Strada e Liberatori, due alfieri
del Capitale Morale

Ci sono persone mirabilmente “divisive”, per usare un termine che destra e maestrini del benpensare in equilibrio sulle macerie del nostro incerto Occidente, amano utilizzare come timbro per uomini dalla schiena dritta che vivono secondo il “sì sì, no no” biblico perché “il dipiù viene del demonio”. Uomini di coraggio (parola derivante da cuore…) che testimoniano dov’è il campo della buona semina e dei buoni frutti.

Di questa schiera – in cui la sinistra è da sempre in schiacciante maggioranza, alla faccia del “sono tutti uguali” qualunquistico – sono stati alfieri Gino Strada, il fondatore di Emergency, e Andrea Liberatori, inviato, capocronista dell’Unità a Torino, con una robusta parentesi nella grande sede milanese dal ’57 al ’62, scomparso in questi giorni a novantasette anni.

Gino Strada

Il generoso, assoluto impeto umanitario di Strada è noto ai più, essendo stato ogni suo intervento pubblico, ogni presa di posizione soppesata e discussa dai tribunali dei media, i social in primis. “Divisivo”? Assolutamente, tenacemente: la vita umana prima di tutto, senza colori, senza patria di mezzo. Non ha stupito il silenzio del fronte leghista e meloniano, incapace di rendergli gli onori delle armi, eccezion fatta per Roberto Marcato, assessore per la Lega della Regione Veneto, che non casualmente è stato insultato in abbondanza dalla canizza salviniana. Un tacere appena rotto da qualche ignobiltà sparsa e profumato d’astio da parte di piccoli politici “molestati” continuamente dall’esempio alto e per loro scomodo di Gino Strada.

Scomodo per chi è solito sfornare davanti ai microfoni i suggerimenti degli spin doctors calibrati sugli ultimi sondaggi. Scomodo per una Lega senz’altra bussola che il risentimento para-etnico (vedi la cecità nel dibattito sullo ius soli sportivo in occasione delle Olimpiadi) e impelagata in brutte faccende di “soldi soldi soldi” come canta Mahmood, dai pacchi di milioni scomparsi alle cronache nere e vere della Lombardia Film Commission, con Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ex revisori contabili della Lega rispettivamente al Senato e alla Camera condannati il primo a 5 anni di carcere e il secondo a 4 anni e 4 mesi per turbativa d’asta e peculato (che poi vuol dire fregarsi pubblici denari).

E certo che Strada era scomodo da vivo e imbarazzante da morto, perché lui i soldi non li faceva scomparire, ma li moltiplicava per via di generosità sparse e solide, in virtù del suo immenso Capitale Morale. Eccola una ricchezza che conta e smuove le montagne, ben più di una battuta furbetta su twitter. Gino Strada era ricco sì, ma di valori, e ha allevato tanti portatori sani di benignità, di voglia di restare umani, di quella caritas che disegna il futuro. Oggi, davanti alle catastrofi umanitarie ed ecologiche, che spesso sono la stessa cosa, tornano con prepotenza domande ultimative a interrogarci: “tu da che parte stai?”. È una divisione non arcaicamente ideologica, bensì fondata – appunto – su un Capitale Morale da rendere sempre più pervasivo, contagioso, “biologicamente” vincente per la sopravvivenza umana. Ci sono, qui e ora, le ong, tutto il terzo settore, ingegneri, sacerdoti, economisti, volontari, filosofi e pure molti politici (almeno quelli non devoti solo alla carriera o banalmente cammellabili in manovre senza respiro) che lavorano irrobustiti da nuovi principi scientifici e sospinti da scelte etiche cristalline. Una “metanoia” globale e crescente, un deciso mutamento di paradigmi e di pensiero – questo significa la parola greca – per una nuova fede, non religiosa, solo umana.

Andrea Liberatori

Andrea Liberatori, giornalista dell’Unità – ci era entrato nel ’48 – in anni di ferro e di fuoco, dalle massicce repressioni della Fiat vallettiana all’autunno caldo alla minaccia terroristica, era un gentiluomo d’altri tempi, naturalmente dotato di una sua particolare souplesse torinese e di un portamento nobile che metteva soggezione. Capo di una cronaca, lo ricordo, che timonava con forza tranquilla, attento a far crescere i giovani. Una garanzia nella copertura delle notizie. Mai l’ho sentito alterato, travolto dai ritmi concitati del lavoro. Andrea non sciupava le parole, ma era prodigo di consigli. Ci eravamo scambiati qualche mail di recente e non potevano non colpire la lucidità di un testimone del secolo scorso perfettamente a giorno degli stravolgimenti degli ultimi vent’anni e insieme la persistenza di una calda, serena, costituzionale umanità. La nota continua di un hombre vertical che nel Partito, pure servito con onore e amato, sentiva concretizzarsi non una separazione ma la parte di un fronte ampio che lavorava nel nome dei “sì” e dei “no” che la sua coscienza, umana prima che politica, esigeva.

Una questione, anche qui, di Capitale Morale. Una grazia, un dono da condividere e far fruttificare.