Tra contagi Covid e Brexit Johnson rischia il disastro

Oltre 100mila positivi e oltre 500 morti negli ultimi 10 giorni. Oltre mille nuovi ricoveri e pazienti in terapia intensiva raddoppiati. Il tutto mentre va in tilt sia il sistema di conteggio dei casi, aggiornati con giorni di ritardi, sia quello di tracciamento dei contatti, non notificato di decine di migliaia di casi, a quanto pare perché i dati del governo erano su una tabella excel a corto di colonne. La seconda ondata Covid in Gran Bretagna inizia a fare davvero paura, senza che sia mai davvero finita la paura della prima.

La prima ondata di Covid, la peggiore del mondo

Boris Johnson
Boris Johnson

Precisiamo: la prima ondata di Covid in Gran Bretagna è stata la peggiore al mondo tra i paesi dei cui dati possiamo fidarci. La peggiore per numero di contagiati e morti in proporzione alla popolazione con oltre 40 mila vittime accertate, con numeri volutamente sottostimati da un governo che conta solo i malati deceduti entro 28 giorni da un test positivo e per tutto il mese di aprile era tra i paesi europei che facevano meno test.

Erano i mesi dell’incredibile strategia dell’immunità di gregge quando Johnson si vantava di stringere le mani ai malati e annunciava l’ineluttabile “morte dei vostri cari” in diretta Tv. Una figuraccia mondiale e una tragedia nazionale che ho raccontato nel dettaglio in questo articolo insieme alla ex coordinatrice di Momentum Laura Parker e riassunta in questo video del gruppo Led by Donkeys (che si traduce “governati da asini”).

Mezzo milione di contagiati

Anche se ora vengono trovati più casi su base quotidiana, la seconda ondata non è grave come la prima, esattamente come in Italia, sia perché è aumentato il numero dei test (e qui Gran Bretagna batte l’Italia col doppio dei test al giorno, anche se buona parte di questi sono poco attendibili kit spediti a casa dei malati e il governo non rilascia statistiche sul numero di persone testate) permettendo di trovare un maggior numero di asintomatici (nella prima ondata a malapena si riusciva a testare i sintomatici) sia perché sono migliorate le cure.

Tuttavia sfondando la simbolica cifra di mezzo milione di contagiati il Regno Unito sta rapidamente prendendo la strada di Francia e Spagna con una situazione nettamente peggiore rispetto a Germania e Italia. Il numero di pazienti in terapia intensiva nel Regno Unito ha superato quello italiano a metà settembre (la seconda ondata negli ospedali italiani inizia con l’insensata apertura delle discoteche a inizio agosto) e, come anche i ricoveri in ospedale, cresce più rapidamente che in Italia. Numeri, sia in Gran Bretagna che in Italia, ancora relativamente bassi ma destinati purtroppo ad aumentare.

Il sistema non regge

Non regge il sistema dei tamponi, con lunghe attese e testimonianze di malati a cui è stato consigliato di andare in posti lontani anche 100 miglia per essere testati. Non regge il sistema di tracciamento dei contatti, interamente appaltato senza gara a una ditta privata vicina ai Tories. Un’inchiesta della BBC ha raccontato come nei primi mesi di attività di quello che doveva essere un sistema di tracciamento “world beating” (capace di “battere il mondo”, a detta di Johnson) i moltissimi operatori assunti non riuscivano ad accedere al sistema online o non ricevevano richieste per svolgere chiamate per intere settimane.

La situazione è poi leggermente migliorata ma gli stessi dati del sistema suggeriscono che oltre il 30% dei contatti stretti dei casi positivi non venga raggiunto, al di sotto della soglia critica per prevenire l’aumento dei contagi. Fino al caos degli ultimi giorni con oltre 15 mila persone la cui positività è stata comunicata con una settimana di ritardo e senza che sia stato svolto alcun lavoro di tracciamento dei contatti.

A quanto pare l’errore è avvenuto perché i dati dei test venivano aggiunti a mano su un file excel con un numero di colonne insufficiente. Un errore imbarazzante che svela anche come la gestione della pandemia in Inghilterra sia estremamente verticale e centralizzata: le istituzioni locali denunciano la mancata condivisione di informazioni sulla diffusione dell’epidemia mentre vengono imposti lockdown locali che riguardano ormai oltre 17 milioni di persone ma che curiosamente escludono le aree più benestanti o quelle delle constituency dei membri più influenti del partito conservatore.

Nonostante i lockdown i casi aumentano

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Foto di Darko Stojanovic da Pixabay

Al netto dell’incompetenza del governo in questo momento in Gran Bretagna ci sono limitazioni sempre più stringenti (con qualche differenza tra Inghilterra e le altre tre nazioni del Regno, ancora più caute), con la regola del 6, che vieta l’assembramento di più di 6 persone alla volta, l’invito a lavorare da casa ovunque possibile, pub e ristoranti chiusi dalle 10 e mascherina obbligatoria in tutti gli spazi chiusi.

Nonostante ciò i casi continuano ad aumentare ed il governo pare sempre di più in balia degli eventi e in crisi di consensi. Un sondaggio interno tra i membri del partito conservatore rilasciato durante la conferenza virtuale in corso in questi giorni rivela che l’operato del governo Johnson sulla crisi Covid è giudicato negativamente dal 63% dei membri del suo stesso partito, contro appena il 28% di giudizi positivi. Un dato che rispecchia l’opinione del paese nel suo insieme, con il leader dell’opposizione Keir Starmer anni luce avanti a Johnson negli indici di gradimento, e, per la prima volta da anni, il Labour davanti ai Tories nelle intenzioni di voto.

In parte questo giudizio critico riflette il fatto che a differenza che negli Stati Uniti, nel Regno Unito sono egemoniche le posizioni di chi è spaventato dalla pandemia e supporta misure restrittive severe. A testimonianza di ciò il fatto che in pochissimi giorni dal lancio l’app del servizio sanitario nazionale è stata scaricata oltre 12 milioni e mezzo di volte. Preoccupante il confronto con l’Italia, dove Immuni, lanciata a giugno, è stata scaricata appena 7 milioni di volte e non è mai ripetuto a sufficienza che un sistema di tracciamento diffuso tra la popolazione è fondamentale per combattere il diffondersi dell’epidemia.

Morde la crisi, la Brexit non piace più

Anche per tutto questo, i primi a non gradire la battuta di Johnson sul fatto che la situazione fosse peggiore che in Italia e in Germania per via dell’amore per la libertà degli inglesi, siano stati proprio questi ultimi. La fulminante risposta del Presidente Mattarella sulla mancanza di serietà di Johnson ha ricevuto una discreta eco in Gran Bretagna con commenti positivi perfino sui giornali della destra eurofobica a dimostrazione del fatto che questa pandemia, e i suoi devastanti effetti sulla società britannica tra marzo e maggio, abbiano minato alla radice le certezze di un paese che non si sente più molto diverso dagli altri, e, a prendere per buoni i sondaggi sul tema, rimpiange la scelta della Brexit e non sopporta più l’arroganza e incompetenza del governo nato per cavalcarla.

Sta per scadere il programma di sussidi pubblici

Sullo sfondo, una delle peggiori crisi economiche d’Europa, col governo che stima un crollo del 10% del PIL nel 2020, e la solita incertezza dovuta alla Brexit, con la fine della fase transitoria il prossimo 31 dicembre. Dopo l’autogol del goffo tentativo di violare il trattato di uscita siglato lo scorso anno (che ha fatto inalberare l’ex premier Theresa May), il governo britannico ha dato segnali di essere intenzionato a siglare un accordo commerciale con la UE a fronte di una consapevolezza crescente dei rischi di una crisi da Brexit senza accordo nel bel mezzo di una pandemia.

Intanto il 31 ottobre scade il programma di sussidi pubblici (furlough scheme) che ha continuato a pagare l’80% dello stipendio di tutti i lavoratori costretti a casa dalla pandemia. Il ministro dell’economia Rishi Sunak estenderà un supporto più modesto soltanto a chi riesce a lavorare almeno part-time, lasciando di fatto fallire migliaia di imprese nel settore del turismo, dello spettacolo e dei servizi. Gli stessi uffici governativi predicono il triplicarsi della disoccupazione fino al 12% entro la fine dell’anno. Tra pandemia e Brexit, il futuro del Regno Unito appare sempre più cupo.