Sos Rosarno per un’altra agricoltura
Il Presidente del consiglio Conte non sarà forse insensibile all’omicidio di Soumaila Sacko, il sindacalista Usb ucciso a fucilate a San Fernando, vicino Rosarno. Ma il suo ministro del lavoro e quello dell’interno sì. Salvini anzi si affretterà a portare la sua solidarietà a Como, agli autisti aggrediti da un richiedente asilo, Rosarno e i dannati dei San Ferdinando possono attendere. Mica votano.
Nella tendopoli dei braccianti ci andrà invece oggi il presidente della Camera Fico: “Le istituzioni non possono esimersi dall’andare dove ci sono le situazioni più critiche, dove i più deboli sono costretti in condizioni di vita e di lavoro problematiche. Come accade proprio nella piana di Gioia Tauro dove migliaia di braccianti agricoli lavorano in condizioni di sfruttamento e il fenomeno del caporalato è diffuso. Solo andando in prima persona a vedere e ascoltare da vicino, si possono comprendere davvero le situazioni, per poi cercare le soluzioni”. L’ex presidente Gentiloni ha notato che il governo “non si accorge della gravità dell’omicidio di Sacko a San Ferdinando. Era un uomo che si batteva per i diritti, era uno di noi. Dobbiamo dirlo a grande voce”. La voce è ancora flebile, invece; anche se c’è un fermato per l’omicidio e la sparatoria, grazie alla testimonianza dei feriti. E’ un nipote del proprietario dell’ex fabbrica impestata di rifiuti tossici. Che nega ogni responsabilità.
Resta il rischio che la vicenda del bracciante-sindacalista cada nel dimenticatoio. Per evitarlo sabato a Milano un corteo partecipato ha ricordato Soumaila, insieme con Jerry Maslo, ucciso per punizione, Auro Bruno morto nell’incendio di un centro sociale, il giovane Abba ucciso a sprangate, i venditori ambulanti senegalesi a Firenze: “Hanno ammazzato ancora, uno sparo contro un nero. Vorrebbero che ci abituassimo a questo macabro tiro a segno che fa da sfondo alla retorica razzista. Le ingiustizie che si attorcigliano assieme nella storia di Soumaila Sacko e nella storia della Piana di Gioia Tauro. Una terra i cui abitanti subiscono da tempo immemore l’infamia delle ‘ndrine e la fatica di coltivare la terra come braccianti sfruttati. Una terra in cui il colore della pelle è diventato un elemento della gerarchia del lavoro e dove i braccianti africani hanno combattuto contro il caporalato”.
A guardare questa vicenda da un’ottica particolare è Peppe Pugliese, uno dei fondatori di Sos Rosarno. Nata sull’onda della rivolta di Rosarno del 2010 (altre fucilate contro i braccianti africani, fortunatamente senza morti ma con molti feriti), Sos Rosarno è un’esperienza consolidata. Attraverso la rete dei gruppi di acquisto solidale e le botteghe etiche distribuisce i prodotti della terra rigorosamente biologici, lavorati e raccolti da persone con contratto. Per questo Pugliese può guardare la situazione nella piana di Goia Tauro dal punto di vista dei produttori.

“La causa delle cause – dice – è che il piccolo agricoltore ha un problema: a quanto può vendere il prodotto. Chi determina il prezzo della frutta? Le grosse centrali di acquisto, la grande distribuzione. Vorrei che sui banchi dei supermercati, accanto il prezzo ci fosse anche il prezzo pagato agli agricoltori. Le clementine bio igp di Calabria costano 2,50 al chilo o più, si deve sapere che al produttore sono state pagate 29-35 centesimi al chilo. E non mi si dica che il costo è aumentato dall’intermediazione, se vendo un prodotto sono responsabile di tutta la filiera. Insomma, i piccoli produttori vanno sostenuti, la concorrenza dev’essere pulita”.
Sos Rosarno vende a un prezzo “normale” frutta di buona qualità, etica e biologica, saltando appunto l’intermediazione. E’ pensabile che questo sia un modello espansibile? “Certamente sì. Noi abbiamo scoperto l’acqua calda. Sos Rosarno, che è nato dentro l’ex Snia di Roma, è partito dall’analisi della filiera. Siamo andati dai produttori più disponibili, persone oneste che esistevano già prima di noi, pronte a garantire ai lavoratori contratti sindacali, e contributi. I nostri prezzi sono trasparenti: il giusto ritorno al produttore, il magazzino, la lavorazione, il trasporto. A cui aggiungiamo 5 centesimi per chilo venduto, che vanno in un fondo di solidarietà rivolto ai lavoratori africani di Rosarno, poi anche il Rojava, poi anche in un ospedale in Siria. Due mesi fa avevano incendiato uno spazio sociale a Casoria, gli abbiamo regalato un bancale di arance perché si autofinanziassero. Tre collettivi del trentino hanno costruito una struttura in legno e poi l’hanno portata a Rosarno per farne una scuola e un centro sociale dentro il campo. Abbiamo finanziato il trasporto e l’acquisto di libri. Sosteniamo Ri-Maflow, la fabbrica milanese autogestita, con cui abbiamo avviato Fuorimercato. Piccole cose, piccoli finanziamenti, non siamo mica la Coop”.

Però Sos Rosarno fa la differenza. Coinvolge sempre più produttori, sempre più aziende dell’indotto, da chi fa cassette di cartone a chi lavora olive, kiwi, salumi e formaggi, creme e erboristeria biologica. Fattura 200.000 euro l’anno, tratta 220 tonnellate di agrumi. E non si ferma: “Da poco abbiamo fatto una cooperativa di bianchi e neri. Invece di essere un lavoratore assunto, il bracciante è diventato socio, datore di lavoro di se stesso. E’ faticoso e difficile, abbiamo rischiato ma intanto ce l’abbiamo fatta. Abbiamo affittato anche un terreno di 5 ettari, vogliamo diversificare, produrre ortaggi e grano a chilometro zero. A Gioia Tauro si fanno solo agrumi, clementine soprattutto, olio e olive. La monocoltura, favorita dalla grande distribuzione, è un problema. Ma la terra di Calabria è ricca. Possiamo piantare quello che vogliamo”.
Nella tendopoli di San Ferdiando Pugliese è di casa. Gli chiedo: ma se invece che essere un sindacalista dellUsb, Soumayla fosse stato della Cgil, la mobilitazione non sarebbe stata più forte? “Sicuramente la Cgil è un sindacato più forte dell’Usb – dice – per quel che ne so fanno cose diverse. L’Usb ha uno sportello dentro la tendopoli, curato da Majid. Quando sono andato perché c’erano stati problemi, l’Usb c’era sempre, non credo di aver mai visto qualcuno della Cgil”.
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