Darwin, razza e migrazioni. La scienza ha detto la sua da oltre un secolo ma il presidente lombardo l'ignora

La “razza bianca” è minacciata dalle migrazioni. Non è per tornare sul recente passato. Ma l’idea rilanciata da Attilio Fontana poco prima di diventare presidente della Regione Lombardia, ha aperto il dibattito su un rapporto – quello tra razze umane e migrazioni – che non è affatto nuovo e che è già stato risolto dalla comunità scientifica internazionale, oltre un secolo e mezzo fa: nell’Ottocento. Alla sua soluzione ha contribuito da par suo Charles Darwin. Anzi, non è azzardato dire che sia la teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto sia l’affermazione che non esistono razze umane da parte del grande naturalista inglese debbono molto a quel dibattito.

Il ciclo della vita. Murale di Blu, Roma

Le cose, a grana grossa, andarono così. In Inghilterra tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento era nato un forte movimento antischiavista nel quale militavano tra gli altri entrambi i nonni di Charles Darwin: il medico Erasmus Darwin e l’industriale Josiah Wedgwood. L’idea di fondo era che l’umanità è una sola e che la schiavitù è la più indecente delle discriminazioni.
La questione ebbe un riflesso in ambito scientifico. Molti uomini di scienza si posero il problema di dimostrare che tutti gli uomini che popolano il pianeta hanno una comune origine. E, anche solo per questo, hanno eguali diritti.
Ne era convinto il naturalista e antropologo James Cowles Prichard, morto nell’anno dei grandi moti che scossero l’Europa, il 1848, secondo cui l’uomo era nato in Africa e si era poi diffuso attraverso successive migrazioni, per l’intero pianeta. E aveva scritto un libro, Eastern Origin of the Celtic Nations, con cui corroborava l’dea delle migrazioni e della comune origine dell’uomo, sostenendo che la lingua celtica (e quindi la nazione celtica) derivava da lingue orientali e che le migrazioni umane avevano poi dato origine al cespuglio delle lingue indo-europee.
Contro questa idee scese in campo Louis Agassiz, un naturalista svizzero emigrato negli Stati Uniti d’America. Le migrazioni, sosteneva, degli uomini così come degli animali e delle piante sono un fatto “innaturale” (curioso da parte di uno che era, appunto, emigrato dall’Europa in America). E che se troviamo uomini, animali e piante simili nei diversi continenti è a causa della poligenia. Le piante della Tasmania e della Terra del Fuoco (così simili tra loro) così come gli uomini che abitano l’isola a sud dell’Australe e le terre più meridionali d’America sono nate in maniera indipendente le une e gli uni dalle altre e dagli altri, in virtù di un comune progetto divino. D’altra parte, come avrebbero potuto migrare le piante dall’Sud America all’Oceania, coprendo migliaia di chilometri di oceano?


È appena passata la metà del secolo e Agassiz sta riscuotendo un successo crescente negli Stati Uniti, divisi dalla questione degli schiavi. Charles Darwin, antischiavista non meno dei nonni, se ne duole non poco. Intanto perché è convinto della comune origine dell’umanità. E poi perché pensa che il migrante Agassiz stia facendo un grande favore ai conservatori che vogliono mantenere la schiavitù.
Darwin è uno scienziato. Uno dei più grandi di ogni tempo. E si rende conto che tanto quella della comune origine quanto quella del ruolo delle migrazioni nella biodiversità del mondo debbano essere provate per via empirica. E inizia così una serie di esperimenti cui nessuno aveva pensato prima. Dimostrando, per esempio, che i semi delle piante terrestri, contrariamente a quanto ritenevano i naturalisti, possono sopravvivere a lungo nell’acqua salata. E che possono essere trasportati dalla correnti marine anche a molte migliaia di chilometri di distanza. Le piante, dunque, possono migrare.
E così gli animali. Uomo compreso.
Certo, poi piante, animali e uomini si adattano ai nuovi ambienti e si diversificano. Ma tutti hanno una comune origine. Poco più tardi Charles Darwin si spinge più in là e afferma che tutti – piante e animali, uomo compreso – hanno un antenato comune vissuto nella notte dei tempi.

Disegno di un bambino migrante sulla porta del primo insediamento di Baobab, in via Cupa a Roma. Foto di Ella Baffoni

Da questo quadro emerge che le migrazioni – che Darwin e i naturalisti dell’Ottocento chiamano diffusione – sono alla base sia della presenza della vita su tutto il pianeta sia della diversità della vita per adattamento all’ambiente.
Ma le prove empiriche raccolte a favore dell’origine comune corroborano anche la sua idea sulle razze umane. Con la sua tesi sulla poligenia Agassiz aveva dedotto che le razze umane esistono – ne aveva individuato nove – e che tutte hanno avuto un’origine indipendente. Con la sua ipotesi, corroborata da dati empirici, che l’umanità ha un’origine comune Darwin spazza via l’ipotesi della poligenia. E con due ragionamenti molto semplici – non è possibile separare in maniera netta le diverse, presunte razze umane descritte da Agassiz e da altri; tra tutti coloro che sostengono l’esistenza di razze umane non ce ne sono due che concordino su quali siano. Per il semplice motivo che non ci sono tratti in grado di discriminare in maniera univoca e precisa tra la diversità umana.
Ecco, dunque, che lo studio sul ruolo decisivo delle migrazioni nell’evoluzione della vita porta Darwin a concludere che non esistono razze umane (e che non c’è alcuna giustificazione possibile della schiavitù).
Certo, Darwin non si soffermerà mai in maniera diretta sulle migrazioni umane. Tuttavia fa una previsione, legata alla sua concezione dell’evoluzione biologica e, anche, sociale. Molti europei stanno emigrando in America. Sono tutti per lo più giovani e forti. Vedrete, nel futuro prossimo venturo gli Stati Uniti diventeranno la nazione più forte e ricca del mondo.
La storia gli ha dato ragione.