Roma, le alternative all’inceneritore ci sono: bisogna scegliere
Per giorni una domanda-tormentone, di giornalisti e compagni di partito, ha inseguito Elly Schlein e la sua “squadra”, a cominciare dall’ingegnera ecologista Annalisa Corrado che nella segreteria Pd ha la delega sui temi ambientali: la nuova leadership democratica sostiene oppure no la decisione del sindaco di Roma Gualtieri, Pd anche lui, di costruire un mega inceneritore dove bruciare 600mila tonnellate di rifiuti all’anno (poco meno di un terzo di tutta la “monnezza” prodotta nella capitale)?
Inceneritore, una soluzione impattante
Nella prima conferenza stampa dopo la sua elezione nelle primarie di fine febbraio, Schlein ha risposto. E ha risposto, così mi pare, in modo ineccepibile: ha detto in sostanza che della scelta di Gualtieri, annunciata mesi prima che si avviasse nel Partito democratico il cammino per eleggere un nuovo segretario, il Pd targato Schlein che mette la transizione ecologica al centro del suo programma e della sua stessa identità non può che prendere atto. Al tempo stesso, ha aggiunto Elly Schlein, la questione di come gestire nel modo più virtuoso il ciclo dei rifiuti, a Roma come altrove, è un tema più che rilevante; se ne discuterà a fondo nel partito, e nel caso romano ne discuteranno per primi con Gualtieri altri sindaci Pd della provincia di Roma, che sul punto hanno opinioni diverse dalle sue.
Ecco, sarebbe bene che un’analoga discussione – basata su fatti e possibilmente su dati, liberata da qualunque tono “tifoso” – avvenisse più generalmente nel dibattito pubblico. Partendo da una domanda: per gestire in modo efficiente e ambientalmente sostenibile i rifiuti di Roma, dopo anni di malagestione sistematica, l’inceneritore proposto da Gualtieri è la soluzione più sensata e tecnologicamente avanzata? La risposta non solo mia, ma di un vasto arco di soggetti da Legambiente alla Cgil, è no. L’inceneritore non è, come in troppi e tra questi lo stesso Sindaco vanno ripetendo, una soluzione “green”, tanto che l’Europa lo ha escluso dalle opere comprese nella cosiddetta “tassonomia verde” in quanto non soddisfa il principio del Do No Significant Harm.
L’Europa, dunque, non ci chiede affatto di realizzare inceneritori, al contrario ci chiede di chiudere il ciclo dei rifiuti ricorrendo all’economia circolare, cioè privilegiando il recupero e riciclo di materia rispetto a ogni altra tipologia di smaltimento, e peraltro si appresta a cancellare l’esenzione dal sistema “Ets” (che impone il pagamento di “diritti di emissione” per tutti gli impianti che emettono gas climalteranti) di cui gli inceneritori hanno goduto finora poiché le emissioni di un inceneritore sono più che doppie di quelle medie generate in Europa nella produzione di energia elettrica.
Tutti i falsi miti sull’inceneritore
Ma un inceneritore non produce solo emissioni dannose per il clima: dando una scorsa all’autorizzazione dell’inceneritore di Bolzano, che Gualtieri considera uno dei modelli cui aspirare, si legge che da un impianto di quel tipo usciranno ogni giorno, veicolati da milioni di metri cubi di inevitabili fumi, monossido di carbonio, anidride solforosa, ossidi di azoto, acido cloridrico, idrocarburi polinsaturi, ammoniaca e ovviamente polveri.
È vero che molte città italiane ed europee sono dotate di inceneritori, ma in nessuna un impianto così è stato deciso e realizzato di recente. Il motivo è semplice: l’innovazione tecnologica galoppa, e molte soluzioni che potevano risultare razionali venti anni fa, oggi sono obsolete. Il tanto decantato inceneritore di Copenaghen è in crisi perché non trova più rifiuti da bruciare ed è costretto a raccattarli in giro per l’Europa, mentre il governo danese è impegnato per ridurre la capacità di incenerimento del paese.
Ancora, non è vero – altra fake news in circolazione – che realizzando l’inceneritore si eliminerà la necessità di una discarica. Dalle 600mila tonnellate di rifiuti bruciati nel forno usciranno almeno 120mila tonnellate di ceneri da collocare in discarica. Ceneri in parte da considerare rifiuti pericolosi e quindi da smaltire in discariche ad hoc.
Infine. Gualtieri sostiene che all’inceneritore non ci sono alternative se si vuole liberare Roma dalla spazzatura che periodicamente invade strade e piazze. Non è vero neanche questo: le alternative al mega inceneritore ci sono eccome, per esempio la Commissione europea ha deciso un finanziamento di 180 milioni al gruppo italiano Maire Tecnimont per realizzare proprio a Roma un impianto di riciclo chimico dei rifiuti indifferenziati, che senza combustione trasformerebbe circa 200mila tonnellate di rifiuti in idrogeno verde ed etanolo.
Insomma, regole elementari di economia circolare impongono, per ragioni di impatto ambientale ma anche di efficienza economica e di risparmio di materie prime e di energia, di finalizzare la gestione dei rifiuti al riciclo e recupero di materia, realizzando impianti come quello appena citato o come i biodigestori che ricavano biometano dalla frazione organica dei rifiuti (e che Roma attende da anni). Esiste, certo, una parte residuale dei rifiuti urbani da smaltire in altro modo, ma è decisamente inferiore alle 600 mila tonnellate dell’inceneritore che vuole Gualtieri. Il ricorso a un mega forno come questo impedirebbe di fatto il raggiungimento degli obiettivi europei in termini di riciclo di materia, perché inevitabilmente ci finirebbero dentro anche molti rifiuti riciclabili.
Per tutto questo sarebbe bene che il sindaco di Roma ripensasse al suo progetto e s’impegnasse davvero per dare a Roma ciò che oggi, non per colpa di Gualtieri, non ha: un servizio e un sistema di gestione dei rifiuti in linea con la prospettiva della transizione ecologica, che significa diffondere la raccolta differenziata “porta-a-porta” e costruire gli impianti, primi fra tutti i biodigestori, indispensabili allo scopo. Allora sì che meriterebbe l’appellativo di “sindaco green”.
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