La Corte di Strasburgo respinge il ricorso
della Sea Watch “ma l’Italia tuteli i migranti”
La Corte europea sui diritti umani ha respinto la richiesta dei migranti bloccati sulla Sea Watch di obbligare l’Italia a consentire lo sbarco a Lampedusa. Nello stesso tempo, però, la Corte ha invitato il governo italiano ad “assicurare tutte le misure necessarie a garantire sicurezza e tutela” alle persone che si trovano, sulla nave ormai da due settimane, in una situazione di evidente vulnerabilità. Non è chiaro in che modo il ministro dell’Interno Salvini, che (forse prematuramente) ha commentato con grande soddisfazione la decisione venuta da Strasburgo potrà ottemperare all’ingiunzione di sicurezza e tutela se non acconsentendo finalmente allo sbarco dei naufraghi. Intanto potrebbe essere questione di ore una svolta drammatica: la capitana della nave, la tedesca Carola Rackete, ha annunciato che dopo la pronuncia della CEDU, qualunque fosse, avrebbe comunque forzato il blocco e portato la Sea Watch in porto, scontando le draconiane misure stabilite dal decreto-sicurezza di Salvini. il sequestro della nave e una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Articoli 2 e 3
La procedura con cui la Corte aveva chiesto che tanto i richiedenti asilo che le autorità italiane fornissero le informazioni necessarie per formulare il giudizio era stata aperta lunedì mattina ed era stata chiesta da alcune delle 42 persone bloccate da tredici giorni sulla nave alla fonda subito fuori delle acque territoriali al largo di Lampedusa in base agli articoli 2 e 3 della convenzione istitutiva. L’articolo 2 stabilisce che nessuno stato può mettere in pericolo la vita delle persone, l’articolo 3 proibisce trattamenti inumani e degradanti. Con una procedura simile, qualche mese fa, la Corte di Strasburgo aveva costretto il governo ungherese a cessare l’odiosissima pratica di negare cibo e acqua ai richiedenti asilo imprigionati al confine con la Serbia.
Per tutta la giornata di lunedì il governo italiano, che aveva l’obbligo di rispondere entro dodici ore, aveva taciuto mentre Salvini faceva sapere che, qualunque fosse stata la decisione della Corte di Strasburgo la nave non sarebbe entrata in porto e i migranti sarebbero rimasti a bordo, “se necessario fino a Natale e a Capodanno“. Poi il ministro dell’Interno aveva ribadito la sua pretesa secondo la quale, battendo la nave bandiera olandese ed essendo gestita da una ONG tedesca, i profughi avrebbero dovuto essere presi “metà da Berlino e metà da Amsterdam”. Come se fosse realistico immaginare un viaggio di diversi giorni nel Mediterraneo e poi nell’Atlantico con una nave stipata di persone stremate prima dalla prigionia e dai maltrattamenti subìti nelle carceri libiche e poi da quasi due settimane di navigazione senza speranza di approdo.
L’unica soluzione ragionevole
Anche dopo il pronunciamento della CEDU, quindi, l’approdo a Lampedusa e lo sbarco dei migranti appare l’unica soluzione ragionevole. Anzi, a questo punto l’unica soluzione possibile. E’ quanto hanno indicato l’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, e la Commissione europea, che non ha competenze in materia di immigrazione perché gli stati membri se le sono gelosamente conservate. I portavoce dell’esecutivo di Bruxelles hanno ribadito che per l’Unione europea la Libia, a differenza di quanto sostiene il governo italiano, non è un porto sicuro nel quale riportare le persone che fuggono e hanno comunicato che la Commissione è pronta è pronta a favorire il meccanismo di redistribuzione dei profughi tra i diversi paesi, com’è avvenuto in tanti altri casi simili. Intanto i 42 della Sea Watch potrebbero essere ospitati da istituti di assistenza. Si sono offerti di farlo in molti, tra cui la Chiesa Valdese e la diocesi di Torino. Siamo pronti per andare a prenderli e per ospitarli, ha detto l’arcivescovo Cesare Nosiglia, e lo faremo “senza oneri per lo Stato” ha ritenuto di dover aggiungere, consapevole della miseria morale con cui la vicenda viene trattata dai nostri governanti.
Insomma, se nelle prossime ore il governo italiano non troverà la via della ragionevolezza e del rispetto dei diritti umani, è probabile che la comandante tedesca, la tedesca Carola Rackete, e l’equipaggio decidano di forzare la situazione e di entrare comunque in porto, affrontando le conseguenze. Le quali potrebbero essere molto gravi, come dimostra la vicenda del cooperante portoghese Miguel Duarte che rischia fino a venti anni di carcere. Il caso è stato oggetto, al margine del Consiglio europeo di Bruxelles, di un colloquio molto teso tra il primo ministro portoghese António Costa e Giuseppe Conte, il quale ha sostenuto di non poter intervenire per rispetto della magistratura italiana.

Il Garante dei detenuti
La comandante potrebbe essere indotta all’atto clamoroso di disobbedienza civile dal precipitare della situazione a bordo. I profughi sono ormai al limite della sopportazione e ne è testimonianza un drammatico appello di uno di loro diffuso ieri mattina dalla ONG (vedi: https://www.facebook.com/seawatchprojekt/). Molti minacciano di gettarsi in mare e l’equipaggio ha dovuto calare un gommone pronto a raccogliere i disperati che dovessero tentare il suicidio.
Stornato (per il momento) il pericolo di una condanna da parte della Corte di Strasburgo, il comportamento del ministro dell’Interno potrebbe essere oggetto, com’è stato in passato, di indagini della magistratura italiana. Ieri infatti l’ufficio del Garante dei detenuti ha presentato alla Procura di Roma un esposto nel quale si chiede di verificare “eventuali aspetti penalmente rilevanti” nella detenzione dei migranti sulla nave. Il Garante spiega che non potendo né volendo sindacare scelte politiche che esulano dalla sua competenza, ritiene suo dovere impedire che si perpetrino “violazioni della libertà personale incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Costituzione” e tali da esporre l’Italia al rischio di incorrere in sanzioni in sede internazionale“.
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