa cosa del blocco a soli due mandati di attività rappresentativa non gli garba, gli sembra una sciocchezza. Ma è l’ultimo scoglio della carta d’identità dei Cinque Stelle rimasta sul documento originale, il resto è volato via senza troppi traumi e allora ecco Di Battista che tira su un muro in difesa del blocco che intanto non dovrebbe ferire lui e quelli come lui, anzi gli spianerebbe la strada, togliendo di mezzo un sacco di interpreti dei bei giorni andati ora a lui ostili in modo aperto, come Di Maio, ad esempio… Il rigore dottrinario conviene sempre a qualcuno. Ecco il motivo per cui sempre Di Battista conclude: “La politica non è una professione: dopo un po’ perdi libertà e onestà intellettuale”, annunciando quindi ai suoi ex commilitoni di vaffanculo (quello andava evidentemente bene a tutti, era un punto unificante tra diverse culture politiche) che stanno per diventare dei servi anche mascalzoni e per loro scelta. Mentre lui e quelli come lui possono nutrire tutte le riserve che vogliono sull’Europa senza servire, da questa posizione, gli interessi globali di qualcun altro, sia in patria che fuori. Ma pensa.

Le difficoltà di voltare pagina

Ancora: se i Cinque Stelle ispirati da Grillo chiedono l’ingresso nel gruppo socialista europeo, i ragazzi di “L’alternativa c’è” – nome che più lo ripeti e più pare forgiato nella fucina del fantasioso Berlusconi – sono fedeli al risibile teorema originale: e cioè né di destra né di sinistra, anche se hanno affettuosamente nostalgia di Salvini e detestano Conte. L’ex presidente del Consiglio ancora non sa per certo se avranno successo o meno i ricorsi che molti espulsi hanno sottoscritto contro la decisione e questo può complicare ulteriormente un quadro già malfermo e denso di incognite, soprattutto per lui: che se ne farebbe di un partito al suo interno già assediato da nuclei di “partigiani” né di destra né di sinistra? Conte dice: ripartiamo dai territori. Benissimo, lo dicono tutti quelli convinti che conviene girare la pagina, per qualche motivo, ma i territori erano i meet-up, strutture umiliate, abbandonate abbastanza sbrigativamente, ma erano loro che impugnavano come bandiere una quantità di balle lanciate dal potere interno al partito, tipo “uno vale uno”, “basta con la democrazia rappresentativa”, “il popolo siamo noi”, “spazziamo tutto e ricominciamo la storia”.

Come si fa a rimetterle in piedi, agganciandole a tutt’altro profumo politico? E’ evidente che questa è un’altra storia… Anche perché, a quel che si vede, in entrambe le componenti principali del mondo Cinque Stelle o ex Cinque Stelle è tutt’ora viva la soggezione nei confronti di chi gestisce davvero il potere da quelle parti, e cioè Grillo e, perfino, Casaleggio. Anzi, il M5S è nato proprio su questa soggezione, sulla sua capacità di regimentare scelte e comportamenti. Conte, con l’aiuto di Grillo, sta cercando di impostare le cose al di fuori da queste paure ancestrali: insomma, pareva più vicino alla meta qualche tempo fa. Intanto, in tanti voterebbero ancora M5S. Non si può negare che questa sia la notizia