Scuola libera e neo sovranismo
In un regime di libertà scolastica, non solo i contributi dello Stato dovranno ingigantire; ma gli istituti, liberi dalla pretesa di governi e parlamenti di tenere basse le tasse scolastiche, potranno fissarne l’ammontare, a seconda delle proprie esigenze. La necessità di fornire un insegnamento elevato li costringerà ad aumentare le tasse al di sopra delle risibili tariffe odierne, sebbene sempre e di gran lunga al di sotto del costo dell’insegnamento, dei laboratori, dei gabinetti, delle biblioteche, degli ospedali ed in generale dell’attrezzatura necessaria ad un insegnamento degno.
La scuola dovrà dai mezzi raccolti porsi in grado di concedere esenzioni e sussidi in denaro, in alloggi e in vitto agli studenti meritevoli e male provveduti di mezzi propri. Perciò essa chiederà molto allo Stato ed in regime di libertà. Chiederà molto e non concederà nulla, nel senso che essa non consentirà allo Stato di influire nella scelta degli insegnamenti, degli assistenti, degli assistiti di borse di studio. La mèta delle università, le quali seguiteranno per tradizione a dirsi di Stato, perché mantenute soprattutto grazie al concorso finanziario dello Stato, è quella che sinora è stata tenacemente difesa dalle università inglesi, da quelle tradizionali di Oxford e Cambridge alle ben più numerose, e crescenti di numero, provinciali: il parlamento fissa la somma complessiva che lo Stato destina all’insegnamento universitario; e della ripartizione della somma fra le università e fra i vari scopi che le università si propongono, dalla costruzione degli edifici all’acquisto dei macchinari, dalla determinazione degli onorari dei professori, dei lettori, degli assistenti, diversi da luogo a luogo e da persona a persona, alla dotazione delle biblioteche, sono arbitri un comitato elettivo di delegati delle università per quel che attiene al riparto fra di esse e i consigli accademici per la ripetizione interna.
Nonostante le querele della Camera dei Comuni, le università hanno tenuto fermo nel diniego di consentire ad un qualsiasi controllo della tesoreria (da noi si direbbe il ministero del Tesoro, con la sua Ragioneria generale dello Stato) e, s’intende, del ministero dell’Educazione, il quale non ha nessuna ingerenza nella gestione, sia scientifica come finanziaria, di corpi tenacemente gelosi della loro autonomia.
Se la libertà del credere (rapporti tra lo Stato e la Chiesa) e del pensare (ordinamento della scuola) attengono ai puri valori dello spirito, la libertà del vivere indipendenti da dominazioni straniere è parimenti un valore spirituale. Gli italiani vogliono essere sovrani in casa propria; ma sanno che non è possibile vivere isolati. Noi facciamo parte di una società di Stati sovrani, tutti legati gli uni agli altri in modo così stretto che se non ci associassimo ad altri, l’indipendenza e la libertà sarebbero morte.
Solo gli Stati colossi – e se ne conosco due soli, gli Stati Uniti e la Russia, ai quali domani potrà, ma non è ancora sicuro, diventar pari la Cina e più in là forse anche l’India – possono sfidare chi volesse assorbirli. Gli altri Stati, se non vogliono essere dominati dai colossi, debbono giocoforza allearsi; e presto le alleanze, sempre precarie e deboli, non basteranno e converrà federarsi in una unità superiore.
La scelta delle alleanze non è dubbia. Noi apparteniamo al tipo di civiltà occidentale, quello di cui fanno parte l’Inghilterra, i paesi scandinavi, la Svizzera, la Germania occidentale, la Francia, l’Austria, il Belgio, l’Olanda, gli Stati Uniti; retti con liberi ordinamenti politici, forniti di libertà di parola e di stampa. Noi non possiamo uscire dalla società politica occidentale senza rinunciare alle nostre medesime ragioni di vita.
(Luigi Einaudi, “Prediche inutili”, dicembre 1955 – gennaio 1959)
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