Svolta avventurosa sugli F16 a Kiev. Meloni sotto accusa sui diritti Lgbt

Cade l’ultimo tabù sulla guerra in Ucraina. Kiev avrà gli F16, i cacciabombardieri americani che Zelensky chiede che gli vengano forniti dagli occidentali fin dal primo giorno dell’aggressione russa. Si tratta di una svolta drammatica che è arrivata proprio il giorno in cui il leader ucraino è stato chiamato ad intervenire di persona alla riunione del G7 in corso a Hiroshima.

Ma prima di valutare la portata della decisione strategica presa dai massimi leader dell’occidente e delle conseguenze che essa potrebbe avere sulla guerra in atto, sarà necessario sgombrare il campo dalle penose conseguenze dell’incidente che si è verificato tra Justin Trudeau e Giorgia Meloni. All’inizio dell’incontro bilaterale tra i due il primo ministro canadese si è detto “preoccupato da alcune delle posizioni che l’Italia sta assumendo in merito ai diritti Lgbt” aggiungendo che era il primo argomento di cui intendeva parlare con la presidente del Consiglio italiana. Lei ha accusato visibilmente il colpo. Sul momento ha contenuto in una smorfia di disappunto il proprio fastidio e poi ha cercato di svicolare dalla critica circoscrivendola all’atteggiamento del governo di Roma sulle controversie in materia di registrazione all’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali. Questione sulla quale – ha sostenuto – il governo si è limitato a prendere atto delle decisioni della magistratura, come i governi precedenti.

Justin Trudeau, primo ministro canadese, e la presidente del consiglio Giorgia Meloni al G7 2023 di HIroshima, Giappone
Justin Trudeau, primo ministro canadese, e la presidente del consiglio Giorgia Meloni al G7 2023 di Hiroshima, Giappone ph Canadian press / Adrian Wyld / Agenzia Fotogramma

In realtà Trudeau non parlava di quell’aspetto, ma di tutto l’atteggiamento politico e culturale che caratterizza l’attuale governo italiano in merito ai diritti civili delle comunità Lgbt. Meno furbi della loro capa, gli esponenti di Fratelli d’Italia si sono scatenati contro l’”ingerenza” dello straniero e i più sprovveduti hanno creduto di poter ricorrere all’escamotage già sperimentato con le critiche francesi alla politica del governo Meloni sull’immigrazione: si tratta di polemiche ad uso interno, in cui l’Italia viene coinvolta del tutto impropriamente. Il fatto è che mentre con i francesi questa tesi aveva qualche tratto di verità, in Canada non c’è alcuna querelle interna sui diritti Lgbt. La critica di Trudeau non nascondeva altro che la preoccupazione di un uomo di governo per il comportamento di un altro governo, alleato, sul rispetto di princìpi che attengono alla sostanza della democrazia di cui il G7 vuole farsi sostenitore e garante. Qualcuno ha fatto anche notare che proprio su questa materia, tra l’altro, le posizioni di Justin Trudeau sono molto in sintonia con quelle di Joe Biden, cosa che rende le critiche al governo Meloni ancor più politicamente stringenti.

La querelle italo-canadese non avrà probabilmente conseguenze pratiche, ma è tristemente emblematica della debolezza in cui le scelte reazionarie della destra al potere a Roma trascinano la considerazione e il prestigio dell’Italia nei consessi internazionali. Che non brilla particolarmente nonostante lo spolvero propagandistico della quasi totalità dei media (tv di stato compresa) sul carosello di incontri che Meloni, grande tra i grandi, ha avuto al margine del summit

Ma torniamo alla decisione sugli F16. La svolta, stando ai resoconti dei media americani, sarebbe stata annunciata da Joe Biden agli altri leader in una forma indiretta e un po’ contorta, ma comunque chiara nella sua sostanza. Washington – avrebbe detto il capo della Casa Bianca – sosterrà sforzi congiunti con gli alleati per addestrare i piloti ucraini su caccia F-16 e poiché “la formazione dei piloti si svolgerà nei prossimi mesi, la coalizione di Paesi che partecipano a questo sforzo deciderà quando fornire effettivamente i jet, quanti ne fornirà e chi li fornirà”. Si tratta, in sostanza, del modus operandi che era stato suggerito dallo stesso Zelensky dopo che aveva ricevuto da Rishi Sunak, nella sua ultima visita a Londra, il primo via libera d’un paese NATO alla fornitura dei cacciabombardieri: la costituzione di una coalizione di paesi fornitori sul modello del gruppo dei cinquanta che già ora si riunisce periodicamente nella base Usa in Germania di Ramstein per decidere il trasferimento di sistemi d’arma a Kiev. I paesi che ne faranno parte verranno liberati dal vincolo americano sull’uso di aerei ideati e costruiti negli Stati Uniti, che quindi non saranno direttamente impegnati giuridicamente nell’operazione, e potranno affidare ai piloti ucraini i jet che decideranno di concedere, i quali verrebbero sostituiti nei paesi europei dai nuovi F35. È il caso di ricordare, a questo proposito, che più volte Vladimir Putin e gli uomini della sua cerchia hanno precisato che le autorità russe considererebbero comunque l’utilizzo di aerei forniti da paesi NATO, anche se pilotati da personale ucraino o formalmente armati con i colori ucraini, un coinvolgimento diretto della stessa NATO nella guerra, con tutte le conseguenze del caso.

Bisognerebbe sapere come hanno reagito gli altri leader del G7 all’annuncio del presidente americano. Il tedesco Olaf Scholz proprio partendo per Hiroshima aveva ribadito che la concessione all’Ucraina degli F16 non era all’ordine del giorno. Si tratta di vedere se il non possumus riguarda soltanto Berlino, che potrebbe non partecipare all’operazione, oppure è la posizione ufficiale tedesca in merito a una formale decisione della NATO. Uguale incertezza riguarda la posizione della Francia. Parigi non è coinvolta direttamente nella vicenda perché non dispone di F16 ma solo di jet made in France. Ma Emmanuel Macron più volte e anche recentemente ha messo in guardia gli alleati dal compiere mosse che mettano all’angolo Putin, che comunque dovrebbe essere considerato uno degli attori di una possibile soluzione politica della crisi.

In realtà è proprio questo ultimo punto quello che pare essere messo in discussione dal vertice di Hiroshima, che pure ha adottato nuove misure di isolamento economico di Mosca tra le quali il blocco dell’esportazione di diamanti che contribuisce non poco a rimpinguare l’erario del paese. Non sono le sanzioni il piatto forte di questo vertice del G7, ma gli aspetti militari. L’impressione è che anche gli americani si siano schierati con l’ala dura della NATO la quale, capitanata da britannici e polacchi, ritiene che sia arrivato il momento di forzare per un inasprimento della guerra con la controffensiva ucraina annunciata da mesi appoggiata da forze aeree finalmente adeguate non solo per riconquistare i territori strappati dai russi con l’invasione, compresa la Crimea, ma per affondare nel territorio stesso della Federazione colpi decisivi per abbattere Putin. Resta da vedere come si configureranno i rapporti di forza tra gli alleati in relazione a questo scenario. E intanto, per quanto ci riguarda, come si collocherà il governo italiano.