Chiudono centri, piscina e biblioteca. Chi lascia Scampia alla camorra?

Come in una scuola non bisogna lasciare indietro gli alunni più deboli, così in una città non devono essere trascurate le periferie. Eppure, è sotto gli occhi di tutti come i quartieri estremi di una città, quelli che rappresentano la cerniera tra il nucleo storico e le aree extraurbane, quasi ovunque siano stati lasciati al degrado urbanistico e sociale.

Ne è passato di tempo dai film di pasoliniana memoria, racconti ricchi di un’umanità variegata e autentica, che portava sulla scena nazionale e oltre una realtà fatta di edilizia popolare anonima, di borgate, di campagna. Oggi i centri commerciali non di rado hanno preso il posto dei fabbricati, i parcheggi quello del verde pubblico, la spersonalizzazione quello dell’emarginazione. Se ieri ci si poteva riconoscere, perché si condividevano esperienze, problemi, desideri, oggi la città è diventata magmatica, i quartieri sono maglie di intrecci mutevoli, i luoghi/non luoghi sono spazi che muoiono e si riciclano.

Scampia, per esempio

Prendiamo Napoli e un suo quartiere simbolo, Scampia. Si è faticato anni e anni per recuperarlo, risanarlo, restituirlo alla città, ridare voce e dignità di esistere ai suoi numerosi abitanti, cancellare luoghi comuni ed etichette, comodi orpelli per chi aveva amministrato quella città e per chi, avvezzo a subire o ad avere senza sacrificio, li aveva trasformati in attenuanti, paraventi, giustificazioni.

Ciro Corona, napoletano di Scampia, si è rimboccato con altri le maniche e ha provato a distruggerli tutti, quei luoghi comuni. Consapevole di essere nato e cresciuto in un ambiente difficile, complicatissimo, che non fa sconti, che può inghiottirti senza pentirsene, non ha dato tregua al facile disfattismo, a quanti gli dicevano o lasciavano intendere che fosse tutto inutile. Perché Napoli la dannazione ce l’ha da millenni, sconta la sua bellezza, e si è sempre difesa trasformando anche la bruttezza in bellezza.

Con una laurea in Filosofia, Ciro ha iniziato a lavorare come operatore sociale, educatore di strada e di comunità. Poi è diventato presidente della cooperativa sociale (R)esistenza e portavoce della rete (R)esistenze Meridionali, con cui gestisce l’Officina delle Culture “Gelsomina Verde”. Da qualche anno, con gli altri associati cura il Fondo Rustico Amato Lamberti, un terreno confiscato adibito all’agricoltura sociale, in cui alcuni detenuti sono impegnati in percorsi individualizzati.

Tornare alla legalità

Salvare dal degrado un quartiere vuol dire questo: riportarlo alla legalità. Occorre coraggio, lungimiranza, “capa tosta”. Serve, naturalmente, il sostegno di chi in quel quartiere vive e inizialmente non comprende la portata del tuo impegno, perché ci devi mettere la faccia, perché devi saltare dall’altra parte della barricata, perché devi imparare a investire sul tuo futuro e finirla di vivere alla giornata, di tirare a campare, perché l’espediente è ciò cui sei abituato da sempre, da così tanto tempo che è diventato parte dell’iconografia partenopea. Ma serve anche il sostegno di chi in quel quartiere non vive.

Ciro Corona, come le altre realtà associative presenti a Scampia, i risultati li ha visti. Il mondo della politica locale lo ha affiancato in azioni importanti, anche se qualche volte ha dovuto fare la voce grossa. In un rione come questo, la continuità della presenza è fondamentale. Ogni pausa, ogni assenza, ogni finanziamento mancato o ritardato possono diventare la crepa che fa spazio alla bruttezza e all’illegalità.

Porte chiuse

Oggi Ciro ha di nuovo paura: “Cosa sta accadendo a Scampia? – si chiede – Nel solo mese di ottobre chiudono gli unici due centri di Educativa territoriale convenzionati col Comune, quella relativa a Obiettivo Uomo e L’uomo e il legno; chiude la piscina comunale con centinaia di utenti. L’Officina delle Culture Gelsomina Verde, ostaggio dei pasticci istituzionali e della burocrazia che ne deriva, è costretta a chiudere la Biblioteca, il centro diurno, la sala multimediale, la comunità alloggio”. Questo significa mandare in strada oltre cento tra bambini, ragazzi e studenti.

Vengono i brividi. Quelle strade, quegli edifici un tempo erano piazze di spaccio, tempio della manovalanza camorristica. Ci vollero ben tre anni per “ripulire” la sede delle Officine delle Culture, 45 grossi bidoni neri pieni di siringhe, e anche dopo non è stato facile per mantenerla “pulita” tra intimidazioni e atti vandalici.

Ciro Corona e i suoi amici volontari, i residenti, spesso hanno dovuto combattere contro la burocrazia, e la lentezza burocratica può fare più male di tutto il resto, male nell’anima di chi ha dato tutto se stesso per una causa, male nel danneggiare o vanificare anni e anni di impegno e risultati concreti.

Un regalo alla camorra

“Possibile che nessun giornale, nessun giornalista ne parli? Riempite i vostri curriculum, le testate, i programmi, con Scampia e non riuscite a prendere posizione di fronte a talune sciagure? Si sta servendo Scampia su un piatto d’argento alla camorra e voi ne siete complici”, afferma Corona.

Noi ne parliamo volentieri, consapevoli che la città di Napoli appartenga a tutti e nella sua interezza, Mergellina come Sanità, Spaccanapoli come Scampia. Ammiriamo i murales di Jorit sulle facciate dei suoi palazzoni, uno dei quali non a caso raffigura Pasolini, e portiamo a conoscenza quanti ancora non lo sappiano del grande bene immateriale che uomini come Ciro Corona hanno consegnato alla città e a tutti noi: il gioco, il riscatto sociale, la scuola, la dignità del futuro costruito con le proprie mani, mani pulite. Non possiamo permetterci di rinunciarvi.