Una crisi di governo tutta maschile

Una crisi tutta al maschile. Dopo aver assistito alle prove muscolari nell’Aula del Senato (ma si sapeva, no, che questo governo era nemico delle donne…), il secondo atto al Quirinale, quello dei partiti che aspirano a governare, è quasi peggio.

Le donne? Guardare a destra. Perché di fronte a Mattarella, nel confronto Pd-5Stelle - quello che tiene l’Italia intera a fiato sospeso, pure chi ormai non andrà più al voto per contrastanti malumori - la compagine è di nuovo, sconfortantemente, maschile: il Pd ha dovuto innalzare la delegazione a cinque per inserire la vicesegretaria Paola De Micheli. I 5Stelle, che invece si sono fermati a tre, donne non ne avevano...

Mattarella con la delegazione Pd (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)I 5Stelle, che invece si sono fermati a tre, donne non ne avevano.

Così, se il premier Conte aveva dovuto arrivare a pagina 13 del suo discorso d’addio, capitolo “Europa”, per enunciare “I diritti delle donne” (solo il titolo, no contenuto), dall’agenda Pd-5Stelle non compare alcuna priorità. Si parla di green, di numeri di parlamentari, di scibile umano, di donne no. Tutti d’accordo, vero? Parità, rappresentanza, disoccupazione femminile, discriminazioni, e pure allattamento: gli uomini sono tutti d’accordo, no? Perché la voce delle donne, appunto, non c’è. In barba alle leggi per la parità parlamentare.

Le donne non sono figurine da appiccicare all’ultimo minuto. Certo che fa piacere sapere che si parla di una premier-pro-tempore donna, se tutto va all’aria, ma viene in mente anche che ci si affida alle donne solo in caso di emergenza, e a patto che siano meteore.

A destra le donne alla guida dei gruppi

Ma a destra no, non va così. E si è visto, nelle delegazioni ricevute da Mattarella. Le donne sono in Forza Italia, le due capogruppo, o in Fratelli d’Italia, la leader (la Lega no, tutti maschi). E contano.

Mattarella con la delegazione di Forza Italia
(Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa  della Presidenza della Repubblica)

Ora, le foto di gruppo della sfilata dei gruppi parlamentari al Quirinale ha mostrato anche altri volti femminili, ma celati nelle formazioni di minor peso. Le Autonomie, per esempio, hanno una capogruppo, Juliane Unterberger. Così il gruppo misto del Senato, guidato da Loredana De Petris (che in delegazione al Quirinale è arrivata insieme a Emma Bonino e a due uomini, Grasso e Nencini), e due donne anche nel “misto” della Camera, con Beatrice Lorenzin vice presidente. E poi Leu della Camera, un uomo e una donna, Fornaro e Muroni.

La presenza dei “piccoli” è servita a innalzare fortemente la quota di presenza femminile al Colle, a portare la rappresentanza vicina al 30%. Un po’, diciamo così, taroccata…


Per la Casa delle Donne
Zingaretti in campo
contro la sindaca Raggi

Casa delle Donne: Zingaretti sfida Raggi. La giunta della Regione Lazio “dichiara la Casa Internazionale delle Donne sito di rilevante interesse pubblico per il suo significato di testimonianza attiva e di concreto servizio sociale e culturale offerto a tutte le donne di Roma e del Lazio”, in risposta alla decisione del Comune di Roma, arrivata a fine luglio, di sfrattare le donne da via Lungara.

Un bel conflitto istituzionale. Regione Lazio versus Comune di Roma.

E poiché il Comune non parla nei sui atti di problemi di “controllo” sull’autonomia delle associazioni che gestiscono la Casa – che è il timore profondo di tutti coloro che stanno seguendo questa vicenda - ma ne fa solo una questione economica, la Regione risponde euro su euro. La giunta straordinaria della Regione ha infatti anche deciso di “misurare l’impatto sociale delle prestazioni rivolte a circa 30.000 donne ogni anno, rese a titolo del tutto gratuito dalla Casa Internazionale delle Donne, al fine di quantificarne il valore economico”. Un bel sostegno alla causa delle associazioni di donne, che nella trattativa con il Comune chiedevano appunto che venisse riconosciuto il valore (economico) del ruolo sociale della Casa, così come era iniziata la trattativa ai tempi del sindaco Marino.

A questo punto, dice la Regione, “le istituzioni che mettono parte del proprio patrimonio immobiliare a disposizione di realtà come la Casa Internazionale delle donne, grazie a questa delibera, se vorranno, potranno ricorrere ad una metodologia rigorosa di computazione nei canoni di utilizzo degli immobili del valore dei servizi erogati”. Se vorranno, certo. Ma l’alternativa è “non volere”, e poiché dalle parti del Comune si dichiara che il problema è solo burocratico, la sindaca Virginia Raggi dovrà pur spiegare il suo reiterato no.

La giunta di Zingaretti dà anche un’altra stoccata: “La Casa Internazionale delle Donne – è scritto nel comunicato - è da anni un presidio unico nel suo genere grazie anche alla presenza delle tante associazioni del movimento delle donne. Svolge con continuità un’opera meritoria di contrasto al razzismo e alle discriminazioni, e di sostegno alle donne in difficoltà”.

Dopo aver raccolto la solidarietà delle donne e degli uomini di tutta Italia, dopo aver avuto l’appoggio di decine di personalità dell’arte e della cultura, adesso a muoversi per la Casa internazionale delle Donne, un patrimonio e un simbolo di noi tutte e tutti, sono le donne e gli uomini delle istituzioni, al di là delle appartenenza politiche: così il “gruppo di ex assessore e consigliere” che nei giorni scorsi hanno scritto a Raggi e alle donne elette nell’assemblea capitolina, sono quelle delle maggioranze e delle opposizioni che “prescindendo dalle appartenenze politiche”, negli anni delle giunte Rutelli sostennero “con convinzione la lotta delle donne per la realizzazione della Casa internazionale delle donne a via della Lungara, convinte del valore politico, sociale e culturale e della necessità di un luogo pubblico autogestito da un consorzio di associazioni di donne di cui tutta la città e anche oltre, potessero usufruire. Insomma, un luogo ‘di e per tutte le donne’.”

“Eravamo allora, in Consiglio Comunale, un numero esiguo di donne rispetto ad oggi – prosegue la lettera aperta - ma coese e convinte nella realizzazione di progetti per le donne e per garantire loro autonomia, dignità e rispetto. Per promuovere una cultura per e delle donne. Così nacquero consultori, centri antiviolenza, case di fuga e tanto ancora, per offrire percorsi di libertà contro abusi e subalternità. Spesso queste strutture venivano realizzate ristrutturando patrimonio comunale inutilizzato, degradato e abbandonato da anni, restituendo alla città maggiori servizi di qualità altrimenti negati.

Questo impegno ha trovato ratifica e convalida da tutti i livelli istituzionali e amministrativi con un percorso innovativo che ha saputo coniugare, nel pieno rispetto delle leggi vigenti, le decisioni assunte dalle Istituzioni con la partecipazione dei movimenti delle donne”.

La lettera conclude: “L’attuale amministrazione ha ripetutamente dichiarato di stare dalla parte delle cittadine e dei cittadini: vi chiediamo di non tradire questo impegno in questa occasione perché Roma e le donne non lo meritano”. Le firme? Monica Cirinnà, Maria Coscia, Loredana De Petris, Ivana Della Portella, Fiorella Farinelli, Giusi Gabriele, Luisa Laurelli, Daniela Monteforte, Patrizia Sentinelli, Adriana Spera, Anna Teodorani, Daniela Valentini. Oggi come allora insieme “a prescindere dai partiti”.

 

 

 


Siamo libere e uguali
Sbagliata quella foto

Domenica a Roma, in un’assemblea grande e appassionata, con migliaia di persone arrivate da tutta l’Italia, si è aperto un processo nuovo e unitario a sinistra.
Donne e uomini di tutte le generazioni e le provenienze hanno affollato la platea e si sono alternati negli interventi sul palco. Abbiamo ascoltato storie di riscatto e speranza, da quella lavoratrice della Melegatti, che ci ha raccontato come siano riusciti a salvare il lievito madre e a non chiudere la fabbrica, a quella di Bartolo, medico a Lampedusa, che si batte per l’accoglienza dei migranti perché tutti hanno diritto ad una vita degna.


Una donna, responsabile dell’organizzazione, Elettra Pozzilli, ha aperto l’assemblea e molte hanno preso la parola: dalla ricercatrice del Cnr, fino alle presidenti di grandi associazioni come Arci e Legambiente
In questi mesi in tante, sul territorio e nei gruppi parlamentari (peraltro al senato guidati da due donne, Cecilia Guerra e Loredana de Petris), sono state protagoniste di scelte e battaglie impegnative: da quella sulla legge elettorale e sulla riforma costituzionale, fino a quelle per il lavoro, per la scuola pubblica, per il contrasto alla violenza maschile.
Per questo quella foto che ritrae i soli leader uomini è sbagliata. E non ci possiamo rassegnare al fatto che le leadership politiche in Italia siano tutte maschili (con la sola eccezione di Giorgia Meloni).
Una grande manifestazione il 25 novembre ha attraversato Roma per rivendicare lavoro e diritti, per dire che la violenza non è solo un fatto privato. E’ vivo un movimento mondiale che vuole cambiare il rapporto tra i sessi, la disparità di potere, nel lavoro, nelle retribuzioni, nella redistribuzione del lavoro di cura.

Foto di Marcella Ciarnelli

Si tratta di grandi questioni politiche, che se ti assumi il compito di rappresentare i bisogni e le idee di chi non si sente più rappresentato devi tenere al centro del tuo impegno, anche attraverso la condivisione di ruoli e delle responsabilità politiche tra uomini e donne. Ed è una sfida anche per noi donne, quella di lavorare in forme diverse dal passato alla ricostruzione di nuova cultura politica e nuove leadership.
Siamo liberi e uguali, libere e uguali. E questo deve essere riconosciuto pienamente, mi auguro, non solo nelle rappresentazioni simboliche, ma anche e soprattutto nel processo di ridefinizione di proposte e idee e di nuova rappresentanza democratica.
Il nostro percorso è appena cominciato, lo vogliamo aperto alla libertà delle donne, che è autonomia e relazione con l’altro, e ad un’eguaglianza che riconosca le differenze.

 

Qui l'articolo di Silvia Garambois: "Cari maschi di Liberi e uguali, perché avete escluso le donne?"