Sinicco e "Le ballate di Lagosta", l'isola dove lo straniero è sempre amico
A raccontarci come negare l'isolamento può essere anche un'isola. È l'isola cantata dalla poesia di Christian Sinicco appena uscito per l'editore Donzelli con “Ballate di Lagosta”.
Lagosta è un'isola del Mare Adriatico situata nella Dalmazia meridionale vicino all'isola di Curzola e a Lissa. Il racconto di questa comunità e dell'umanità dei propri abitanti fa da sfondo ai temi della storia recente che non riguardano solo i popoli dell'ex-Jugoslavia ma che inevitabilmente fanno da ponte e confine per tutta la situazione europea, nella propria collocazione geografica tra Oriente e Occidente, nei profondi cambiamenti anche politici dell'ultimo secolo, ricordando uno dei grandissimi scrittori del Novecento, legatissimo all'Italia e di cui purtroppo sembra già perdersi la memoria: Predrag Matvejević.
Lagosta comunità umana ed inclusiva che riesce a non percepire lo straniero come estraneo, che vede nella condivisione la propria identità strutturale. La comunità aperta si contrappone alla comunità chiusa delle nostre città, luoghi sempre più inospitali e inadatti alla condivisione.
[[ entra nel pantheon senza volta, a Spalato / il cuore sono le cicale / e una canzone d’amore, una chanson / sola come te, è la ragazza che poi ti servirà al belvedere / sotto San Nicola, la chiesa tra i pini / vicina allo zoo, ai cicalecci e a tutte le botaniche / di un palo, una bandiera e una vedetta // tu chiedi acqua, caffè; / lei parla le tue lingue lavorando all’uncinetto / dal sorriso, capisce chi sei / dalla pelle, anche se parli / – ordini un sandwich, poi prendi una crema / e vuoi rivedere la città / dall’alto, il mondo dal basso ]]
Il modello proposto da Sinicco è quello a cui dovremmo tendere in questi mesi: è un modello nel quale ci si riappropria dell'umanità, dall'amore all'amicizia ogni prova di normalità all'interno della società va ricostruita nelle macerie degli ultimi due anni.
La purezza della cura per l'altro
Sinicco propone nel suo libro una cura per l'altro, che sia prossimo o sconosciuto, non episodica o dovuta a calcolo od opportunismo, ma appunto in purezza, quella purezza tanto cara a Pier Paolo Pasolini e che oggi dovremmo essere in grado di rifare nostra.
La storia è però il primo paradosso che si scontra inevitabilmente col modello proposto: perché proprio quel male che solca Lagosta è stato protagonista di una silenziosa strage paragonabile a un conflitto e di cui pochi, pochissimi si sono interessati, soprattutto a livello politico internazionale
[[ Nei minuti di una pubblicità // ho i miei figli sepolti nel mare / e un abisso alle porte: / la pelle nera e le mani allagate / strette alla fine alle alghe / – diciannovemila uomini in sei anni, / diciannovemila preghiere bianche / e nessuna azione, nessuna risposta // questa dimmi è la nostra società, / questo dimmi fa parte della crescita? // siamo state noi queste / radici nella sabbia, / le gabbie e i rifugi per l’orecchio, / un deserto sonoro – / come non seppellire / diciannovemila uomini in sei anni, / diciannovemila menzogne bianche? / in questo dimmi c’è qualche verità, / in questa dimmi che è solo cronaca ]]
Cifre divenute semplici numeri, come aumenti di prezzi, come percentuali di PIL, cifre che nella loro freddezza nascondono disumanizzazione, senza dimenticare che la storia recente, il secondo conflitto mondiale, ci ha spiegato bene la regressione dell'individuo a semplice numero, nei campi di sterminio. Se indignazione dunque c'è stata per quelle vicende altrettanta ce ne deve essere oggi per questi invisibili che hanno cercato una vita migliore e hanno trovato ostilità nelle grandi proiezioni politiche internazionali come nella quotidianità di ognuno di noi.
A questa follia l'unica risposta rimane il buono della poesia, la ricerca dell'amore e lo splendore della natura. Rovinarle significa rovinare la nostra vita ed essere eternamente costretti alla pena del nostro purgatorio terreno, un purgatorio virtuale da cui sembriamo sempre più incapaci di uscire in una esistenza inquieta, inumana e autodistruttiva.
Christian Sinicco, Ballate di Lagosta
Stromboli
Una delle sette ventose Eolie, quella Stromboli, somiglia a una trottola, da cui ha preso anche il nome: dal greco strobilos/strombos, conservatosi ancora – e dove se no? – nel dialetto di Napoli, come strummolo. Il suo ventre è sempre vivo. Nella Sicilia orientale, arde l’Etna, con fauci aperte, imminente su Catania. E c’è pure il Vesuvio, sprofondato in un sonno minaccioso, che sovrasta la morte di Pompei ed Ercolano.
Predrag Matvejevic