Sì, un ebreo
può avere paura
Prima di incontrare Sam Finkler, Treslove non aveva mai conosciuto un ebreo. Non che lui sapesse almeno. Pensava che un ebreo dovesse essere proprio come la parola “ebreo” – piccolo, scuro e dalle sopracciglia sporgenti. Un individuo riservato. Ma Finkler aveva i capelli quasi arancioni e non stava dentro i vestiti. Aveva fattezze esorbitanti, una mascella prominente, braccia lunghe e piedi enormi. Per sovrappiù – e tutto in Finkler tendeva all’eccesso – era così protervo da apparire più alto di quanto in realtà non fosse, ed emetteva sentenze su persone ed eventi con tale sicurezza che pareva quasi sputarle, letteralmente. Se gli ebrei erano tutti così, pensava Treslove, allora finkler era un nome più adatto a loro. Ed era così che li chiamava in segreto – i finkler. Gli sarebbe piaciuto dirlo al suo amico. Quel nome lavava via ogni stigma. Nel momento in cui si parlava, tanto per dire, della “questione dei finkler”, o del “complotto finkleriano”, ogni tossina veniva espulsa. Però non era mai riuscito a trovare il modo giusto di spiegarglielo.
***
In ogni modo stavano sempre a metter bocca dappertutto, questi finkler – anche Libor – laddove i non finkler esitavano a farsi avanti. Quella sera, ad esempio, quando non avevano ascoltato musica, si erano messi a discutere del Medio Oriente, e Treslove se n’era rimasto zitto perché credeva di non avere diritto a un’opinione su un argomento che non lo riguardava, o perlomeno non tanto quanto Sam e Libor. A scuola Finkler era stato un fervente sionista, al punto che quando era scoppiata la Guerra dei sei giorni aveva cercato di arruolarsi nell’aviazione israeliana, anche se all’epoca aveva appena sette anni.
“Ti ricordi male” lo corresse Finkler quando Treslove glielo rammentò. “Era l’aviazione palestinese quella in cui cercai d’arruolarmi”.
“I palestinesi non hanno un’aviazione” replicò Treslove.
“Appunto” concluse Finkler.
La posizione di Libor sul suo Israele con tre R e senza E – Isrrrael – era quella che Treslove aveva sentito definire come posizione “scialuppa di salvataggio”. “No, non ci sono mai andato e non penso affatto di andarci” diceva “ma persino alla mia età potrebbe non essere troppo lontano il tempo in cui non avrò più altro luogo dove andare. Questo insegna la storia”.
Finkler vietava categoricamente a se stesso l’uso della parola “Israele”. Non c’era nessun Israele, c’era la Palestina e basta. Gli israeliani, però, dovevano esserci, per distinguere i carnefici dalle vittime, Ma mentre Libor pronunciava Israele come una formula sacra, quasi fosse la tosse di Dio, Finkler inseriva una I da mal di mare tra la prima A e la E successiva – israieliani – come se la parola indicasse una delle malattie per le quali suo padre prescriveva le sue famose pastiglie.
***
Finkler sorrise alla stanza. “A ogni modo” disse “ecco che esci da casa di Libor, sobrio come non mai, quando questa delinquentella, scambiandoti per me, ti segue per diverse centinaia di metri fino a punto dove c’è più luce – il che non ha senso – e te le suona. Mi spiegheresti di preciso cosa c’è in questo incidente che possa associare lei a me? O me a te? Non siamo esattamente due gocce d’acqua…”.
“Senti” disse Treslove “il problema è quello che ha detto”.
“Cosa ha detto?”.
Finkler spalancò le braccia alla maniera dei finkler. Una pazienza infinita che cominciava ad esaurirsi, ecco cosa denotava il suo gesto. Quando lo faceva, il suo amico gli ricordava Dio. Dio che disperava del Suo popolo dalla vetta di una montagna. Treslove era invidioso. Era questo che Dio aveva dato ai finkler in segno del Suo patto con loro – la capacità di stringersi nelle spalle come Lui.
“O almeno cosa io credo abbia detto”.
“Cosa ha detto o cosa credi abbia detto – sputa il rospo”.
E lui lo sputò. “‘Tu giudeo’. Ha detto ‘Tu giudeo’”.
***
Qualunque spiegazione si potesse trovare per le azioni di Treslove, quale possibile spiegazione si poteva mai trovare per quelle di lei? Forse che un uomo non era più libero di fare il finkler quando gli andava? Mettiamo pure il caso che il suo aspetto avesse fatto pensare a un Horowitz, a un Mahler, o a uno Shylock, diciamo, o a un Fagin, a Billy Crystal, David Duchovny, Kevin Kline, Jeff Goldblum, Woody Allen, o al fottuto Groucho Marx, beh, era forse una buona ragione perché venisse malmenato?
Essere un finkler era un aperto invito alla violenza? Finora aveva considerato la cosa su un piano strettamente personale – difficile non farlo quando qualcuno ti vuota le tasche – ma se invece si fosse trattato di un occasionale atto di violenza antisemita? Ne avvenivano altri di questi incidenti? Quanti? Quanti veri finkler venivano aggrediti ogni notte per le strade della capitale? A due passi dalla BBC, per amor di Dio! Si domandò a chi potesse chiederlo. Finkler non era la persona adatta. E non voleva spaventare Libor domandandogli quanti ebrei venissero pestati di solito, la sera, fuori la porta di casa sua. Aspettandosi di trovare al più qualche episodio accaduto a Chelmno nel tredicesimo secolo, cercò “incidenti antisemiti” su internet e fu sorpreso di trovare più di un centinaio di pagine. Un sito ben curato forniva la possibilità di fare una ricerca per paese. Cominciò da molto lontano…
Venezuela:
E lesse che a Caracas un gruppo di una quindicina di uomini armati aveva immobilizzato un agente di sorveglianza e fatto irruzione con la forza in una sinagoga, imbrattando gli uffici amministrativi con scritte antisemite e rovesciando a terra i rotoli della Torah in preda a una furia durata cinque ore. Tra le scritte lasciate sul posto figuravano le frasi “Maledetti ebrei”, “Fuori gli ebrei” e “Israele assassina”, oltre all’immagine di un diavolo.
Quest’ultimo dettaglio lo intrigò. Significava che quei quindici uomini non erano semplicemente usciti a far baldoria per poi decidere, una volta capitati davanti a una sinagoga, di fare irruzione solo per capriccio. Chi mai va a fare baldoria con l’immagine di un diavolo in tasca?
Argentina:
E lesse che a Buenos Aires una folla di persone che celebravano la nascita di Israele era stata aggredita da una banda di giovani armati di mazze e coltelli. Tre settimane prima, nella Giornata della Shoah, un antico cimitero ebraico era stato imbrattato di svastiche.
Canada:
Canada? Sì, Canada.
E lesse che nel corso della Settimana contro l’apartheid israeliano, che si teneva in Canada una volta l’anno, durante le manifestazioni organizzate nelle università di tutto il paese, gli ufficiali di sicurezza avevano picchiato i disturbatori ebrei, e uno aveva persino detto a uno studente ebreo: “Chiudi quella cazzo di boccaccia o ti sego la testa”.
Chissà se era un deterrente tipicamente canadese, si chiese Treslove, segare la testa agli ebrei.
Poi provò ad avvicinarsi a casa.
Francia:
E lesse che a Fontenay-sous-Bois un uomo che portava una collana con la stella di Davide era stato pugnalato alla testa e al collo.
A Nizza era stata rinvenuta la scritta “Morte ai giudei” sui muri di una scuola elementare. Dunque morte ai giudei di tutte le età.
A Bischeim tre molotov erano state lanciate su una sinagoga.
A Créteil, due ebrei sedicenni erano stati picchiati davanti a un ristorante kasher da una banda che urlava: “La Palestina vincerà, sporchi ebrei!”.
Germania:
Cosa, in quella Germania del cazzo ci riprovavano ancora? E non volle nemmeno leggere cosa facevano in quella Germania del cazzo.
Inghilterra:
Inghilterra, la sua Inghilterra. E lesse che a Manchester un ebreo di trentun anni era stato picchiato, riportando un occhio nero e parecchie contusioni, da diversi uomini che lo avevano assalito gridando: “Per Gaza”.
A Birmingham, una dodicenne era sfuggita a una combriccola di ragazzini non più grandi di lei che l’avevano inseguita al grido ripetuto di “Morte agli ebrei”.
E a Londra, proprio a due passi dalla BBC, un gentile* di quarantanove anni, dagli occhi azzurri e i tratti regolari, era stato derubato dei suoi beni e chiamato giudeo.
Dopo di che fece comunque un colpo di telefono a Finkler, per dirgli che era stato bello vederlo e, a proposito, sapeva che a Caracas e Buenos Aires e Toronto – sì, Toronto! – e Fontenay-sous-Bois e Londra, ma a quel punto Finkler lo interruppe…
“Non dico che siano belle notizie” disse “ma non è esattamente la Kristallnacht **, non ti pare?”.
Un’ora più tardi, dopo averci riflettuto, Treslove lo chiamò di nuovo. “La
Kristallnacht non è mica successa così, da un giorno all’altro” disse, anche se aveva solo una vaga idea delle cause della Kristallnacht.
“Chiama quando un ebreo sarà assassinato a Oxford Street semplicemente perché è un ebreo” disse Finkler.
(Howard Jacobson, L’enigma di Finkler, 2010)
* Non ebreo, pagano. Qui usato in tono ironico.
** Notte dei cristalli. Pogrom antiebraico attizzato da Joseph Goebbels, tra le tante altre pessime cose ministro della Propaganda del Terzo Reich. Nella notte tra il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia le squadracce naziste distrussero sinagoghe, negozi e abitazioni dei cittadini ebrei.
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