Rai, gialloverdi spaccati
Per Marcello Foa
niente doppio incarico

Due poltrone per uno? Inopportune oltre che impegnative se non occupate e basta. Eppure Marcello Foa, sostenuto dai sodali leghisti, in linea con il disprezzo delle regole che caratterizza il capitano e i suoi uomini, ci aveva creduto di poter fare il presidente della Rai e nello stesso tempo anche della controllata RaiCom.

Ventuno a quattro

Non è andata così. E 21 a quattro la commissione di Vigilanza sulla Rai ha approvato la risoluzione presentata dal movimento Cinquestelle sull’incompatibilità delle due cariche. O l’una o l’altra. Scegliere è l’imperativo dato che il voto non implica la decadenza ma certamente è un segnale politico  di cui non si può non prendere atto.
Sull’iniziativa dei pentastellati, simile nei contenuti a quella presentata dal Pd, che non aveva raccolto i consensi necessari, sono confluiti i voti dei rappresentanti del Partito democratico e di Leu oltre che di quelli che l’avevano presentata. La Lega è finita all’opposizione. A fare i conti con un altolà imprevisto in un momento in cui tra nuove trasmissioni e conduttori imposti tutto sembrava essere diventato sempre più facile.
Questo è il dato politico della vicenda in Vigilanza anche se i verdi e i gialli che compongono la maggioranza di governo si sono affrettati a smentire qualunque dissidio ma si sono appellati a diverse interpretazioni del regolamento che aveva portato alla doppia nomina. “Nessuna spaccatura politica e nessuna doppia lettura – ha tenuto a precisare il 5Stelle Gianluigi Paragone. “Abbiamo con coerenza posto all’attenzione del Cda della Rai l’inopportunità e l’incompatibilità della doppia presidenza di Marcello Foa. Speriamo che lo stesso Foa e il Cda prendano le dovute decisioni”.

Spaccatura di governo

Dall’altra parte arriva la conferma che non c’è “nessuna spaccatura ma solo interpretazioni tecniche diverse dello Statuto Rai” conferma il capogruppo della Lega in commissione di Vigilanza, Massimiliano Capitanio che ha sottolineato come gli alleati di governo abbiano “scelto di non credere alle parole dell’ad Salini” mettendo in discussione “una nomina che noi abbiamo condiviso per la qualità e le competenze professionali”.

Se non si è trattato di spaccatura nelle forze di governo certo quello in Vigilanza è stato un altro segnale dei difficili rapporti, in certi casi vere e proprie contrapposizioni, tra leghisti e Cinque stelle che prima o poi metteranno davvero in discussione la sopravvivenza dell’esecutivo. Non è nata una nuova maggioranza, come hanno blaterato i rappresentanti di Fratelli d’Italia che sarebbero pronti a qualunque cedimento pur di ottenere un qualunque strapuntino a Palazzo Chigi. Ma è andato in scena un altro atto di uno spettacolo interminabile la cui prova generale, a parti invertite, c’era stata qualche giorno fa quando il finanziamento a Radio Radicale l’avevano votato il Pd e la Lega con Di Maio e i suoi a ribadire il loro incontenibile dissenso.
Intanto c’è da fare i conti con un voto senza appello. Un voto che per il Pd Davide Faraone non può che portare “alle dimissioni di Foa, incapace di guidare la Rai. I vertici di viale Mazzini si sono chiusi a riccio e con un laconico comunicato hanno ribadito di essere certi “della correttezza del proprio operato” annunciando l’impegno a effettuare “tutte le valutazioni conseguenti nel prossimo consiglio di amministrazione”.

Corsa alla riforma

L’occasione è di quelle golose per sparare a zero sulla Rai che ognuno vorrebbe cambiare a propria immagine e somiglianza. Salvini ha subito rimesso nel mirino i mega stipendi, a cominciare da quello di Fabio Fazio. I Cinque Stelle si accingono a proporre una multiforme riforma in cui torna a proporsi il sorteggio per definire i vertici. In mancanza di capacità di decisione e valutazioni allora meglio il bussolotto.