Se un sondaggio svela l’ignoranza delle regole e il declino della politica

“I termini di oppressori e di oppressi, la nozione di classe, tutto ciò sta perdendo ogni significato, tanto sono evidenti l’impotenza e l’angoscia di tutti gli uomini dinanzi alla macchina sociale, diventata una macchina per fabbricare incoscienza, stupidità, corruzione, ignavia e soprattutto vertigine”. Partiamo da lontano, da Simone Weil, che scrisse il libro (“Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”), da cui sono tratte queste righe, nel 1934, nell’esperienza del fascismo ormai insediato in Italia e del nazismo, appena salito al potere in Germania, pochi anni prima che la catastrofe della guerra travolgesse tutti.

Fascismo e nazismo ce li siamo lasciati alle spalle, anche se a volte provano a risorgere. Restano vive, novant’anni dopo, le considerazioni di una grande intellettuale, cristiana, marxista assai originale, vicina agli ideali anarchici, che insegnante andò a lavorare in fabbrica per conoscere la condizione operaia, morta a trentaquattro anni nel 1943. Resta vivo il suo ritratto di una comunità che non è più tale, divisa, egoista, incapace di comprendere se stessa e le proprie responsabilità.

Quattro domande per “leggere” il Paese

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Partiamo da lontano per dire qualcosa a proposito di un sondaggio di Alessandra Ghisleri che la Stampa pubblicava ieri, sondaggio dedicato alle reazioni degli italiani al “caso” Donzelli, caso che discende ovviamente per vari rivoli: l’insulto ai parlamentari del Pd, la rivelazione di documenti “non divulgabili”, il significato e la necessità o meno del 41 bis, lo sciopero della fame di Cospito, la risposta del capo del governo, eccetera eccetera.

Ghisleri restringe il campo e pone quattro domande: chi dovrebbe dimettersi, c’è stata violazione di carte “sensibili”, che cosa si ritiene più grave in questa vicenda (l’incontro con Cospito, l’utilizzo di quelle notizie, le ingiurie di Donzelli), come si considera il 41 bis.

Si leggono le percentuali, forse rivelano poco che già non si conosca, ma alcuni numeri nella loro essenzialità destano comunque impressione, stupiscono, mortificano… Ad esempio succede che il 42 per cento degli interrogati risponda che la pagina più brutta della vicenda consista proprio nella visita in carcere di Serracchiani e degli altri (con il record del 74 per cento tra quelli di Fratelli d’Italia) e che il 27 per cento ritenga che a dimettersi dovrebbero essere proprio i parlamentari del Pd che hanno incontrato l’anarchico in sciopero della fame. Mette paura, sgomenta l’insensibilità fino alla negazione di un diritto e di un dovere che ogni parlamentare dovrebbe esercitare e che molti parlamentari esercitano, con Cospito e in moltissimi altri casi prima di Cospito.

La cristiana che ignora le parole di Gesù Cristo

Eppure in un paese di cattolici un insegnamento dovrebbe sopravvivere: “Ero carcerato e siete venuti a visitarmi”. Sono parole di Gesù Cristo, che un capo del governo che si definisce cristiana oltre che donna e italiana, dovrebbe apprezzare. Ma evidentemente non fanno breccia nel suo cuore e nei cuori di molti.

Foto di Dean Moriarty da Pixabay

Siamo la patria di Beccaria, che ha ispirato Dostoevskij ma che non è riuscito a convincere i connazionali. Cito appena, sulla scia di Giulio Cesare Beccaria, Mario Gozzini, dimenticato o addirittura contestato per via della sua legge (siamo nel 1986), che prevede benefici di pena per i detenuti che intraprendano la strada della riabilitazione e del reinserimento nella società civile. Non sarà il caso dei mafiosi, potrebbe essere anche il loro, ma ad ogni essere umano dovrebbe essere risparmiata la tortura: la disumanità della pena dovrebbe essere di altri tempi o di altri, purtroppo, paesi e in Italia non esiste la condanna a morte e la punizione non dovrebbe diventare uno spettacolo (lo era prima della rivoluzione francese e poi, durante il fascismo, quando i partigiani venivano lasciati  impiccati in strada).

Le percentuali distinguono gli intervistati per partiti e qui si scopre che la metà degli appartenenti a Fratelli d’Italia chiederebbe le dimissioni dei parlamentari Pd. “Solo” la metà: ottimisticamente lo si potrebbe leggere come un buon segno e come la prova di divergenze all’interno: Fratelli d’Italia non è un blocco monolitico. In compenso solo la metà di coloro che si riferiscono al Pd pretenderebbe le dimissioni di Donzelli e Delmastro: evidentemente l’infrazione di norme di comportamento politico, l’infamia della accusa di connivenza con la mafia rivolta al Pd, la negazione di responsabilità istituzionali non li riguardano.

Il silenzio e l’ambiguità di Nordio

Grande incertezza circa il possibile peso delle rivelazioni e quindi circa la gravità della violazione: il trenta per cento risponde che sì, è grave, il trenta no, il trenta non so. Ma qui è tutta colpa del ministro Nordio, rattrappito nel silenzio e poi nella ambiguità della rappresentazione.

Zerocalcare, da “La Voragine”

Infine tocca al famoso 41 bis diventare oggetto d’indagine… E’ una legge giusta dice il 40 per cento (dal 56 per cento di Forza Italia al 53 di Fratelli d’Italia al 42 del Pd), è da inasprire dice il 28 per cento (media rispettata da FI, FdI, Lega, Pd al 16 per cento, con il 75 per cento di Noi Moderati, per paradosso i più duri della compagnia). Ci sono anche dieci “sondati” su cento che chiedono di abolirla.

Si potrebbe tornare da capo, a Simone Weil: “incoscienza, stupidità, corruzione, ignavia e soprattutto vertigine”. Pochi sanno che cosa sia il 41 bis o lo hanno malamente appreso dalla televisione o da internet, pochi sanno che persino il presidente onorario della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, ne ha chiesto la riforma, che persino il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, lo ritiene superato nella formulazione di trent’anni fa, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino. Pochissimi conoscono le modalità di applicazione del 41 bis e quindi come sia inevitabile per un detenuto come Cospito incontrare mafiosi: la frequentazione durante l’unica ora d’aria è pressoché obbligata dentro pochi metri quadri di un cortile.

Mambro e Fioravanti in libertà

Pochi ancora hanno compreso la volgarità e la violenza delle grida di Donzelli, fondate sulla falsificazione, manganellate di antica memoria che molta stampa e molta tv si sono preoccupate di ridurre a lecite manifestazioni di controversie politiche. Pochi saranno in grado di pronunciare il nome dei militanti di sinistra caduti vittime della mafia, da Salvatore Carnevale a Pio La Torre.  Pochi ricorderanno (lo ha ricordato anche a noi ieri Onide Donati su queste pagine, qui il link) che  Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, fascisti assassini di poliziotti, carabinieri, magistrati, autori della strage alla stazione di Bologna (85 morti) sono liberi.

I sondaggi non fotografano il mondo, anche il nostro piccolo mondo, la “nazione”. Suggeriscono impressioni: quanto poco gli italiani sanno dell’Italia, quanto oscura sia diventata ai più la sua storia, quanto siano difficili il dialogo, il confronto, la discussione. Quanto infine profondo sia il declino della politica, volta in propaganda, in retorica populista, nella suggestione del potere, nelle urla di chi trae licenza dalla assoluzione preventiva o addirittura dal consenso di chi, il capo del governo, per prima dovrebbe rispettare le istituzioni e pure i suoi competitori.