Referendum, tra le ragioni del Sì e del No prevalga la democrazia
È paradossale. Le destre in questo referendum sono oggettivamente avvantaggiate: se vincesse il SI alla riduzione dei parlamentari, loro potrebbero affermare che il popolo vuole superare la repubblica parlamentare per un presidenzialismo ad autonomia differenziata, cioè un paese spezzettato e diviso tra nord e sud e tra regioni, se dovesse vincere il NO, potrebbero dire, e direbbero, che con quel voto il popolo si è pronunciato contro il governo di sinistra e che quindi deve andarsene prima possibile. Probabilmente si aprirebbe una crisi di governo e, bene che vada, ci sarebbe uno spostamento a destra degli equilibri politici e ciò con grande soddisfazione del presidente di Confindustria.
Ora, nel mezzo di una lotta politica aspra, poca aiuta sottolineare le responsabilità dei 5stelle. Che ovviamente ci sono e sono gravi.
I Si e i No non sono tutti uguali
Viceversa, anche se i ritardi sono grandi, occorre mettere in campo una idea di riforma della democrazia su cui far convergere le ragioni che possono unire chi vota SI e chi vota NO.
Voglio dire che i SI non sono tutti uguali e così pure i NO. Tra i SI c’è chi vorrebbe un rilancio della partecipazione popolare e del Parlamento e non il presidenzialismo, stessa cosa tra i NO.
Il primo punto politico unitario, su cui lavorare, è quello di respingere l’idea che, in via di principio, il Parlamento non può funzionare, vuoi perché vota per la nipote di Mubarak, vuoi perché inevitabilmente è abitato dalla casta, da ricchi affamatori del popolo ecc. Chi vota SI non può accettare questo impianto qualunquistico e di destra. Anche chi vota NO non può accettare che il referendum divenga la grande occasione per le destre per un loro rilancio e per dare un colpo al governo. È responsabilità di tutte le forze progressiste e di sinistra, fare in modo che nel SI e nel NO prevalgano le ragioni della democrazia e della loro unità, e si consolidi un vasto orientamento democratico con cui sostenere sia lo scontro con le destre, sia riforme democratiche.
L’urgenza di una nuova legge elettorale
Questa linea ha margini di successo? Non lo so, ma so che sarebbe imperdonabile non provarci. Al governo spettano le mosse più urgenti e impegnative.
Va chiesto con forza che faccia una nuova legge elettorale proporzionale, che tolga dalle mani dei segretari di partito la nomina dei deputati e che abbia una soglia di sbarramento che favorisca la rappresentanza. Poi, va affrontata la questione di definire le condizioni più favorevoli per promuovere e strutturare la partecipazione popolare. La questione del finanziamento della politica è una di queste condizioni e non può più essere ignorata. Occorre applicare il dettato costituzionale: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49). L’accento va posto sul verbo “concorrere”. Per il cittadino singolo e per quelli associati, come è possibile concorrere se non si ha la possibilità di avere sedi, finanziamenti per eventi, accesso gratuito alle reti informatiche, finanziamento per realizzare giornali online e strumenti di dibattito, di confronto e di diffusione delle proprie idee e proposte, se non si ha la possibilità di costruire percorsi di formazione gratuiti in collaborazione con università, centri studi e di ricerca italiani ed esteri? Oggi solo chi dispone di ingenti risorse finanziarie può utilizzare gli organi d’informazione e “fare politica”.
Il finanziamento della politica
Le forze del lavoro e popolari non sono nelle condizioni di accedere liberamente alla politica. La questione è serissima. Una legge sul finanziamento della politica servirebbe proprio a dare risposte a questi aspetti essenziali della democrazia. Un rinnovamento democratico della partecipazione politica è assolutamente indispensabile per creare e far conoscere luoghi e pensieri plurali. Certamente, andrebbe rivisto l’attuale sistema proprietario e oligopolistico dell’informazione, e ciò andrebbe a beneficio del giornalismo e dei cittadini… Mi fermo qui, molte altre importanti questioni potrebbero e dovrebbero essere affrontate.
Insomma, il referendum può essere un’occasione per rilanciare un dibattito e una visione innovativa della democrazia.
Le forze che sostengono il governo dovrebbero rilanciare e fare un pressing su di esso chiedendo e lavorando per attuare gli accordi del programma che avevano, al punto 10, il seguente impegno: “E’ necessario inserire, nel primo calendario utile della Camera dei deputati, la riduzione dei parlamentari, avviando contestualmente (il neretto è mio) un percorso per incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale. In particolare, occorre avviare un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso in sede parlamentare, del sistema elettorale…”. Questo il 4 settembre dello scorso anno.
Certamente il dramma del “coronavirus”, da cui non siamo ancora usciti, ha stravolto tutti i calendari, ma ora si vota, e ora il governo deve agire per non lacerare i rapporti tra le forze democratiche che voteranno per il SI e per il NO.
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