Sinistra, cerca
la tua strada per uscire
dal pessimismo
Gramsci nel ’24 scrive un importante articolo “Contro il pessimismo” che ricorda la giustezza della nascita del PCI, ma ne critica le modalità di chiusura politica e fa questa affermazione: “Fummo – bisogna dirlo – travolti dagli avvenimenti; fummo, senza volerlo, un aspetto della dissoluzione generale della società italiana”. Può essere una considerazione ancora oggi valida per chi perde di vista la fase politica in cui si svolge l’agire sociale e politico e si chiude e si abbandona al pessimismo. E’ convinto che per fare un passo in avanti occorra partire dalla dura realtà e dalla capacità di autocritica costruttiva.
È proprio questa qualità che oggi dovrebbero avere i gruppi dirigenti dei vari partiti di sinistra, di centro-sinistra o di quello né di sinistra e né di destra (sic).
La crisi del PD va inserita concretamente nell’attuale vicenda politica, anche se i limiti strutturali di quel partito sono profondi e vengono da lontano. Chi scrive dubita che possa riaversi senza rotture chiarificatrici. Quella crisi va messa in parallelo con quella di LeU, spezzatosi dalla separazione di SI e degli ecologisti, e con quella dei Cinquestelle che hanno avuto sconvolto il proprio gruppo dirigente, anche se sperano in Conte.
La crisi, quindi, è di tutte le forze politiche che hanno sostenuto il governo passato.
Evidentemente c’è una causa comune. A me pare che il punto di rottura sia l’aver ceduto alla formazione “dall’alto” (neologismo per dire presidenzialismo di fatto) del governo Draghi. Un governo non nato dalla necessità – il governo allora in carica non era stato sfiduciato – ma da un disegno politico di potenti forze economiche che pensavano e pensano di gestire i fondi europei per la ristrutturazione del sistema economico e produttivo italiano partendo dai loro interessi. E’ stato questo blocco economico-finanziario-mediatico che ha rovesciato il quadro politico e aperto una fase politica regressiva.
La pessima salute della democrazia
Il crescente malessere sociale e l’incertezza sanitaria, il cedimento politico dei partiti di sinistra, gli attacchi violenti di Renzi e di certa stampa, l’investitura dall’alto del nuovo governo, la riduzione della funzione del Parlamento, indicano che la democrazia italiana ha una pessima salute. Per di più, si non messe a cantare le sirene del presidenzialismo, anche nel centro sinistra, per indicare la via d’uscita dalla crisi democratica. Tale sbocco porterebbe ad una ulteriore restrizione del ruolo dei partiti e del Parlamento che sono istituzioni fondamentali della sovranità popolare che verrà consegnata, in modo plebiscitario con legge maggioritaria e indicazione di premier, al salvatore di turno.
I partiti che oggi stanno discutendo di loro stessi, dovrebbero avere coscienza che attraverso la loro capacità di rinnovarsi passa la difesa della democrazia italiana da questo processo regressivo. La discussione e l’approdo a cui arriveranno saranno decisive per loro e per il paese. E il tempo a disposizione non è tanto, ma ancora c’è.
Col governo Draghi, sembra avviata una fase di “innovazione conservatrice” (rivoluzione passiva) che sfrutta la paralisi delle forze politiche del lavoro e popolari; fase che sarà consolidata, a breve, dalla vittoria elettorale delle destre che in queste condizioni appare molto probabile: il quadro politico offre loro (al governo e all’opposizione) un grande spazio politico e di consenso.
Ora non mi permetto di dare consigli ai piddini e ai pentastellati, né a LeU e agli altri partiti di sinistra, segnalo loro solo l’esigenza strutturale della democrazia italiana di avere partiti di sinistra per non cadere verso una fisionomia sempre più autoritaria e antisociale. Non so chi di loro vorrà/avrà il coraggio di candidarsi a partito di sinistra con i caratteri di massa e rappresentante del mondo del lavoro, dell’ecologismo e delle donne.
Uguaglianza e tutele della natura
È vero che i partiti non s’improvvisano: c’è sempre bisogno di una necessità generale d’epoca e di fase politica. Ora, è da tempo, che in Italia e in Europa c’è l’esigenza di avere partiti che abbiano un’idea di società incardinata sui valori dell’eguaglianza e della tutela della natura, perché questo è da tempo il crocevia della storia dell’umanità per garantire il lavoro, i diritti civili e sociali, la partecipazione e la responsabilità di specie verso i poveri e verso le specie non umane.
È da qui che passano il presente e il futuro. Le donne, i giovani, i lavoratori i disoccupati e i ceti medi sono direttamente interessati ad un modello sociale che saldi l’innovazione tecnologica con la crescita del lavoro e questa alla qualità ambientale. C’è bisogno di nuovi partiti espressione dei valori socialisti dell’uguaglianza, della libertà e della democrazia e, nel contempo, portatori dei valori ecologisti della tutela dell’ambiente e delle specie, della pace e della solidarietà intergenerazionale. Anche le parole di papa Francesco ne segnalano l’urgenza.
Il Recovery Plan sarà il banco di prova per valutare la bontà dei provvedimenti e la direzione verso cui si sta andando. Come si arriverà alle scelte? Le prenderanno solamente i tecnici al governo o saranno il frutto della dialettica democratica sulla base di concreti rapporti di forza nel paese, di lotte sociali e culturali progressive e dall’iniziativa politica?
I sindacati, le forze sociali e i partiti progressisti, che sono i soggetti principali, sono disposti a una lotta sociale e politica su valori, programmi e bisogni collettivi sociali ed ambientalisti? Gli attuali partiti in crisi sono disposti a ragionare di queste cose per innovarsi e sradicare vecchie visoni, lobby e opportunismi?
Sarebbe grave se discutessero solo di sé stessi, della divisione del potere interno rinchiusi e separati da ciò che urge al paese, ai lavoratori e alle popolazioni. L’obiettivo politico più urgente, per chi sta all’opposizione e chi in maggioranza, è affrontare la sfida per indirizzare le scelte del governo verso soluzioni adeguate ai drammatici bisogni dell’oggi. Sapendo che occorre unire le forze del lavoro e quelle popolari per un nuovo governo progressista. Sarebbe una vera novità che i partiti che hanno sostenuto il governo Conte, si aprano e trovino la via dell’unità: tra loro e con i sindacati, la piccola e media impresa, le associazioni del territorio, i movimenti femminili ed ecologisti.
E insieme discutano e decidano programmi e lotte anche per “dissipare questa oscura e grave nuvolaglia di pessimismo” che è il pericolo più grande che potrebbe spostare a destra gran parte delle forze popolari.
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