I soldi russi alla Lega non sono “pettegolezzi” c’è un’indagine della Procura

Bisogna ammettere che l’avvocata Maria Elisabetta Alberti Casellati è coerente. Con se stessa, un po’ meno con la funzione che svolge come presidente del Senato. L’avevamo lasciata – prima che nel 2018 arrivasse e Palazzo Madama – quando era una pasionaria in difesa del fondatore e monarca di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Appariva sempre in prima linea contro, nell’ordine: 1) Le toghe rosse. 2) Il colpo di Stato dei comunisti (in combutta con le suddette toghe rosse). 3) La persecuzione giudiziaria (da parte delle solite toghe guidate dai soliti comunisti). 4) La giustizia a orologeria. 5) La giustizia mediatica.

L’abbiamo ritrovata ieri mentre – dall’alto del suo scranno e dal basso dei consensi per Forza Italia (data al 6,3 %) – definiva “pettegolezzi” le notizie sui 65 milioni di euro che la Lega, capitanata con piglio cileno (vecchio stile) da Matteo Salvini, avrebbe ottenuto dalla Russia per foraggiare la sua “bestiale” propaganda prima delle elezioni europee.

 Tangentopolosky

Ovviamente l’acuta analisi della presidente, visti i precedenti, non sarebbe stata diversa neppure se avesse potuto prevedere gli sviluppi: qualche ora dopo la sua lezione di pettegologia, la Procura di Milano ha confermato che la Tangentopolosky leghista è al centro di un’indagine da febbraio, quando l’Espresso pubblicò le prime notizie sulle (presunte) “donazioni” moscovite. Ora al centro c’è un nuovo filone d’inchiesta sulla vicenda dei fondi russi, emersa dopo la pubblicazione di un audio da parte di BuzzFeed. Tuttavia, dal punto di vista della Casellati, si tratta sicuramente di giustizia comunista ad orologeria, anche se l’orologio ha cominciato a ticchettare cinque mesi fa e la magistratura non aveva fatto trapelare nulla, giustamente, prima di ieri.

Le interrogazioni

In attesa che la presidente converta “pettegolezzo” in “persecuzione giudiziaria”, resta comunque il fatto che ieri la numero uno del Senato (nonché seconda carica dello Stato dopo il Presidente della Repubblica) abbia ritenuto di bocciare tre interrogazioni fatte da alcuni senatori del Pd: avevano chiesto che il ministro dell’Interno, vicepremier sedicente vicario e proprietario della Lega – Matteo Salvini – si presentasse a Palazzo Madama per chiarire i suoi rapporti, più o meno remunerati, con i russi. Invece, secondo la Casellati, “il Senato non può essere il luogo del dibattito che riguarda pettegolezzi giornalistici”. In seguito ha polemizzato col senatore Dario Parrini, firmatario di due delle interrogazioni e protagonista imbufalito di una protesta energica.

“La gestione Casellati è di parte”, ha detto dopo il capogruppo dem Andrea Marcucci. “Se Salvini non ha niente da nascondere come dice venga a riferire. Ma il Paese e la parte politica che rappresento hanno il diritto di sapere dal ministro dell’Interno dei suoi presunti rapporti con la Russia. Impedirlo è un comportamento al limite, anzi oltre la decenza”. Ha rincarato la dose la vicesegretaria del Pd, Paola De Micheli. “Il leghista e ‘amico di Matteo’, Savoini, iscritto della Lega dal 1991, mentre si trova a Mosca con il vicepremier Salvini, incontra ‘per puro caso’ dei misteriosi uomini d’affari russi con cui avrebbe trattato un finanziamento per la Lega in vista delle Europee. Il ministro dell’Interno non può permettersi questa pesante ombra che ne mina la credibilità. L’Italia deve sapere se la Lega, il partito che di fatto guida questo governo, sia al soldo della Russia. Il governo italiano è autonomo o vassallo di una potenza estera? Questo va chiarito”.

65 milioni

Mentre capitan Salvini, in grande difficoltà, non trova di meglio che minacciare altre querele (sebbene l’Espresso neghi di essere mai stato querelato), non resta – sul fronte giudiziario – che aspettare la scelte della magistratura milanese: l’ipotesi sarebbe quella di corruzione internazionale. Sul fronte politico invece è stato aperto un vaso di Pandora.

Non è un mistero che il presidente russo Vladimir Putin – grande amico di Silvio Berlusconi, “padre adottivo” di tutti sovranisti anti Unione europea ed ex ufficiale dei servizi segreti sovietici – con il suo partito abbia stipulato ufficialmente un’alleanza con la Lega; se ne vanta persino il leader leghista, coccolato da Putin durante la recente visita in Italia. Però il “mistero” di quei 65 milioni russi pesa eccome, tanto più che si aggiunge ai 49 milioni di fondi pubblici destinati alla vecchia Lega Nord e scomparsi nel nulla: nelle casse del partito non ci sono più, in compenso la Lega si è impegnata a restituirli a rate.

Trasparenza a cinque stelle

Per ora questa vicenda viene gestita dagli alleati di governo di Salvini, i lungimiranti 5Stelle, con alterni sentimenti: è un’occasione offerta loro per cazziare/ricattare Matteo, ma è anche l’occasione per sentirsi ricordare che pure i grillini sono stati ospiti graditi dei putiniani; come testimoniano, tra l’altro, foto moscovite che mostrano i grillini Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano, sorridenti, durante un incontro del 2016 con il potentissimo e discusso Sergej Zheleznyak (putiniano che allora era nella lista di politici e finanzieri russi sottoposti a sanzioni dal governo degli Stati Uniti).

Dopo aver tenuto un profilo basso, i pentastellati ora chiedono trasparenza. “Io credo che Salvini abbia detto ieri alcune cose: ci aspettiamo le azioni conseguenti. Se c’è un millantatore, va trattato da millantatore”, ha affermato Stefano Patuanelli, capogruppo M5s al Senato. A chi gli domanda se chiederanno le dimissioni di Salvini risponde: “Dimissioni o comunque chiedere a lui che chiarisca quello che è successo e perché lo ha fatto. È una situazione che va chiarita”. Di millantatori ha parlato anche il super-leghista Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del consiglio: “A me sembra che qualche fanfarone le sparava grosse e qualcuno in modo opportunistico per chissà quali fini approfitta del fanfarone per gettare discredito su Salvini”.

Le sfuriate vittimistiche e gli anatemi epocali del capo della Lega sono intanto come sempre disponibili 24 ore su 24 nelle pagine dei social network di regime, tra un travestimento da poliziotto e un reportage autobiografico sui suoi gusti gastronomici. Di certo, 65 milioni russi e 49 milioni italiani sembrano troppi anche per placare la vorace passione salviniana nei confronti della Nutella, testimoniata da vari selfie che, non dubitiamo…, la presidente Casellati definirebbe “pettegoli”. Vedremo, non resta che attendere lungo il fiume: ne devono passare ancora tanti di “pettegolezzi” sotto i ponti.