Lara, la ragazza disabile esclusa
dal servizio civile nelle biblioteche
“Dopo che mia figlia ha tentato inutilmente di poter fare il servizio civile, ho deciso di scrivere una lettera e diffonderla, per denunciare e far conoscere quest’ingiustizia, l’ennesima, che vede protagonista una persona che vorrebbe avere diritti pari a quelli delle altre persone”.
A parlare è Pina, e lo fa anche a nome del marito Hasti e di sua figlia Lara, una giovane di 24 anni con la sindrome di Down. Come genitori già sapevano di dover fronteggiare qualche ingiustizia nei confronti della ragazza, ma questa non se l’aspettavano, proprio perché i buoni propositi per una società inclusiva sono all’ordine del giorno, nei programmi elettorali come negli statuti di enti e associazioni. Eppure, a Torino, Lara non ha potuto realizzare il suo desiderio: “Voglio dare il mio contributo come volontaria alla società, ora che sono adulta e credo di poterlo fare, dopo che per anni quando ero piccola, tanti ragazzi e ragazze volontari mi hanno aiutato a crescere”. Desiderava, infatti, partecipare anche lei al bando nazionale di servizio civile volontario, nelle sue articolazioni locali, ma non è andata come sperava.
“Nostra figlia ha lavorato come volontaria per più di un anno nella Biblioteca dell’Istituto scolastico di secondo grado “Grassi” di Torino (gestita quasi interamente da volontari) e le era rimasto il desiderio di poter lavorare un giorno in una biblioteca. – dice la madre – Si era illusa di poter partecipare al bando per l’assunzione di nuovo personale in questo settore, sperando che vi fosse prevista una quota per le categorie protette, notizia che anni fa il Comune di Torino aveva ampiamente pubblicizzato e che non ha poi avuto alcun esito”.
Saputo che alcuni dei progetti presenti nella lista torinese erano relativi alle biblioteche, Lara ha subito manifestato il suo entusiasmo, ma, contattati i responsabili, ha scoperto che la partecipazione dei “disabili e persone con problemi” era limitata ad un solo progetto, espressamente dedicato, gestito da una scuola privata torinese. A questo punto, è stata contattata anche la scuola in questione, la cui responsabile li ha dettagliatamente informati su quelle che sarebbero state le mansioni del volontario selezionato: imburrare panini e sistemare gli scaffali, ripulire gli stivaletti dei bambini della scuola materna al ritorno dalle passeggiate quotidiane in collina, e così via. “Ho risposto alla signora che mia figlia ha preso la maturità alberghiera (con la relativa qualifica triennale) indirizzo cucina, e da anni cucina sia in casa che nel gruppo di autonomia dell’associazione di cui facciamo parte. – racconta Pina – Quanto alle pulizie, è abituata a farle in casa sin da piccola ed il suo percorso di autonomia ha come obiettivo la vita da sola in una sua casa, magari con il fidanzato o con un’amica. Il servizio civile dovrebbe aiutare la formazione dei nostri giovani, ma avere come unica possibilità di inserimento il progetto suddetto rappresenta una palese violazione dei diritti della persona disabile stabiliti una volta per tutte dall’ONU nel 2006 in una delle sue Dichiarazioni”.
La Convenzione cui Pina fa riferimento è proprio relativa ai diritti delle persone con disabilità. Il suo Art. 1 recita espressamente: “Promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità”. Gli altri articoli parlano di pieno ed effettiva partecipazione e inclusione nella società, di sensibilizzazione della società nel suo insieme, a iniziare dalle famiglie, di diritto al lavoro, di tante altre cose buone e giuste, facenti leva sulla parola più bella: dignità.
“Lo affermiamo con forza – continua la madre – perché anche nostra figlia avrebbe il diritto di fare nuove esperienze che arricchiscano la sua formazione, così come tutti gli altri e le altre coetanee, e ne è invece privata”. Lara ha comunque deciso di candidarsi per il progetto Biblioteche, “pur sapendo di non avere praticamente alcuna possibilità di successo, perché sarebbe stata posta esattamente sullo stesso piano degli altri, senza alcuna facilitazione. E così è naturalmente avvenuto: anche se si era preparata sulle tematiche richieste, al colloquio le è stato “naturalmente” chiesto solo il perché si fosse candidata, quale era stata la sua esperienza precedente in biblioteca e quali libri avesse letto”. Altrettanto “naturalmente”, non è stata presa. Quando si fanno i bandi per il servizio civile, infatti, si dovrebbe specificare prima la quota destinata ai disabili o a chi vive situazioni di particolare fragilità economica, riservando dei posti a una graduatoria a parte; se non lo si fa, la graduatoria sarà di merito legata al curriculum e al colloquio. Sul piano formale, quindi, è tutto a posto, non erano previste “riserve” per i disabili, se non nell’unico progetto che prevedeva mansioni di mensa, non di biblioteca. Ma se non si include, si esclude, detta così forse fa più effetto. E Lara “ha dovuto quindi rendersi conto per l’ennesima volta che le strade verso una effettiva cittadinanza le sono sbarrate, che le sue effettive capacità non interessano e che sarà sempre etichettata nello stesso modo, alla faccia dei suoi diritti. – conclude Pina – Gli unici diritti che ha e che vorrà avere ha dovuto e dovrà letteralmente strapparli e tenerseli stretti con la sua lotta personale e con la lotta di chi come la famiglia e i suoi gruppi di amici e educatori che la sostengono. Per ora lo stato non ha delle risposte degne, siamo ancora nel buio più assoluto. Noi continueremo a lottare con lei e per lei e per quelli che vogliono come lei essere rispettati come persone con diritti”. Pina e Hasti lo stanno facendo per Lara come lo avrebbero fatto per chiunque altro, perché essere vigili su eventuali deficienze nel riconoscimento pieno anche di un solo diritto umano non può che fare bene a tutta la società.
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