Salvini-Le Pen, il Fronte diventa piccolo piccolo

La “Lega delle Leghe” non c’è più. È stata sostituita da un ben meno fantasioso “Fronte della libertà”. Lo hanno annunciato a Roma Matteo Salvini e Marine Le Pen in un convegno organizzato dal sindacato di destra UGL sul tema “Crescita economica e prospettive sociali in un’Europa delle Nazioni”. L’Europa “delle nazioni” è quella che verrà quando – ci spiegano Salvini e Le Pen (e Di Maio si accoda) – le elezioni del giugno prossimo avranno spazzato via l’Europa che c’è adesso, con Juncker, Moscovici, la Commissione, i burocrati dei “numerini” da opporre alle maschie ragioni della destra che ha vinto in Italia e vincerà dappertutto per il continente. Anche il Front National non c’è più. Forse anche per sfuggire alle indagini della magistratura che ha messo il naso su certe operazioni finanziarie, il partito di madame Le Pen ha cambiato ragione sociale e ora si chiama Rassemblement Nationale. Tutto nuovo, insomma, e il vento –dicono- soffia in poppa.

Sarà. E però nelle stesse ore in cui il ministro faccio-tutto-io italiano e la giovanna d’arco trombata alle elezioni se la tiravano al convegno, da Berlino arrivavano bruttissimi segnali. Horst Seehofer, il ministro federale dell’Interno nonché capo della CSU alle prese con l’incubo di una batosta alle elezioni regionali di domenica prossima, non mollava di un millimetro sul programma di rimandare in Italia tutte le migliaia di Asylanten che, approdati sulle nostre coste, sono poi passati in Germania alla ricerca di parenti, comunità e lavoro. Non solo, ma con una certa perfidia dal suo ministero facevano notare che il programma è in atto ormai da molti mesi. Da molti mesi cioè i voli charter partono dalla Repubblica federale alla volta dell’Italia, per cui proprio non si capisce che cosa pensino di ottenere i vicecapi del governo italiano, tutti e due giacché Di Maio si è subito associato, con la loro bizzarra minaccia di chiudere gli aeroporti.

Il problema è che i rinvii in Italia avvengono in base al regolamento di Dublino, proprio quello che il governo italiano accettò che non venisse messo in discussione a fine giugno nel vertice di Bruxelles dedicato all’immigrazione, quello che l’ineffabile Conte provò a venderci come una “vittoria italiana”. La “vittoria italiana” consisteva nel fatto che la distribuzione dei profughi sarebbe avvenuta su base volontaria, come chiedevano gli strani alleati che l’Italia salvinesca si era scelta nel gruppo di Visegrád, con il corollario di un’”intesa totale” tra il ministro italiano e il suo collega tedesco.

L’intesa si scoprì poi non solo non era totale, ma non esisteva proprio e Seehofer, tornato in Germania, si mise alacremente al lavoro per rimandare i profughi da dove erano venuti, cioè da noi. Così sperava di tamponare l’emorragia di voti che i sondaggi segnalavano dalla sua CSU agli ultra estremisti di Alternative für Deutschland in vista delle elezioni bavaresi. Cosa che – detto per inciso – non è avvenuta per il noto principio che tra l’originale e le brutte copie gli elettori tendono sempre a scegliere l’originale.

Questo è l’antefatto. Il fatto è che dalla Grande Alleanza che si sarebbe dovuta travasare nella Lega delle Leghe si è sfilata con la CSU proprio la componente che avrebbe dovuto dare più lustro all’operazione: un grande partito storico, membro del governo più importante d’Europa e orientato a erodere dall’interno, fino al boicottaggio, l’odiatissima cancelliera Merkel, simbolo di buonismo verso i profughi e bestia nera di tutti i sovranisti d’Europa.

E non è solo Seehofer a mancare all’appello. Neppure dagli anti-islamisti dell’olandese Geert Wilders, dai nazionalisti fiamminghi, dai demokraterna svedesi, dai “veri finlandesi”, insomma da tutta la variegata galassia del sovranismo nazionalista europeo arrivano più segnali d’interesse per la Grande Alleanza. Almeno per il momento.

Altro che vento in poppa: il progetto langue. E non è poi difficile intuire perché. Le convergenze tra partiti nazionalisti, il cui motto è “prima i nostri (italiani, francesi, olandesi e così via)” sono impossibili per definizione. Non basta odiare l’Unione europea per fondare un’alleanza perché, bene o male, bisogna anche immaginare il “dopo” in cui gli interessi nazionali avranno libero corso ed è ben difficile immaginare questo “dopo” se non come una lotta di tutti contro tutti.

Per ora il “Fronte della libertà” è un asse tra la Lega e il Rassemblement francese, con una incongrua appendice a cinque stelle sul coté italiano. Durerà fino a che i sovranisti italiani non si accorgeranno che i loro interessi divergono da quelli dei francesi. Per esempio in fatto di acquisizioni di aziende, di dazi, semmai dovessero tornare, di politica del petrolio in Libia o altrove.

Se queste sono le premesse, il sogno di spazzare via questa Europa rimarrà un sogno. Sempre che le forze progressiste e della destra moderata, gli europeisti, non si sparino sui piedi. Perché allora diventerebbe un incubo.