Sempre più bimbi
in povertà, l’Italia rinuncia al futuro
Esistono un ”tempo nuovo” in cui si guarda al futuro e si lotta per esso; un “tempo perduto” a rincorrere occasioni e progetti a cui la politica si è mostrata sorda; un “tempo ritrovato” grazie all’apporto di movimenti, associazionismo e luoghi del sapere.
Il tempo dei bambini
Queste tre dimensioni appartengono a “Il tempo dei bambini”. Esse sono anche le scansioni con cui Save the Children ha deciso di ripartire il prezioso materiale che compone l’Atlante dell’Infanzia a rischio, edizione 2019, curato da Giulio Cederna e presentato il 21 ottobre, in contemporanea, in dieci città italiane.
Un lavoro meritorio anche perché – come ricordava il Presidente di Save the Children, Claudio Tesauro, nella presentazione romana dell’Atlante – “ancora oggi non sappiamo quanto si spende per l’infanzia. Per avere un quadro attendibile bisogna andare a caccia di dati regionali, comunali”.
Insomma, un vero e proprio rompicapo in un paese che si connota per le sue marcate differenze regionali, dove il Sud detiene molti primati negativi. Tuttavia la povertà dell’infanzia non riguarda solo il Mezzogiorno ma è presente in tutto il territorio, sia pure in modi diversi.
Il silenzio della politica
La povertà assoluta e relativa dell’infanzia è forse il dato che meglio e con più drammaticità riassume la crisi del nostro paese e il silenzio assordante della politica.
Negli ultimi dieci anni il numero dei minori che vive in povertà assoluta è più che triplicato, passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Oggi sono oltre 1,2 milioni. Un record negativo che ha visto un netto peggioramento negli anni più duri della crisi economica, tra il 2011 e il 2014, ma che non accenna a invertire la rotta.
La povertà economica è spesso correlata alla povertà educativa, due fenomeni che si alimentano reciprocamente, si trasmettono di generazione in generazione cancellando la possibilità di un futuro migliore in un paese che ha uno dei più bassi tassi di natalità del mondo.
Povertà economica e povertà educativa
Né la povertà educativa si traduce necessariamente solo in dispersione scolastica, dato per fortuna in diminuzione anche se nell’ultimo anno ha mostrato preoccupanti segni di controtendenza.
Essa riguarda anche la capacità o la possibilità di apprendere davvero, di avere luoghi e occasioni di fruizione della “cultura”: un libro, una biblioteca di pubblica lettura, una mostra, una palestra. Nel nostro paese 1 giovane su 7 ha abbandonato precocemente gli studi, quasi la metà dei bambini e adolescenti non ha letto un libro extrascolastico in un anno e circa 1 su 5 non fa sport.
Si tratta di medie: le differenze territoriali, sociali, tra aree urbane e periferiche, tra italiani e stranieri sono drammatiche per l’esercito dei “disconnessi” dalle reti educative (ma iperconnessi nella grande Rete web). Né – come ha ricordato Giulio Cederna – va dimenticato il grande capitolo del cambiamento climatico di cui le giovanissime generazioni sono insieme vittime e possibili leve di cambiamento.
Sono loro la speranza in un mondo che si avvia, per mano dell’uomo, alla sua disgregazione.
Illuminiamo il futuro
Il che fare è una delle questioni prioritarie. Valerio Neri, Direttore generale di Save the Children, ha ricordato come studio e azione siano aspetti strettamente intrecciati per l’organizzazione che ha fatto della campagna contro povertà educativa ,“Illuminiamo il futuro”, uno dei suoi punti di forza.
Quest’anno l’attenzione è concentrata sul recupero di spazi e vecchi strutture anche scolastiche in disuso da restituire ai bambini e agli adolescenti. C’è una petizione, per chi voglia sottoscriverla: http://www.illuminiamoilfuturo.it e sui social l’hashtag #italiavietatAiminori.
L’Italia che si immagina l’Atlante? Più diritti per tutti (a partire dall’infanzia), più verità e contenuti per la parola “nazione” che sta naufragando sotto particolarismi e localismi esasperati.
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