Svolte e politica
di Mussolini antemarcia

Sembra che l’organizzazione neofascista Forza Nuova, dopo le parole del ministro dell’Interno Marco Minniti e l’autorizzazione negata dal questore di Roma lo scorso 13 ottobre, abbia rinunciato alla manifestazione del 28 Ottobre (2017!), 95° anniversario della cosiddetta Marcia su Roma di Benito Mussolini. E’ una buona notizia.

I neofascisti e i loro sostenitori avranno così il tempo per riflettere e per informarsi su quella che fu in realtà la Marcia (anzi, la non-Marcia) su Roma del 1922 e conoscere qualcosa del fascismo e di Benito Mussolini. Non mi riferisco al periodo successivo alla presa del potere: dittatura, tribunali speciali, paludi, Impero, leggi razziali, guerra, Brigate Nere, ecc. Mi limiterei alle vicende che l’hanno preceduta.

Nel 1902 Mussolini – non aveva neanche vent’anni – si muoveva verso un socialismo internazionalista; sostenne che “Carlo Marx è il più grande teorico del socialismo”. Era anche antimilitarista e anticlericale; i preti erano “microbi neri” servi del capitalismo. (27 anni dopo firmerà il Concordato con il Vaticano e il Papa lo definirà l’uomo della Provvidenza. Una bella svolta!). In seguito proclamò: “La bandiera nazionale è per noi uno straccio da piantare nel letame”. Nel 1911 condannò la guerra coloniale di Libia come un atto di brigantaggio e un delitto contro l’umanità. (Ventun anni dopo avrebbe aggredito l’Abissinia, poi proclamato l’Impero “sui colli fatali di Roma”. Un’altra svolta!).
Dal 1912, per due anni, Mussolini diresse L’Avanti, il quotidiano del Partito socialista. Allo scoppio della guerra (1914) si schierò a favore
della neutralità dell’Italia, ma in seguito sostenne la necessità della guerra e si dimise dalla direzione del L’Avanti. E, grazie anche ai finanziamenti di Francia e Inghilterra, fondò un nuovo quotidiano, Il Popolo d’Italia. In seguito fu finanziato da industriali interessati all’entrata in guerra e a vendere armi, da banche e dallo stesso Governo: una svolta radicale nella sua evoluzione politica. Fu allora espulso dal Partito socialista.

Richiamato alle armi si comportò coraggiosamente, fu ferito e promosso caporale. Il 23 marzo 1919, a Milano, in piazza San Sepolcro, con un centinaio di fedeli fonda i “Fasci di combattimento”: è la nascita ufficiale del Fascismo. Sono presenti molti futuristi e “arditi”, un corpo di ex combattenti, capaci di azioni violente. Il programma è confuso, nazionalista ma anche rivoluzionario: terra ai contadini, gestione delle industrie e dei servizi pubblici affidata a sindacati tecnici e di lavoratori, giornata lavorativa di 8 ore, abolizione dei titoli nobiliari, imposta progressiva sul capitale, inasprimento delle imposte di successione, ecc. Il mese dopo un gruppo di fascisti, molti del corpo degli arditi e futuristi, assalta la sede del L’Avanti e la distrugge: il primo atto di rilievo dello squadrismo fascista.

Molte altre spedizioni punitive seguiranno nei due anni seguenti, finanziate da agrari e industriali e spesso appoggiate e armate dalle forze dell’ordine. In due mesi, nel 1921, 400 Cooperative, Camere del lavoro e circoli socialisti sono distrutti,  68 Consigli municipali sciolti con la violenza. Nelle elezioni del novembre 1919, con un programma ancora di sinistra, i fascisti non ottennero neanche un seggio. Nel 1921 Mussolini viene eletto deputato, con un gruppo di 35 fascisti. Fa discorsi moderati, rinnega il suo anticlericalismo, vuole ottenere le simpatie dei conservatori. Le elezioni si erano svolte in un’atmosfera di violenza. Il programma di sinistra del 1919 viene abbandonato, Mussolini cerca un appoggio della Chiesa e chiede sussidi governativi per le chiese e le scuole cattoliche.

Il partito fascista cresce; nel luglio 1922 gli iscritti sono quasi 700000. Intanto la situazione nel paese era peggiorata: da un lato l’inefficienza e i personalismi dei governi liberali e lo stallo parlamentare, dall’altro le posizioni velleitariamente rivoluzionarie dei socialisti, i disordini e le violenze fasciste. Il 16 il gruppo dirigente concorda il piano insurrezionale, i fascisti si raggruppano in tre località intorno a Roma, circa 30000 uomini male armati. La sera del 27 ottobre la marcia avanza senza difficoltà, anche con la collaborazione delle autorità militari che dovrebbero difendere la legalità. Mussolini attende lo svolgersi degli eventi in albergo a Milano. Nella notte del 28 il Re si dichiara d’accordo con la richiesta del Governo di proclamare lo stato d’assedio e di impiegare l’esercito per imporre la legge marziale. La mattina del 28 Facta, il capo del governo, proclama lo stato d’assedio. Il generale Emanuele Pugliese, comandante della zona militare di Roma, assicurò i ministri, riuniti in consiglio, che avrebbe potuto facilmente fermare le bande fasciste in poche ore. All’ora di colazione Facta torna dal Re per la formalità della firma. Ma il Re rifiuta la firma. E’ la fine.

Frattanto a Milano Mussolini arrivava nel suo ufficio alle sei del mattino. A sera i gruppi economici (Confindustria, Confagricoltura, Unione bancaria) e personalità politiche consigliano il Re di affidare il potere a Mussolini; ci si illudeva di poter facilmente domare e riassorbire il fascismo. Mussolini la mattina del 29 viene convocato a Roma; parte la sera del 29 in vagone letto. Alle 11.15 è ammesso alla presenza del Re e riceve l’incarico di formare il nuovo governo. Le squadre fasciste arrivano a Roma 24 ore dopo, e dopo che il generale Pugliese aveva ricevuto l’ordine di farle passare. A Roma ci furono festose dimostrazioni popolari. Forse un sospiro di sollievo dopo lunghi anni di marasma politico, di incapacità dei gruppi dirigenti liberali, di tensioni sociali, di inconcludente azione del Partito socialista, di violenze dei picchiatori fascisti.