Sul congresso Cgil compare lo spettro di Fortebraccio

Sono in corso in tutta Italia i congressi di base della Cgil. Preparano l’assise nazionale che si terrà a Bari a fine gennaio. É interessante notare come in questi congressi si discuta soprattutto sul futuro del sindacato, sugli obiettivi da raggiungere, sugli errori da non compiere, sui limiti da superare.   Cosicché il documento preparatorio (“Il lavoro É”) con i suoi capisaldi (Il piano del lavoro, la carta dei diritti) trova larghissime maggioranze unitarie. Un altro documento di minoranza “Riconquistiamo tutto” che annuncia un bilancio fallimentare del sindacato, non trova significative adesioni.

Non ritorna  comunque, in questi incontri fra gli iscritti, almeno da quanto trapela dai dati forniti dalla Cgil stessa,  la contrapposizione sui nomi che incentiva invece riflessioni polemiche sui giornali e sui social. Una contrapposizione sorta dopo che Susanna Camusso aveva proposto la candidatura, come segretario generale, di Maurizio Landini. Un nome frutto di un “ascolto” con i gruppi dirigenti delle camere del Lavoro, segretari regionali, segretari delle categorie. Una scelta non condivisa da due segretari su nove della segreteria confederale. Ed è nata così la possibilità di contrapporre Vincenzo Colla, già segretario  della Cgil di Emilia-Romagna a Landini.  Si sono lette analisi interessanti e prese di posizione diverse scritte sul “Diario del lavoro”, sul Manifesto, su Corriere e Repubblica,  a firma di Gaetano Sateriale, Andrea Ranieri, Claudio Treves e altri ancora. Interventi che non si limitano a discutere su questioni di metodo (come doveva essere formulata o no la proposta per il futuro segretario), ma affrontano questioni di contenuto.

É possibile che una ricomposizione possa avvenire nella riunione del Comitato Direttivo della Cgil convocata per il 27 ottobre. Risulterebbe un po’ paradossale procedere ad un Congresso con tutti d’accordo sulle linee politiche da sostenere, ma fieramente divisi su chi dovrà gestirle.

C’è in questo confronto che non dovrebbe suscitare scandalo, essendo la testimonianza di un grande soggetto sociale che non agisce come un corpo morto, ma testimonia una vitalità non sopita,  anche qualche maldestra incursione. Mi riferisco a quanto accade qua e là sui social. Dove troviamo, ad esempio, molte critiche sul metodo adottato da Susanna Camusso, scarse riflessioni sulle caratteristiche politiche della proposta avanzata. Cosicchè a proposito della personalità di Landini si critica molto il suo passato ma non il suo presente.

E’ comparsa poi, sempre sui social, o meglio su Facebook, una misteriosa pagina intitolata a un giornalista, particolarmente caro a noi di Strisciarossa, visto che molti di noi provengono dalla defunta “Unitá”. Quella pagina infatti è intitolata “Forte Braccio” e l’allusione a Mario Melloni è chiara.  Anche perché in un primo tempo la foto della home page tratteggiava proprio il viso di Fortebraccio. L’intento esplicito è quello di sostenere la candidatura di Maurizio Landini ma il rischio è quello proprio di nuocere a Landini.

Questo avviene quando si pubblicano pezzi sprezzanti, vignette deridenti, nei confronti di altri dirigenti della Cgil, colpevoli di non appoggiare la candidatura prescelta.  Una linea di condotta che rende meschino il dibattito dentro la Cgil e infanga il nome del nostro collega e compagno Mario Melloni. I promotori perlomeno dovrebbero avere la dignità di uscire dall’anonimato e dichiarare le proprie generalità. Lasciando perdere Fortebraccio.

Procedendo con questo sistema si rischia di scopiazzare metodi invalsi in altre formazioni, soprattutto formazioni politiche. Non rientrano certo nella tradizione della Cgil che pure non ha evitato nel passato acuti contrasti interni polemici. Novella, Lama, Pizzinato, Trentin, Cofferati hanno trovato nel loro cammino, dentro il sindacato, interlocutori non ossequienti, non facili. Basti pensare a Trentin e alla Fiom con Fim e Uilm nella scelta sui consigli di fabbrica, invisa a molti negli anni 70. Ma era lotta politica seria, impegnata, a viso aperto.  E non si dica che quella di oggi sui social è la modernità dettata ad esempio dalle nuove tecnologie, dalla rete. Questo semmai è il lato oscuro, il lato peggiore della modernità.