Salvini boccia l’Onu sulle migrazioni
e Conte si piega al Gran Capo
“I fenomeni migratori con i quali ci misuriamo richiedono una risposta strutturata, multilivello e di breve, medio e lungo periodo da parte dell’intera comunità internazionale. Su tali basi sosteniamo il Global Compact su migrazioni e rifugiati”. Così parlò Giuseppe Conte. Che non è Zarathustra ma, così pare, il capo del governo italiano. Era il 26 settembre scorso (due mesi e tre giorni fa) e Conte parlava dalla tribuna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: davanti al mondo, per così dire.
Ieri ha parlato Matteo Salvini, che neppure lui è Zarathustra (né gli piacerebbe perché quello era persiano: un extracomunitario), e abbiamo saputo che il Global Compact al governo italiano non piace più. E tanto per non lasciar dubbi, né il presidente del Consiglio né il ministro degli Esteri Moavero né chicchessia da Roma andrà a Marrakech, dove il 10 e l’11 dicembre il documento verrà solennemente firmato. Al povero Conte dopo l’umiliante sconfessione è toccata pure l’incombenza di spiegare le ragioni del penoso dietrofront cui è stato obbligato: il Global Compact – ha detto – è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini” e pertanto “riteniamo opportuno parlamentizzare (sic) il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”. Il fatto che anche la Svizzera abbia “parlamentarizzato” il dibattito è certamente un argomento molto forte. Che non nasconde però la sublime ipocrisia di scaricare sulle aule parlamentari, dove il governo conta su solide maggioranze che certamente non lo smentiranno, la responsabilità di bocciare una proposta che piace a tutto il resto del mondo.
No, non a tutto il resto del mondo. Come il governo italiano, da Marrakech si terranno lontani quello degli Stati Uniti, perché Donald Trump ha spiegato con la sua grazia consueta che in fatto di migrazioni e di migranti l’America “non ha proprio bisogno dell’ONU”, quello di Viktor Orbán e del suo collega polacco Mateusz Morawiecki, dell’austriaco Sebastian Kurz, del bulgaro Bojko Borisov, dell’australiano Scott Morrison. Insomma, una buona parte dell’internazionale dei sovranisti cui Salvini, la Lega e i Cinquestelle hanno deciso di iscrivere l’Italia d’autorità.
Ma perché il Global Compact dispiace così tanto al Ministro della Paura e ai suoi pavidi sudditi di governo? Eppure, il documento si propone di creare le condizioni per migrazioni sicure, ordinate e regolate, sottraendole alle mani di trafficanti e criminali, contenendo i movimenti illegali e incontrollati, assicurando condizioni di sicurezza non solo a chi si trasferisce ma anche alle popolazioni che riceve i migranti. Non è proprio quello che i nostri attuali governanti dicono di volere?
Un patto che impegni tutti, come quello proposto dall’ONU, consentirebbe all’Italia di far valere le proprie ragioni tanto nei confronti dei paesi europei che rifiutano la condivisione dell’accoglienza quanto nei negoziati bilaterali con i paesi ai quali si chiede di accettare accordi di rimpatrio. In un quadro regolato da norme valide per tutti più difficilmente l’Italia potrebbe “essere lasciata sola” come, con qualche ragione, ci si è lamentati che sia avvenuto in passato.
E allora perché il rifiuto? La spiegazione va cercata tutta sul piano dell’ideologia e della (in)cultura politica. Nella sua ragionevolezza, il Global Compact afferma un principio che il sovranismo del ciascuno-padrone-a-casa-sua fondamentalmente non accetta: l’idea stessa che i fenomeni migratori esistano. La convinzione, invece, è che essi possano non esistere, bloccati dalla chiusura delle frontiere, l’erezione di muri, i blocchi navali, i respingimenti in mare, l’espulsione e non l’integrazione di chi è già arrivato. Se volete una spiegazione illuminante del perché la destra radicale e sovranista non voglia alcuna regolamentazione, alcun governo internazionale dell’immigrazione dovete coglierla nelle parole dei duri e puri che non hanno le prudenze e i vincoli imposti dagli incarichi pubblici e dalle alleanze, che non debbono fingere e barcamenarsi: “non andiamo, vedremo, deciderà il parlamento…”
Giorgia Meloni, per citarne una non perché conti più di tanto politicamente ma perché ha la libertà di esprimere quello che i suoi amici che stanno al governo debbono sottintendere, dire e non dire, far capire ammiccando. La parlamentare di Fratelli d’Italia ha rivolto un appello pubblico a Salvini “scongiurandolo” di non approvare il Global Compact, un “pericolo mostruoso” perché riconoscerebbe (addirittura) un “diritto alla migrazione” e consentirebbe alle persone di spostarsi anche perché “hanno fame”, fuggono “dal caldo” o semplicemente “ne hanno voglia”. L’esercizio di cattivismo di Giorgia Meloni ha assunto tratti grotteschi che qualche giorno fa la trasmissione tv della 7 “Propaganda live” ha regalato al suo pubblico (clicca qui) e vi riproponiamo come una piccola lezione di sovranismo politico. Faceva ridere, ma forse c’è poco da ridere.
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