Quello che la destra non sa: muoversi in punta di piedi nella stanza dei bambini

In punta di piedi. Come quando si entra nella stanza di un bambino che dorme e non si vuole svegliarlo. E’ così che dovremmo comportarci quando si tratta di bambini, tutti i bambini, specie adesso che riemerge il tema delle famiglie multicolori e arcobaleno rispetto a quelle “normali”, che si immaginano – forse – un po’ più grigie. La politica, invece, su questo argomento, alza la voce, si lascia andare a parole – forse inconsapevolmente – violente e dolorose, quando dice che vengono “spacciati” come figli. Tutto ruota sul concetto di famiglia, che, antropologicamente, non è per niente “naturale” perché non può essere identificata con la riproduzione.

Foto di Esi Grünhagen da Pixabay

Le famiglie, nella storia dell’umanità, sono state di tanti tipi diversi, quasi sempre “patriarcali”, dominate dall’uomo, anche se la riproduzione avveniva sempre dal rapporto tra una donna e un uomo.

La famiglia, come istituzione sociale ed economica, nasce anche per garantire e proteggere la discendenza, senza dimenticare il ruolo della religione, di tutte le religioni, che hanno o avevano tra i loro obiettivi, se ci fate caso, quello di imbrigliare e regolare la sessualità femminile, perché solo “mater certa”, che deve arrivare al matrimonio (la radice è ancora mater) “illibata” per garantire l’esclusiva della maternità, fino agli orrori della repressione femminile in paesi come l’Iran e dintorni.

Poi, grazie alla scienza, è arrivata, nei primi anni Sessanta, la pillola anticoncezionale che ha liberato la donna dal rapporto stringente tra sessualità e procreazione. Poi è arrivato il ’68, con la sua “pazza idea” che la donna fosse davvero uguale all’uomo. Poi è emerso dalla clandestinità l’universo LGBTQ+, che raccoglie persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, che non si sentono eterosessuali in modo binario (maschio/femmina), ma che vogliono o vorrebbero avere una famiglia “normale”, figli compresi.

Ricordiamo, allora, come suggerisce lo psicanalista Massimo Recalcati, che siamo tutti genitori “adottivi”, un po’ come San Giuseppe, quando scegliamo di avere dei figli, da avvolgere nell’affetto e nella nostra responsabilità. C’è, però, il problema della “maternità surrogata” o del più brutale “utero in affitto”, che può essere altruistico o retribuito (quest’ultimo vietato quasi ovunque, salvo in paesi come Russia, Ucraina e pochi altri). E’ qui, che si apre un problema etico di grande rilevanza e di difficile soluzione.

Ma il brutale “utero in affitto”, usato prevalentemente da coppie eterosessuali, diventa una sorta di martello mediatico e politico quando viene paragonato all’orrore della pedofilia, come ha fatto l’onorevole Mollicone (FdI), per colpire una grande varietà di famiglie che, paradossalmente, aspirano ad essere “normali” nella loro molteplice diversità.

Ciò che conta, alla fine, è l’amore e la responsabilità dei confronti dei figli fortemente voluti. Per questo bisognerebbe muoversi in punta di piedi nella stanza dei bambini – più che mai da proteggere, nell’inverno demografico che stiamo vivendo – senza urlare, insultare o tenerli in carcere, innocenti, per le colpe delle loro madri, per negare loro la cittadinanza e il diritto alla ricerca della felicità.