La sinistra e il futuro
l’azione del governo
non può bastare
A questo mondo tutto è relativo, si dice. Non è un richiamo alla teoria della relatività di Einstein, quanto il frutto del buon senso popolare. Vuol dire che le cose vanno misurate in comparazione fra loro e in relazione al contesto in cui sono situate e si manifestano. Ciò è vero nell’indagine storica ma, soprattutto, nell’azione politica, quando si è chiamati a valutare le forze in presenza mettendo in relazione l’essere e il “dover essere” di gramsciana memoria.
Immaginiamo se ci fosse Salvini al governo…
Il governo Conte, per esempio, se valutato fuori dal contesto dello scontro fra le forze in atto, così come sono e non come vorremmo che fossero, potrebbe apparire una combriccola un po’ abborracciata in cui, insieme a brave persone non eccelse convivono alcuni scalmanati, furbetti da quattro soldi, sempre in cerca di segnalare se stessi attraverso iniziative comunicative fatte con i fuochi artificiali. Se, invece, la compagine di governo si mette in relazione all’opposizione delle destre (Salvini, Meloni e, a intermittenza, Berlusconi) e ai problemi della pandemia in corso, allora la valutazione cambia. Basti pensare che al posto di Conte potrebbe esserci stato Salvini per capire, con un brivido lungo la schiena, quale pericolo, oltre al Coronavirus, l’Italia e gli italiani abbiano corso e ancora potrebbero correre.
Questo significa che il governo e la maggioranza attuali siano il meglio del meglio? No, assolutamente. Il loro limite è di essere nati in uno stato di necessità (sbarrare il passo a Salvini) e di non essere ancora riusciti a fare di quella necessità una virtù, sicuramente prima del Covid 19, ma anche ora, quando il panorama sociale ed economico è del tutto cambiato in peggio. C’è però da rilevare che mentre nella maggioranza e nelle forze che la compongono un qualche processo di miglioramento, si è prodotto – nonostante Renzi, che continua, imperterrito, a fare “il bomba”, e le ricorrenti impuntature ideologiche grilline tardo populiste e sovraniste – nelle opposizioni (Salvini e Meloni) il processo peggiorativo, acidamente propagandistico e con l’unico scopo di mandare tutto e tutti in malora per lucrare consensi elettorali, non conosce sosta né ripensamenti. Berlusconi se ne distingue a fasi alterne. Come suo solito, guarda dove tira il vento dello spirito pubblico e valuta, di conseguenza, dove gli conviene (le sue aziende Tv e altro) mettere il piede. Per ora cerca di metterlo in due staffe. Tenta di fare lo statista responsabile quando parla ed esterna, con esiti per lo più esilaranti, mentre con le sue Tv e il suo house organ (Il Giornale) alimenta il populismo di destra più becero.
Il governo ha fatto molti Decreti legge e Dpcm per fronteggiare la situazione. Non tutto quello che ha fatto, come e quando l’ha fatto, è esente da critiche da parte di chi è di sinistra (erogazioni economiche non sempre selettive verso le aziende, ritardi burocratici nella Cig in deroga e nei prestiti bancari, regolamentazione dei lavoratori immigrati solo temporanea ecc.). E non parlo della sinistra istituzionale, segnata dalla subalternità al neoliberismo di questi decenni da cui faticosamente cerca di uscire, parlo di chi a sinistra quel declino ha criticato e combattuto.
E’ tempo di rifondare la sinistra
Se si mettono in relazione tutte le forze presenti, i loro movimenti, i loro interessi e il punto di caduta dello scontro e del confronto in atto (intervento dello Stato, nuovo welfare, rilancio economico all’insegna della sostenibilità ambientale e dei diritti dei lavoratori, nuova democrazia economica, rapporto con l’Europa ecc.) allora appare chiaro che anche i punti critici del governo vanno affrontati in modo dinamico. Non bisogna tacerli, anzi, ma neanche farsene paralizzare, rinchiudendosi nel recinto degli schifiltosi, dimentichi di un’altra saggezza popolare: il meglio è nemico del bene. Quei punti critici occorre farli diventare azione politica per spingere il governo a correggerli. Ma questo non basta. Sul piano politico generale è necessario, al contempo, spingere innanzi un processo di rifondazione della sinistra nel suo complesso. Non solo in Italia ma in Europa, partecipando alla battaglia in corso contro sovranismi e grettezze nazionalistiche di varia gradazione e colore, allargando i confini del mutamento in atto della politica di austerità per fare dell’Ue un soggetto federalista, solidarista e progressista.
Come si pensa di fronteggiare le settimane prossime segnate dall’emergenza economica sempre più stringente? E come si pensa di combattere, per esempio, da una parte l’opposizione scalmanata e sconclusionata, però sempre pericolosa, dei Salvini e delle Meloni, e dall’altra i richiami della foresta (Di Battista) dei grillini e le tentazioni ricorrenti e neocentriste del “bomba”, dei Calenda, delle Bonino ecc. se non con una novità rivoluzionaria a sinistra che innervi politicamente, idealmente e organizzativamente lo schieramento sociale progressista? Di questo fatto nuovo c’è più che mai bisogno, anche per rendere più efficace, puntuale e socialmente attenta l’azione del governo, spingendola sempre più verso una coraggiosa politica neokeynesiana.
Abbandonata ogni illusione tardo blairiana e ogni subalternità al neoliberismo, la sinistra nel suo complesso deve mettere al centro del proprio rinnovamento e della propria rinascita il protagonismo dell’associazionismo presente nella società civile progressista. C’è bisogno di forze fresche e motivate, non gravate dagli errori e dalle sconfitte subite, dalle compromissioni morali e politiche subite e praticate, per ritrovare il contatto con popolo delle periferie sociali e urbane da strappare alle destre. Un popolo che non attende solo sussidi, ma lavoro e riscatto politico e culturale. In quelle trincee e in quelle casematte della società civile abbandonate al nemico negli ultimi lustri, ci si deve sbrigare a tornare.
E’ qui il ritardo strategico vero e più grande.
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