Ridracoli, la diga della Romagna realizzata quando la politica sapeva guardare lontano
Mentre tutto il nord è alle prese con la siccità, in Romagna stanno facendo scorte abbondanti d’acqua per affrontare senza problemi l’estate. Questo grazie all’invaso di Ridracoli, creato con la realizzazione tra il 1975 e il 1982 di una enorme diga tra i Comuni di Santa Sofia e Bagno di Romagna (Forlì-Cesena) che ha “chiuso” due montagne e dato vita ad un lago. L’invaso, al massimo regime, contiene oltre 33 milioni di metri cubi d’acqua destinata ad usi idropotabili e distribuita attraverso l’acquedotto della Romagna affidato alla società pubblica Romagnacque.
Proprio in questi giorni il lago è arrivato alla massima capienza ed è in corso la tracimazione dalla diga, un evento quest’anno ancor di più spettacolare perché avviene con la neve, che porta nella sperduta valle del Bidente migliaia di turisti ed escursionisti. Lo sfioro durerà, probabilmente, molti giorni, forse settimane, perché in alto sulle cime del Falco e Falterona che segnano il confine tra Romagna e Toscana la neve è abbondante e se non ci saranno repentini innalzamenti di temperatura il rilascio d’acqua avverrà lentamente.
La diga di Ridracoli, ad arco e gravità, è la settima in Italia con i suoi 101 metri di altezza. Il pelo d’acqua del lago, alla attuale massima capienza, si trova alla quota di 557 metri sul livello del mare. Lo sbarramento ha allagato una valle disabitata posta su un ramo del fiume Bidente. Quando il livello del lago è basso emergono solo i ruderi di una vecchia casa (le Celluzze) acquisita negli anni Sessanta dalla Forestale. L’ambiente naturale che si è creato è di una bellezza unica, incorniciato tra le vette del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Il lato ovest della diga, in particolare, è completamente selvaggio e di difficilissimo accesso anche perché privo di sentieri segnalati per scelta dell’Ente Parco che in quella zona ha individuato un importante sentiero di passaggio per il lupo.
L’ultima tracimazione, prima di quella attuale, era avvenuta nel maggio 2021 mentre nel 2022, anno siccitoso e soprattutto con poca neve, era stata mancata per pochi centimetri.
Un gioiello tecnologico e ingegneristico
Ridracoli è un gioiello tecnologico e ingegneristico. Raggiunge il minimo in autunno e di solito inizia a ricaricarsi tra novembre e dicembre. La serie storica evidenzia comunque un calo, in certe stagioni anche sensibile, nelle precipitazioni piovose e nevose.
La caduta d’acqua dalla diga al sottostante impianto di potabilizzazione produce energia elettrica e l’acquedotto si dirama, in parte anche in superficie, nelle tre province socie Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini e serve un milione di persone oltre alla quota di presenze turistiche che d’estate dà luogo ad un consumo idrico rilevante.
Fu voluta da una politica lungimirante
È un esempio di scelte strategiche e lungimiranti della politica. Fu fortemente voluta dai sindaci degli anni Settanta di Forlì, Angelo Satanassi (un comunista proveniente dalla Resistenza e morto nel 2011 a 86 anni) e di Ravenna, Aristide Canosani (socialista, classe 1935). Più tiepidi i riminesi perplessi dalla mole dell’investimento e certi che nella conoide del fiume Marecchia, a quei tempi impiegata anche per fornire acqua a Ravenna, ci fossero risorse sufficienti per rispondere ad ogni esigenza. Per fortuna in quegli anni i partiti sapevano guardare anche al futuro, convinsero i più riluttanti e Rimini entrò nella compagine societaria.
L’entrata in funzione oramai qurantennale dell’acquedotto della Romagna ha fermato la subsidenza provocata dallo sfruttamento delle falde. Per anni in campagna, di tanto in tanto, si sono levati alti getti d’acqua dai vecchi pozzi abbandonati che “esplodevano” per la ritrovata pressione.
Senza quell’opera la sete della Romagna, un’area storicamente siccitosa, sarebbe certamente arrivata a livelli drammatici.
Oggi Romagnacque è alla ricerca di nuove soluzioni da affiancare all’invaso di Ridracoli. La crisi climatica aprirà sicuramente nuovi problemi. Si punta in particolare su invasi, di più piccole dimensioni, per disporre di fonti di approvvigionamento alternative.
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