La casella delle politiche egualitarie è, nella maggior parte dei Paesi, vuota. E accade allora che l’esercito dei perdenti si affidi a un vincente, quello che trovano, purché capace di dar voce alla loro rabbia e offrire un’immagine di diversità. Eppure basterebbero dei segnali chiari per disinnescare almeno in parte quelle mine vaganti nella post-democrazia incombente. Quello che un tempo si chiamava “riformismo” e che oggi appare “rivoluzionario”.
Marco Revelli
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