Salario minimo, M5s
in rotta di collisione
con il sindacato
Nonostante il MoVimento 5 Stelle e il sindacato abbiano avuto di recente un momento di comunanza d’intenti con il caso della Whirlpool, è lecito dubitare che possa protrarsi a lungo questa situazione; poco tempo prima era infatti emersa nel dibattito pubblico una drastica differenza di posizioni sul tema del “salario minimo”.
E’ possibile che questo si riveli essere il prossimo campo di battaglia scelto dal MoVimento 5 Stelle per indebolire ulteriormente gli ultimi brandelli di forme democratiche rimaste nel nostro sistema, andando dunque allo scontro con il sindacato.
Non solo salario
Se infatti il principio del salario minimo è incontestabilmente giusto, il problema è l’attuazione: la proposta iniziale del M5S, com’è noto, non ha incontrato il favore dei sindacati perché, costruita con la superficialità tipica di quel partito politico, è stata incentrata solo su una paga minima oraria, trascurando tutto ciò che oltre al salario fa inestricabilmente parte di un rapporto di lavoro (e concorre alla tutela dei diritti dei lavoratori, qualcosa che va ben oltre il trattamento economico).
Non è però necessario qui scendere nel dettaglio delle caratteristiche della proposta: ciò che è utile registrare è che in risposta a questa critica, sia Di Maio, sia pezzi di comunicazione social della galassia pentastellata abbiano a fasi alterne risposto alzando il tiro contro il “sindacato che si schiera con i padroni”, in un tentativo di delegittimazione delle posizioni altrui che tanto successo gli ha garantito negli ultimi anni.
Delegittimare i sindacati
E’ possibile ipotizzare che questa scelta non sia dovuta soltanto alla campagna elettorale, ma sia invece dettata da necessità sia tattiche, sia strategiche.

Innanzitutto, tattiche: in primis, attorno al sindacato (principalmente alla CGIL), grazie anche alla leadership di Maurizio Landini, ha iniziato ad aggregarsi una visibile opposizione sociale a questo governo e alla sua narrazione; in secundis, sta contemporaneamente emergendo l’incapacità del governo stesso di fronteggiare le molteplici crisi industriali di cui è costellato il nostro Paese, cosa che nel medio periodo rischia di minare il suo consenso proprio nelle aree sociali a cavallo tra le due cerchie (utilizzando un concetto di provenienza sociologica), ossia tra i lavoratori sindacalizzati (o comunque lavoratori che si rivolgono al sindacato in caso di crisi) ma che hanno comunque votato per uno dei due partiti di maggioranza nelle ultime tornate elettorali. Come sappiamo, questi non sono stati pochi.
Infine, la motivazione strategica è che il sindacato (di nuovo: principalmente la CGIL) costituisce una delle pochissime strutture politiche che mantengono un‘identità forte e un proprio radicamento, ha rafforzato la propria autonomia e soprattutto ha resistito all’egemonia della disintermediazione che è il vero nucleo strategico dell’esperimento pentastellato, oltre che uno dei più seri rischi per la sopravvivenza delle forme democratiche nel nostro Paese (cosa non compresa da Renzi che ha fatto per 3 anni, inconsapevolmente, il gioco del suo avversario).
M5s-sindacato, sfida egemonica
E non è un caso che lo scontro si giochi sul salario minimo: perché questa legge rischierebbe di indebolire drasticamente (e ulteriormente, rispetto a quanto già fatto in passato) uno dei punti nodali in cui si articola l’azione sindacale, ossia quello della contrattazione, cosa che andrebbe a tutto vantaggio dei padroni perché, appunto, quanto attiene non al rapporto salariale ma ai diritti del lavoratore resterebbe comunque soggetto alla contrattazione stessa, ma con soggetti sindacali ancor più indeboliti.
Dunque lo scontro M5S-sindacato rischia di essere una decisiva sfida egemonica, da un lato per avanzare nel progetto trasformativo della nostra democrazia da parte dei pentastellati (in direzione del sogno distopico di Casaleggio, Grillo e Di Maio), dall’altro non solo per difendere la propria capacità di tutelare i lavoratori, ma altresì per ribadire che la partecipazione democratica è qualcosa di molto più strutturato, complesso e articolato di un clic su una opaca piattaforma, e che solo le organizzazioni realmente democratiche sono in grado di difendere chi è in condizioni di subalternità.
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