Piazza Fontana, il dolore e la risposta
dei lavoratori nei ricordi di Pizzinato
Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode alla Banca dell’agricoltura a Milano in Piazza Fontana, provocando 17 morti e decine di feriti. Contemporaneamente, a Roma, tre ordigni esplodono all’interno della Banca nazionale del lavoro di via San Basilio e sull’Altare della patria di Piazza Venezia.
Così nel suo Viaggio al centro del lavoro (Ediesse 2012), Antonio Pizzinato, già segretario generale della Cgil ed allora segretario della Fiom di Sesto San Giovanni, ricorda l’accaduto: «Dal 1968 l’intero Paese è attraversato e scosso dalle lotte studentesche che - sia pure con contrasti, incomprensioni, momenti di tensione (talvolta veri e propri attacchi, come succederà anche anni dopo, con la violenta contestazione nei confronti di Luciano Lama all’Università La Sapienza di Roma, il 17 febbraio del 1977) - finiscono con l’avere forti saldature con le lotte in fabbrica. Ma la stagione dei rinnovi contrattuali è sconvolta: si tenta di bloccarla il 12 dicembre 1969 con la strage neofascista alla Banca dell’agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, che causa 17 morti e 90 feriti, e con altre bombe (a Roma, e poi ancora a Milano) che fortunatamente non provocano vittime. Contro l’eversione stragista i lavoratori milanesi si mobilitano unitariamente con lo sciopero generale. La grande, imponente manifestazione silenziosa durante i funerali delle vittime rimane impressa nella storia al pari delle terribili fotografie in bianco e nero scattate nel salone della banca dopo la strage. Purtroppo non è che l’inizio di quella che sarà definita ‘la strategia della tensione’».
Pizzinato (qui il link alla sua intervista) quel 12 dicembre era in una riunione nel saloncino al primo piano della Camera del lavoro di Milano: «Alle 16 e 40 circa - ricorda - veniamo scossi dal forte rimbombo di una esplosione avvenuta nelle vicinanze e dalle vibrazioni che scuotono vetri e mobili. Inebetiti e preoccupati, indignati, non riusciamo a comprendere l’accaduto. Chi corre fuori, chi telefona, chi si pone domande. Dopo più di un quarto d’ora, affannato per la corsa e sconvolto, arriva Manlio Pirola, segretario della Camera del lavoro, il quale provenendo da Piazza Fontana, ci informa che alla Banca dell’agricoltura, è esplosa una bomba, e non, come si supponeva, la caldaia del riscaldamento. Immediatamente ci si interroga sui possibili autori dell’efferato attentato e sui suoi obiettivi. Molti sono gli interrogativi: può essere un attacco contro le lotte sindacali in corso nel paese per il rinnovo dei contratti? Oppure l’obiettivo è più generale: l’attacco alla democrazia, l’assalto alle istituzioni? E’ da mesi che in Italia si registrano attentati, sono oltre 90 gli ordigni fatti esplodere in varie località, continue provocazioni fanno intendere che vi è una “strategia della tensione” mentre sono più di cinque milioni i lavoratori che da mesi scioperano per il rinnovo dei contratti di lavoro. C’è chi formula l’ipotesi che vi sia un collegamento con il contratto dei bancari poiché, proprio in quel salone, la sera precedente si era tenuta l’assemblea dei dipendenti della Banca dell’agricoltura che avevano discusso e approvato, dopo mesi di lotte con 72 ore di sciopero, l’ipotesi di accordo raggiunto per il rinnovo dei contratti dei bancari. Tale ipotesi veniva riproposta quando giunsero, via via, le notizie riguardanti la bomba scoperta all’interno della Banca commerciale in piazza della Scala, quelle esplose a Roma, nel sottopassaggio della Banca nazionale del lavoro e all’Altare della Patria. Nel contempo vengono diffuse le più diverse ipotesi sugli autori e i loro obiettivi: i giornali della sera parlano di un gruppo anarchico, ma si rafforza la convinzione che, quella che diventerà “la madre di tutte le stragi”, sia opera dei gruppi neofascisti, la continuazione, lo sviluppo della strategia della tensione».
Dopo la strage, in occasione dei funerali delle vittime, Cgil, Cisl e Uil di Milano decidono di proclamare lo sciopero generale (le segreterie confederali e le delegazioni Fiom-Fim-Uilm alle trattative dei metalmeccanici stabiliscono anche di rinviare gli scioperi previsti per il 15 e il 16 dicembre).
Continua Antonio Pizzinato: «I dirigenti milanesi di Fim, Fiom, Uilm si riuniscono e, dopo alcune ore ed un serrato confronto, unitariamente propongono alle segreterie milanesi di Cgil, Cisl, Uil di promuovere una mobilitazione di tutti i lavoratori e dei cittadini, con la proclamazione dello sciopero generale provinciale contro l’eversione neofascista e le stragi e in difesa della Democrazia e delle Istituzioni. Il confronto su tale proposta, nel sindacato milanese e con le forze democratiche, prosegue fino a notte inoltrata per riprendere il giorno successivo, poiché vi sono posizioni differenziate, diversità di valutazioni. Qualcuno teme provocazioni ed altri incidenti. E’ la fermezza e la determinazione unitaria dei metalmeccanici che, alla fine, porteranno a decidere unitariamente lo sciopero generale e la partecipazione ai funerali per rendere omaggio alle vittime. Il 15 dicembre, durante la cerimonia funebre celebrata in Duomo, centinaia di migliaia di lavoratori e cittadini presidiano silenziosi la Piazza e le vie percorse dal corteo sino al Castello Sforzesco ed oltre. La giornata è buia, nebbiosa, plumbea e triste, ma il mondo del lavoro, la classe operaia con fermezza e unità sono presenti in forze e costruiscono una barriera in difesa della democrazia, delle istituzioni, contro il neofascismo e il terrorismo».