Se la famiglia
si tinge di nero

Quando l’esigenza spirituale che spinge la donna a lavorare come il suo uomo, a fare anzi più di lui poiché moltiplica spesso le sue energie fra la casa, l’impiego, l’officina o i campi, a correre mentre lui riposa, per arrivare a tutto, sarà appagata dal riconoscimento esplicito e concreto da parte della società che la sua missione di madre è anche lavoro e sacrificio, non soltanto poesia e luce. Quando la maternità sarà considerata come il capolavoro della donna, non debolezza ma forza, non passività ma ricchezza individuale e sociale, ricchezza non di una famiglia ma di tutte le famiglie, cioè dello Stato. La donna resterà allora con gioia nella casa; non ci vorranno costrizioni, poiché è proprio questo il sogno dell’animo suo. E ne uscirà ancora liberamente, più serena e più preparata, per diffondere il sorriso della sua bontà in quelle opere di assistenza e di bene che il Fascismo le affida e la società non può attendere che da lei. 

È un fatto caratteristico che mentre il femminismo di ogni paese si agita per conquistare la parità dei diritti politici con l’uomo, per penetrare nella cittadella dello Stato, il movimento femminile italiano non ha perduto mai di vista la famiglia, sulla quale ha concentrato le sue aspirazioni. Il primo Congresso, tenuto nel 1908, ebbe per tema la Maternità e l’Educazione; quello del ’14 la Casa, il Lavoro e l’Assistenza; l’ultimo (1923) l’Educazione in famiglia. È anche notevole l’esclusione del divorzio da tutte le questioni trattate. Basterebbe confrontare tali temi  con quelli dei movimenti femminili di altre nazioni per vedere il carattere distintivo della donna italiana e della nostra civiltà basata sulla famiglia. Il femminismo italiano non ha fondato mai i suoi diritti su una ridicola parità della donna con l’uomo, quanto sulla importanza della missione di madre ed ha preteso in special modo che la donna venga adeguatamente preparata a tale missione. Aspirazione questa naturale e santa!

Se il mestiere più umile richiede una preparazione adeguata, quale preparazione dovrebbe avere una madre! Quante cose ella deve conoscere per sé, per la casa, per le sue creature. Quale ricchezza spirituale deve possedere il suo animo! E quale sciupio di energie, di danaro, di vite perfino, risparmierebbe spesso una tale preparazione. Invece di oziare nella casa, sognando il principe azzurro, invece di sfiorire la bellezza nel lavoro precoce, invece di intristire sui banchi della scuola, la fanciulla, la giovanetta dovrebbe consacrarsi alla sua missione di madre. “Quando una donna crede in Dio e fa tutto per non perderlo, non ha bisogno di stare a ragionare di come deve fare per essere una buona sposa ed una brava mamma:  è Iddio che le indica la via da seguire”. È una mamma di eroi che scrive così – Ida Delcroix* – ed ha ragione. Ma la famiglia di oggi non è quella di ieri. La fanciulla di ieri, quella che ha dato alla Patria la generazione della grande guerra, viveva molto nella casa, circondata come da un alone sacro di poesia e di mistero, dove tutto sembrava che parlasse di Dio. Viveva riconcentrata in se stessa, sul cuore della mamma e da quel cuore aveva tutto.

Attorno alla fanciulla di oggi questo alone il più delle volte manca. La sua vita è disperazione; si svolge per troppe ore lontano dalla casa che non è più quella di ieri, e anche lontano dal cuore della mamma. Il meccanicismo e la lotta dell’esistenza tolgono troppo presto alla fanciullezza l’incanto della sua ingenuità. I fanciulli divengono uomini e donne troppo presto; troppe cose e troppo serie si danno oggi alla loro fame di poesia e di semplicità. La fantasia si ammorza, mortificata, prima che la ragione possa guidare e sollevare lo spirito. Tante voci soffocano oggi quella voce di Dio che indica la via da seguire.

Bisogna ricostruire intorno alla fanciullezza, intorno alla bambina ed alla giovanetta in modo particolare, l’alone sacro della poesia e del mistero. Non c’è bisogno per questo di relegarla in casa, né di infrollirne lo spirito con vecchi e lacrimosi romanticismi. Anche in un campo sportivo o in una palestra può aleggiare tanto fascino di sogno e di femminilità, purché la fanciulla venga sempre trattata come fanciulla, purché il suo spirito si senta sempre circondato da quella reverentia che il poeta latino voleva summa verso la giovinezza e che non è altro se non un alone sacro di poesia e di mistero, creato dalla natura, a difesa dell’innocenza.

L’Italiano è per la famiglia. Nessun popolo ha mai sentito in maniera più profonda la poesia del focolare. La famiglia è tutto per noi; anche per l’uomo che mille forze spingono oggi lontano. Le rarissime eccezioni, dovute generalmente a pervertimento morale, non fanno che confermare la regola con la loro evidente e penosa anormalità.

(Domenico Aringoli, “La famiglia italiana attraverso i secoli”, 1938. In Piero Meldini, “Sposa e madre esemplare. Ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo”, 1975) 

*Ida Corbi Delcroix, madre di Carlo Delcroix, interventista e grande invalido di guerra, successivamente deputato del Partito Fascista.