Sky e Dazn il delitto perfetto del calcio in tv
Il delitto perfetto del calcio italiano è stato commesso ai primi di agosto, quando i campionati di serie A e di Serie B – con un governo per una volta silente e volutamente assente – sono stati divisi fra due piattaforme, quella ormai “antica” di Sky e quella nuovissima di Dazn, che definiremmo quasi invisibile, se non fosse per i vestitini che fasciano di nero e di verde la bella Diletta Leotta e che irrompono – di tanto in tanto – tra gol che si vedono in ritardo e azioni che si interrompono sul più bello per “caricare” immagini che su Netflix, l’altra tv in streaming, si vedono perfettamente senza fer

marsi quasi mai.
Ma qui – come sospetta l’Antitrust che il 28 agosto ha aperto una doppia istruttoria su Sky e Dazn – i delitti sono molteplici. Sempre ai danni di tifosi e consumatori italiani.
Il primo
Quello che colpisce di più, quando si comincia a ragionare, scansando il bombardamento degli spot concentrici delle due emittenti, è che Sky fa pagare il campionato di calcio il 30% in più dell’anno scorso.
Pur trasmettendo solo 7 partite su 10 per ciascuna giornata di campionato, il costo – infatti – è rimasto lo stesso dell’anno scorso, quando l’abbonato vedeva 10 partite su 10.
L’emittente di Murdoch si è affannata a ripetere: “Non è colpa nostra, vorremmo trasmetterle tutte”, ma nessuno li ha obbligati a mantenere lo stesso costo di quando erano trasmesse tutte e 10.
E l’Antitrust glielo fa opportunamente notare.
Ma il delitto perfetto non si ferma qui. Sky, infatti, vende ai suoi abbonati “scontato” il suo pacchetto arricchito da Dazn. Si pagano circa 7 e non 9 euro al mese, per un totale che fino a settembre costa altri 60 euro, oltre all’abbonamento “normale” al calcio. Un profitto del tutto insperato, da parte di chi pochi mesi prima stava per perdere l’intera assegnazione a favore degli spagnoli di Mediapro (sostenuti da Urbano Cairo).
Il secondo problema
Il secondo problema riguarda Dazn, una tv che ha avuto l’autorizzazione a trasmettere quando ancora non era in grado di farlo. I nodi di trasmissione, infatti, erano nelle prime giornate del tutto insufficienti. E lo sono ancora oggi, procedendo “a macchia di leopardo” nelle diverse zone d’Italia.
Si paga sempre, ma dove si vede e dove no, a seconda della collocazione geografica e delle tv, che non sono in grado di ricevere il segnale. Anzi lo sono in pochissime, solo alcune di quelle Smart.
Il terzo capo d’accusa
Infine, si scopre l’elemento più sconcertante. Dazn ha respinto tutte le accuse dei telespettatori, spiegando che il primo mese l’ha offerto gratuitamente.
L’Antitrust ha “sfruculiato” questa gratuità, scoprendo che l’emittente ha sfruttato il silenzio-assenso, criticatissimo da tutte le associazioni dei consumatori (qui l’istruttoria Agcm).
Infatti, dopo aver caricato i dati sensibili delle carte di credito dei suoi telespettatori, ha rivelato che tocca a loro – scaduto il mese – recedere dal contratto. Altrimenti si trattengono, mese per mese, l’abbonamento.
Ora che il delitto è stato perfezionato passo dopo passo, si attende una punizione esemplare da parte dell’Autorità.
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