Strage di Bologna, 40 anni dopo
il nome di Maria Fresu scoppia ancora
La memoria, se usata correttamente restituisce alle persone il privato e alla società i giusti anticorpi per allontanarsi dalle angherie. E in tutto questo, e sopra a tutto questo, stanno le persone, i protagonisti, le vittime. Come Maria Fresu dipinta da Andrea Zanzotto in una delle sue più importanti poesie che tratta il tema dell’urgenza, della necessità di una memoria collettiva buona e umana: “E il nome di Maria Fresu / continua a scoppiare / all’ora dei pranzi / in ogni casseruola / in ogni pentola / in ogni boccone / in ogni / rutto – scoppiato e disseminato – / in milioni di / dimenticanze, di comi, di bburp.”
Chi sono i mandanti di quella orrenda strage?
Tra pochi giorni il 2 Agosto saranno 40 anni dalla strage alla stazione di Bologna, la maggiore strage di civili del dopoguerra italiano: 85 vittime e 200 feriti. Una vicenda dolorosa, per i familiari delle vittime e le persone coinvolte, per i feriti e i soccorritori. Ma anche per il grande numero di insabbiamenti e depistaggi che in questi quattro decenni hanno accompagnato la ricerca della verità.
Avvenuta l’esplosione si parlò subito di una caldaia, i ritrovamenti di esplosivo nel luogo dello scoppio fecero velocemente comprendere che si trattava di altro. Ma di che cosa? La magistratura è riuscita ad accertare gli esecutori materiali della strage: sono i membri neofascisti dei Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini che pure continuano a professarsi innocenti.
Chi sono però i mandanti Se siamo arrivati alla sintesi individuata dal manifesto del 40esimo anniversario – “la strage è stata organizzata dai vertici della loggia massonica P2, protetta dai vertici dei servizi segreti italiani eseguita da terroristi fascisti” – è perché l’associazione costituita tra i familiari della strage, guidata dal presidente Paolo Bolognesi, subentrato al primo presidente Torquato Secci, con il sostegno di un avvocato coraggioso come Andrea Speranzoni, non è mai arresa davanti a quel muro di gomma che si è frapposto alla ricerca della verità.
Per difendere la nostra memoria
Ma che significato possono avere la memoria e il ricordo oggi? Su questo tema si è espresso molte volte anche in maniera critica ad esempio il filosofo e storico Tzvetan Todorov, di cui la casa editrice Meltemi ha recentemente riproposto “Gli abusi della memoria”, testo risalente agli anni Novanta del secolo scorso in tempi di conflitti xenofobi nell’area dell’ex-Jugoslavia. Le domande di Todorov sono complessive: la memoria, il ricordo e le manifestazioni sono un “semplice” esercizio collettivo? Oppure un regolamento del presente? Vediamo ad esempio cosa è successo negli Stati Uniti solo nelle ultime settimane nelle quali le proteste più che legittime contro violenze e discriminazioni su parti fragili della popolazione non hanno portato solo a movimenti di opinione ma anche ad altre violenze, a un giustizialismo doloroso e insensato quanto gli episodi di partenza.
La fermezza con cui i familiari delle vittime della strage di Bologna hanno continuato la loro battaglia e la loro ricerca della verità assume così un significato ancora ulteriore perché va proprio nella possibile via di fuga immaginata da Todorov, va nel corretto approccio alla memoria, non quindi la trappola del “dovere di memoria” per usare una definizione del filosofo francese Paul Ricoeur, ma uno strenuo attaccamento al lavoro di memoria che in questi anni ha coinvolto tutta la comunità bolognese e assieme a questa tanti artisti, scrittori, musicisti che hanno cercato di dare il proprio contributo, di non estinguere la fiamma laicamente umana, onesta, valida di tutta questa ricerca.
La via degli insabbiamenti
Della strage aveva parlato alcuni anni fa un giornalista, Riccardo Bocca, con un libro, una lunga inchiesta sulle carte, gli atti processuali e le ricostruzioni storiche che si concludeva con una intervista all’ex Presidente del Consiglio Francesco Cossiga: in quella intervista in maniera sprezzante Cossiga aveva definito Bolognesi e l’associazione delle vittime persone che “tutto quello che hanno fatto, l’hanno fatto per ricevere denari”. Ecco a 13 anni da quel libro i fatti hanno sostenuto chi avesse ragione e chi torto, i fatti hanno dato il giusto peso e il giusto valore alle affermazioni più sfortunate.
Andrea Zanzotto, Idioma 1986 (ora in Tutte le poesie, Mondadori 2011)
Tzvetan Todorov, Gli Abusi della memoria, Meltemi 201
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