Sorella d’Italia. Ma di quale Italia?

Era la prima della classe, abituata all’ammirazione e all’elogio, e si è trovata ad essere la prima responsabile di un delitto di mare (più di 70 morti, decine di bambini) di cui sono vistosamente responsabili i suoi collaboratori, che hanno bloccato aiuti e soccorsi e reso inevitabile il massacro. D’ora in poi noi sappiamo che il fondatore e capo di Fratelli d’Italia non ha – neanche adesso, a strage avvenuta – alcuna obiezione sui salvataggi impediti, sui corpi militari paralizzati da ordini non pervenuti, e sul silenzio per tutta la durata della morte e dopo.

Giorgia Meloni con Matteo Salvini

Giorgia Meloni è certamente il primo presidente del Consiglio italiano che, con la sua carovana di auto ministeriali, ha attraversato un piccolo borgo lungo un percorso blindato da centinaia di carabinieri mentre altre centinaia di persone, offese dal delitto di lasciar deliberatamente morire tutti quei bambini, le tiravano dietro i peluche raccolti in mare insieme ai cadaveri.
Deliberatamente Giorgia Meloni – la donna, la madre, la cristiana del suo urlo di Vox – ha spinto via persone che venivano a dirle che cosa avrebbe dovuto dire una persona con sentimenti normali di fronte alla morte violenta, crudele ed evitabile, se solo gli uomini della Meloni avessero dato gli ordini giusti ai corpi di salvataggio giusti. Erano, subito, sul momento, un medico e un prete a dirci che quel grande spettacolo di morte era in tutto evitabile e che c’erano i mezzi, lasciati inerti e al chiuso. Ma se osavi farlo notare, ti dicevano che stavi insultando eroici militari che avevano fatto ben altro per la patria. Mai, mai, Meloni e i suoi hanno ammesso di avere dato ordini di non salvare. Però gli eroici soldati della Guardia costiera, a differenza di sempre, non hanno salvato. Non penseremo mai che si sia trattato di un impulso omicida spontaneo. Ma continueremo a pensare che l’impulso spontaneo ad abbandonare i deboli che hanno bisogno di aiuto, continui ad essere la guida morale del sovranismo.

La rivelazione, falsa, penosa, ma creduta da molti, è che tutto sia opera degli scafisti, che esigono e incassano cifre incredibili, che rendono all’istante molto ricca una sola persona (pensate a una traversata che costa 4000 euro per ciascuno dei duecento disperati) la quale, dunque, è molto improbabile che resti nel mestiere. A meno che lo scafista, adesso cercato dalle squadre della Meloni in tutto il mondo per “reato universale” di traversata clandestina dei confini (che, come si sa, sono sacri fin dai tempi del duce), da condannare fino a 30 anni di reclusione, sia un operaio che lavora per un mandante (in altri tempi Meloni faceva il nome di Soros, arcinemico ungherese dell’ungherese Orbàn amico e guida della Meloni). In quel caso come riusciranno a beccare nel mondo i mandanti le pur straordinarie squadre della Meloni?

Nello strano e caotico consiglio dei ministri a Cutro si è annunciato anche un rilancio dei centri di accoglienza – vanto non italiano dei Paesi civili – ma, di nuovo, dei centri di rimpatrio, come se i governi dei paesi di fuga (da Damasco a Kabul, dalla Nigeria al Sud-Sudan) fossero in attesa di questo fraterno ritorno, a meno che abbiano una sentenza da eseguire. Perché non ci si è mai impegnati nella ricerca o anche solo nella identificazione del mandante? Perché lo scafista, come l’untore del Manzoni, può essere visto, catturato e, quando possibile, condannato a trent’anni. Lo scafista è la misura dell’odio al vero nemico, il migrante detto “clandestino” (essendo del tutto vietato l’ingresso in Italia, chiunque è clandestino).

cutroRicorderete che vi sono stati molti sbandamenti, all’inizio di tutta questa vicenda (mentre la Lega era impegnata con successo a rovesciare il modo di vedere e di sapere che cosa stava accadendo). Dapprima i colpevoli erano le Ong, ovvero tutte le organizzazioni private che salvavano in mare e portavano “i clandestini” a terra. Di esse si è detto che erano opera di misteriose, potenti organizzazioni. Poi, più modestamente, che guadagnavano salvando, perché più salvavano e più ricevevano sostegno spontaneo dai privati. Salvavano, portavano a terra persone sane e salve, non costavano, non erano contro nessuno.

Sono state ostacolate, combattute, accusate, si sono trovati persino dei giudici per provare, senza successo, una qualche incriminazione. Ricordiamo che sono state chiamate anche “taxi del mare” e colpevoli di tenere un filo di rapporto con gli scafisti, in modo da prendere a bordo gli scampati senza prima buttarli in acqua. La lotta dei governi italiani contro chi salvava e consegnava persone vive e intatte ai porti italiani, è stata furibonda, fino al punto da obbligare (poche settimane fa) navi cariche di persone appena salvate dal mare ghiacciato a restare al largo, senza medici e senza soccorsi, fino a 1500 miglia nautiche per raggiungere un porto lontano assegnato con un impegno sadico raro nelle persone e nei governi normali.

Tutto ciò si è visto rappresentato bene nello squallido isolamento del caotico consiglio dei ministri di Cutro, dove non c’è stato un saluto al sindaco né una visita alla sala del palazzetto dello sport in cui ci sono ancora alcune delle bare (altre sono state portate via in fretta). Invitati alcuni dei parenti delle vittime (a cui nessuno aveva fatto visita) a incontrare la Meloni a Palazzo Chigi, nessuno è andato. Il futuro di Giorgia Meloni comincia a intravedersi.