Signor sottosegretario, ma che c’entrano le pistole con la scuola?
Dal capace canestro del governo Meloni spunta un’altra ideona, destinata ad accontentare tifosi e sostenitori mentre l’esecutivo si affanna a celebrare i suoi primi cento giorni senza risultati interessanti da spendere nella comunicazione. Di cosa ha bisogno la nostra scuola? Di computer, diranno alcuni. Di classi meno affollate, diranno altri; di caloriferi che funzionino, visto che a Palermo una bimba è stata ricoverata in stato di ipotermia; di sistemi di areazione che allontanino il Covid, senza costringere insegnanti e alunni a tenere le finestre aperte anche d’inverno, di docenti meglio pagati e motivati. Niente di tutto ciò. Alla nostra scuola manca il tiro a segno. No, non ci siamo capiti: non quello per le freccette, quello per le pistole.
Sono le armi da fuoco il tassello educativo che può completare la crescita di figli e nipoti, magari trasformandoli in stirpe guerriera di evoliana memoria. A quando il maschio salto nel cerchio di fuoco? Anziché portarli in musei, gallerie d’arte, concerti, facciamo trascorrere ai ragazzi qualche ora al poligono di tiro, che provino l’ebbrezza di stringere un’arma tra le mani. E allora sparagli bimbo, sparagli ora e dopo un colpo sparane ancora. La trovata sarebbe di Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, laurea in economia e commercio, un debole, a quanto sembra, per la polvere da sparo. Fazzolari ha subito smentito la notizia uscita ieri sulla Stampa: il suo colloquio con il generale Franco Ricci, consigliere militare della presidente del Consiglio, avvenuto a margine di un’iniziativa pubblica, è stato frainteso (e ti pareva?). Riguardava tutt’altro argomento. Insomma si sarebbero confuse le rane con il pane, magari il “tirassegno” col “prossimo impegno”. Ma Massimo Giannini, direttore del quotidiano torinese conferma anche le virgole del cronista Ilario Lombardo: “Articolo inattaccabile e di fonte assolutamente sicura”. Persino Matteo Salvini, vicepresidente del consiglio, non sembra attribuire rilevanza alla retromarcia del sottosegretario: “Non mi sembra illuminata come idea quella di sparare nelle scuole”.
Fazzolari ora nega, ma è noto che nel suo vocabolario le parole “armi”, “munizioni”, “calibro”, e persino “tiro a segno”, ricorrono di frequente. Suo l’emendamento che l’anno scorso ha portato all’abolizione dell’“illogico divieto” ai civili e agli sportivi di usare munizionamento da guerra (parabellum) calibro “9×19”, accolto con grande soddisfazione dalle associazioni di settore – allarme siam lobbisti. Nessun pericolo di farwest dalla liberalizzazione di questo tipo di pallottole, spiegò il sottosegretario, tra i più stretti collaboratori di Giorgia Meloni, che lo ha definito “l’uomo più intelligente che io conosca”. Chi frequenta un tiro a segno, aggiunse Fazzolari, sa di non poter sgarrare, potrebbe perdere la licenza. Poi la sfortuna ci ha messo lo zampino. A dicembre, un tizio a Roma ha fatto strage (4 morti) in un’assemblea di condominio. Era appena uscito da un poligono, senza restituire la “Glock 45” che gli era stata data per allenarsi.

Sembra che uomini e donne di questo governo vivano a grande distanza dalla realtà. Il guardasigilli Nordio se la prende con le intercettazioni proprio nel momento in cui i magistrati spiegano che, senza di esse, il boss mafioso Matteo Messina Denaro sarebbe ancora latitante. Ad Alatri, sembra durante uno scontro tra gang, un giovane – in realtà, poco più di un ragazzo – resta ucciso da un proiettile vagante, e Fazzolari ora propone di insegnare nelle scuole come prendere bene la mira.
Vengono riciclate grandi quantità di denaro sporco nel nostro Paese e persino Meloni si espone, alzando a cinquemila euro la soglia del denaro contante che è possibile usare nelle transazioni. Si parla di Alfredo Cospito e 41 bis? Il mazziere Giovanni Donzelli bastona il Pd, “colpevole” di una visita in carcere all’anarco-insurrezionalista: fraternizza con mafiosi e terroristi, argomenta il portavoce meloniano; non prima di essersi abbeverato alle fonti riservate messegli a disposizione dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e averle diffuse praticamente in diretta Tv.
Ci sono più cose in cielo e in terra di quante la truce filosofia di questo esecutivo possa contenere. In fase pre-elettorale, anche la parafrasi scespiriana potrebbe non essere appropriata. Spararle grosse è una necessità. Tra un incontro in Europa e una scivolata sulle accise, gruppi di pressione e sostenitori della prima ora non possono essere trascurati. Il bisogno di una guida forte e possibilmente corrucciata (l’elmetto per ora può attendere) va in qualche modo soddisfatto. Perché i problemi incalzano, le paure aumentano, ma l’esecutivo Meloni è fermo lì, virilmente irrigidito all’incrocio tra largo Donzelli, viale Delmastro e vicolo Fazzolari.
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