Schlein o Bonaccini? Una sfida con troppe incognite
Finirà 55-60 per cento contro 45-40, la sfida tra Elly Schlein e il favorito Stefano Bonaccini? Almeno a utilizzare come exit poll o proiezione il risultato del voto degli iscritti sembra questo l’esito probabile delle primarie aperte che si svolgeranno domenica. E al netto di irregolarità pur registrate qua e là sui conteggi e sulle tessere. Fin qui, a dire il vero, non c’è stato alcuno scontro aperto di strategia. Solo due sensibilità diverse, e non opposte, a confronto. Elly più antagonista e schierata per i più deboli e sfruttati. Più “eco socialista”, per usare un termine dell’ultimo Occhetto. Bonaccini più pragmatico, con sanità e scuola pubblica al centro, efficienza, politica industriale, ad esempio, su direttiva Diesel e riconversione green di filiera motori.

Nessuna chiarezza sulle alleanze
Zero invece da entrambi i candidati sulle alleanze, salvo il mero richiamo su “prima identità e poi il resto”. Quanto a Cuperlo e De Micheli, ad oggi sono stati laterali entrambi, e incapaci di sparigliare. Prendono meno dell’8 per cento il primo e tra 4 e 5 la seconda. Restano quindi i due competitor: la novità, e l’usato sicuro ben governante. Con poche differenze su guerra e armi – ma Schlein è più trattativista – e una importante convergenza contro il Jobs act e la precarietà.
Gioca a favore del governatore dell’Emilia il nucleo del partito che conta ormai nel Pd: sindaci. amministratori e militanza stagionata. A favore di Elly, viceversa, la protesta costruttiva. I giovani e le donne. Mentre persino qualche avversario o esterno moderato fa da sponda: Senaldi e Mieli. Che entrambi fanno appello al “cuore” e al novum, se andassero a votare…
Permane dunque il paradosso di una sfida tutta personale e nemmeno troppo accesa, ossia complementare, tra due figure personali. Non già una sfida congressuale vera e aperta, con piattaforme chiare e tesi strategiche in battaglia aperta una contro l’altra. E cioè con delegati dinanzi al paese e all’elettorato. Per strutturare una forma chiara di partito con minoranza e maggioranza che sostengano indirizzi e li correggano se il caso, tramite distinzioni e convergenze sui vari temi all’ordine del giorno, nella lunga traversata contro la destra. Nulla di tutto questo purtroppo. Bensì molte domande inevase.
Del tipo: opposizione costruttiva? Radicale? Con quali alleati? Specie sul punto delle istituzioni e della forma di governo, cavallo di battaglia di una destra che intende allargare il suo perimetro al centro liberal. E non che differenze forti non vi siano dentro il Pd a riguardo! Solo che esse restano ben celate e opache dentro listini legati ai candidati inclusivi di storie, idee, biografie e posizioni molto diverse. Con sinistra più radicale e progressisti più moderati ben mescolati dentro le opposte liste. Valga il caso di Franceschini schierato con Schlein, e la curiosa scelta di Chiamparino, ex renziano, sostenitore di Cuperlo. Certo, la sinistra della “ditta” e post ditta sta con Schlein in prevalenza, da Boccia e Orlando e Bersani, a Provenzano. Mentre il post renzismo sta con Bonaccini critico a suo modo del passato. Tuttavia ciò non dissipa una certa mancanza di chiarezza e trasparenza per l’oggi e per il domani.

E se i gazebo ribalteranno il risultato?
Per esempio: per chi voteranno domenica i cuperliani e i pro De Micheli ai gazebo? E ancora: il match ai gazebo potrà ribaltare il verdetto degli iscritti di partito? In teoria si. Anche se pesa molto il primo voto, ben accompagnato, come sarà senza dubbio ai seggi civici, dal partito governante i territori. Ma ove mai si arrivasse a un ribaltone si determinerebbe una ben strana situazione. Due segretari e due diversi partiti. Uno degli iscritti e uno dei cittadini! Una ipotesi bizzarra. Che tale resterebbe, anche in caso di quasi pareggio. Con una “forma partito non forma” e confusa. In bilico tra scontro permanente, consociazione e cooptazione. Per preservarne, di necessità, una unità a questo punto confusa e minacciata dalla guerriglia interna. Con ricadute rovinose sul senso stesso e la direzione della strategia di opposizione.
Come che sia, la novità Schlein vi sarà a quanto pare. Almeno in termini di seggi all’assemblea nazionale. Malgrado la probabile vittoria di Bonaccini. Ed il quesito resta: sarà consociazione con Schlein ammansita, oppure scontro tra le diverse anime sia pur rimescolate? In entrambi i casi si tratterebbe di una prospettiva non felice per un partito che deve recuperare una sua centralità egemonica, più’ che l’ambigua vocazione maggioritaria di cui parla Bonaccini, che stava tutta dentro la visione maggioritaria bipartitica americana teorizzata da Veltroni, e ormai fallita.
Ma a dipanare tutti questi nodi, in una con un processo condiviso e non confuso dentro la fisiologia di un partito plurale, occorrerebbe mettere subito all’ordine del giorno una radicale riforma statutaria. Per ridare vita alle istanze intermedie. Delimitare l’ambito delle primarie. Riservandole a temi controversi e cariche elettive generali. E per rifondare alfine una “forma forte” come dice anche Bettini nel suo libro “A Sinistra. Da capo”. Una forma partito basata su congressi e delegati di partito. associazioni e cittadini. In grado di ripristinare, a sinistra, appartenenza, selezione di linea e gruppi dirigenti. E di qui muovere alla riconquista di un consenso di massa.
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