Sinistra, quelle parole
dimenticate
da Marco Minniti

Marco Minniti ha sciolto finalmente la riserva e ha deciso di candidarsi alle primarie del Pd che non si sa ancora – dopo l’Assemblea nazionale che si è svolta a Roma sabato – quando si svolgeranno. Lo ha fatto con una lunga intervista a Repubblica nella quale ha indicato le otto parole chiave sulle quali rilanciare il Pd e costruire un argine contro i nazional-populisti: sicurezza e libertà, sicurezza e umanità, interesse nazionale e Europa, crescita e tutele sociali. Come si vede la parola sicurezza ricorre due volte: la prima in coppia con libertà, la seconda con umanità. Ma in fondo non è questo il problema.

Il problema è che in quell’elenco mancano alcune parole chiave fondamentali che definiscono la sinistra. Ne indico tre.

La prima è il lavoro, che è stato il tema centrale del pensiero di sinistra da quando sono nati i partiti socialisti alla fine dell’Ottocento e poi quando sono sorti i partiti comunisti all’inizio del Novecento. E’ il tema sul quale sono nati i sindacati operai e per il quale si sono impegnate quelle che un tempo si chiamavano masse popolari e generazioni di militanti e di dirigenti nel corso della lunga battaglia per i diritti. Ed è soprattutto il tema centrale di oggi, di fronte a un capitalismo globalizzato che non solo riduce gli spazi occupazionali ma rende quelli che ci sono precari, flessibili, in alcuni casi al limite dello schiavismo.

Manca nella piattaforma di Minniti anche la parola uguaglianza, che è il tema dei temi di ieri e di oggi, perché vuol dire combattere la precarietà e le distorsioni provocate dal liberismo a causa delle quali l’1% della popolazione mondiale detiene una ricchezza pari a quella del restante 99% . E’ una parola che per lungo tempo la sinistra ha custodito e che poi in epoca recente, sbagliando ad inseguire una variante soft del liberismo, ha tenuto nel congelatore. E’ una parola che non è retaggio esclusivo del pensiero comunista, se mai questo dovesse mettere ancora in imbarazzo. Basti ricordare, infatti, che un liberalsocialista come Norberto Bobbio l’ha indicata quale discriminante tra destra e sinistra. Ha scritto il filosofo torinese nel libro Destra e sinistra, che forse bisognerebbe rileggere: “Il grande problema della diseguaglianza è rimasto nella sua gravità e insopportabilità. Di fronte a ciò, la distinzione tra destra e sinistra, per la quale l’ideale dell’eguaglianza è sempre stato la stella polare, è nettissima. Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale all’interno degli Stati a quella internazionale per rendersi conto che la sinistra non solo non ha compiuto il proprio cammino ma lo ha appena cominciato”.

Queste parole Bobbio le scriveva più di vent’anni fa, ma oggi sono ancora più attuali visto lo stato disperato della sinistra in Italia e in Europa. E allora: se la sinistra non riparte da qui, quando lo compirà mai il proprio cammino per seguire la stella polare dell’uguaglianza?

La terza parola che manca è ambiente. Una parola con la quale la sinistra ha sempre avuto un rapporto ambivalente. Ma che oggi è il tema di fondo sul quale si gioca il futuro dell’umanità, che sembra sempre più in bilico sul baratro. Il riscaldamento globale, l’inquinamento da combustibili fossili, il mondo diviso tra siccità e alluvioni richiedono interventi coraggiosi e pensieri lunghi. Lo abbiamo visto nelle settimane scorse come l’uso (meglio, l’abuso) sconsiderato del territorio e i condoni edilizi provochino disastri ambientali e morti. Abbiamo capito che una riconversione ecologica della nostra struttura industriale è indispensabile e che la frontiera della ricerca in questo settore è la scommessa di oggi e non di un domani indefinito. Sarà solo un caso se in Europa i Verdi sono gli unici a non soccombere all’ondata populista?

Voi direte: ognuno è libero di scegliersi le parole che crede e quindi anche Marco Minniti, che pure quelle parole dimenticate ha frequentato nel corso della sua storia politica. E’ così, è vero: ci mancherebbe. Ma ci sia consentita una domanda: se la sinistra – e anche il suo “nucleo riformista”, tanto caro all’ex ministro dell’Interno ora candidato alla segreteria del Pd – non si occupa di questi tre temi, se pensa che non siano una priorità, se ritiene che non facciano parte dell’elenco delle parole chiave, se dimentica più di un secolo di lotte e non sa cogliere le sfide del futuro, allora che sinistra è? E soprattutto: a che serve?