Regionali, la società resta distante: il Pd resiste ma ora segua un percorso di sinistra
Le elezioni regionali in Lazio e Lombardia non hanno dato solo esiti negativi.
L’astensione massiccia e la vittoria delle destre sono indubbiamente una pessima notizia. Circa il primo dato, altre volte in passate elezioni regionali si era giunti al 37% dei votanti: fu quando venne eletto Stefano Bonaccini a guidare l’Emilia-Romagna la prima volta. L’astensione allora fu una protesta della sinistra, oggi è diventata una forma cronica di abbandono di interesse per la cittadinanza sovrana.

C’è anche da aggiungere che queste elezioni hanno coinciso con la settimana del carnevale sanremese, che si è preso la scena facendo dimenticare le urne, che sono state disertate da chi pensa che il potere del voto non gli appartenga, consegnandolo così a chi già ne ha tanto.
Hanno vinto i peggiori
L’altra pessima notizia riguarda la vittoria del cattivo governo. Quello lombardo, che ha portato il modello americano nella sanità non solo regionale, visto il piano del governo a favore delle assicurazioni private, e che ha avuto una responsabilità politica e morale nella falcidia di morti da pandemia. Quello laziale, che sembra riportare la Regione alla fiera dell’indebitamento promossa dalle destre sciupando il buon lavoro che la giunta Zingaretti ha fatto, nella sanità e nella lotta al Covid-19. Vincono i peggiori.

La notizia non completamente pessima viene dall’altra parte. Hanno straperso gli egocentrici. Volevano bastonare il PD e sono stati bastonati (contribuendo alla vittoria dei peggiori).
La sconfitta del duo Renzi-Calenda
In Lombardia il duo Renzi-Calenda ha mostrato che dietro di loro non c’è nulla, e la loro sigla è tanto volatile quanto pantagrueliche sono le loro ambizioni. La manipolazione e l’opportunismo li ha puniti: imbarcare una leader di destra riverniciata a nuovo, cercando di far cadere nella trappola il PD! Ma per fortuna al canto delle sirene il PD ha resistito. E ha fatto bene.
Il duo centrista perde sonoramente. Lo stesso è successo all’altro egocentrico, il leader dei 5 Stelle, che pure aspirava a rosicchiare a spese del PD – e che questa volta è rimasto sdentato.
Il Partito democratico ha acquistato consenso, pur nella sconfitta, e si conferma un partito con una base solida importante. Nonostante i mugugni di chi lo vota. Il fatto che abbia sconfessato i sondaggi, che lo davano sotto i 5Stelle, ci dice tre cose importanti.
Letta ha fatto il possibile
Innanzi tutto, che la lunga marcia voluta da Enrico Letta verso il congresso è stata una buona decisione: ha prima di tutto stemperato le polemiche, e soprattutto ha portato molti e molte a riunirsi per pensare e discutere di politica, per fare collettivo. Questa lunga fase congressuale non è stata solo voto.

Ci dice anche che la società è certo ancora distante (come l’astensione prova) ma la strada imboccata in questi mesi pre-congressuali e di campagna con candidati propri è quella giusta; una strada che non porta al partito degli eletti e degli amministratori (dell’establishment) ma al partito di eletti e di cittadini che partecipano: la cittadinanza attiva è la vita del partito, e dovrebbe diventare la mappa a guidarlo nella prateria del non-voto, per andare a riprendersi molti dei voti congelati o non più avuti. Le idee nel nuovo programma dei valori ci sono, e non sono per nulla male.
Infine, che chi diventerà segretario/a dovrà trovare ispirazione da queste elezioni regionali: per rafforzare il partito nel suo rapporto con la società, con i ceti popolati e sottopopolari, perché lì sta il suo futuro. Non nel ravvivare gli egocentrici ma nel seguire il proprio percorso di partito di sinistra, preparandosi al futuro, sia combattendo la battaglia politica contro la destra in parlamento sia mobilitando e attivando iscritti e simpatizzanti.
Il futuro sta qui: nella costruzione di un partito di idee e di proposte, di organizzazione collettiva democratica, presente nelle istituzioni e nella società.
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