Quel voucher che fa schiacciare
le dita sotto la pressa
Le mille voci del mondo del lavoro aprono le “giornate di Lecce” volute dalla Cgil. Arrivano in un bellissimo docufilm di Mimmo Calopresti (in collaborazione con Natascha Lusenti) prima che venga data la parola a decine di dirigenti sindacali, studiosi, dirigenti politici. E’ stato possibile vederlo, anche lontano da Lecce, tramite l’efficiente “Radio articolo 1”. Il titolo scelto (ricordando nel finale l’apporto dato a queste tematiche da un grande regista come Citto Maselli) è “Il tempo del noi”. Una scelta che appare polemica nei confronti di chi teorizza solo l’Io prepotente.

E’ un odissea, quella che vedo, tra donne e uomini di questa nostra stagione convulsa. C’è l’anziano operaio di una fabbrica che un tempo si chiamava Fiat e che certo non rimpiange, ricorda, le antiche “cabine di verniciatura” dove dall’alto ti pioveva qualcosa che somigliava al catrame. Oggi le nuove tecnologie certo cancellano certe umiliazioni, ma ti danno qualcosa in meno. Hai meno tempo per te, osserva. Prevale il tempo della fretta, dei ritmi. E’ lo stesso tempo che sgomenta il giovane rider, il ciclista che porta pacchi viveri nelle abitazioni.

E’ il tempo che ha piegato sotto una pressa le dita di una mano a un altro dei protagonisti pescati da Calopresti. É un ragazzo che rimpiange di non poter più suonare la chitarra. Poi scopriamo che è un eroe dei nostri tempi. Uno di quelli pagati non con un contratto normale, ma con i famosi voucher che tanti esaltano come forma retributiva moderna. Per 5 euro e 50 centesimi all’ora perché l’imprenditore risparmiava due euro anche sul voucher comprato dal tabaccaio. Così lui oggi commenta: “Il lavoro non è tutto nella vita, i soldi vanno e vengono, le mie dita non tornano più”.

É un viaggio che incontra le commesse (quelle dei lavori domenicali sui quali si discute tanto) con una ragazza che spiega semplicemente come stando otto ore in piedi ti vengono le vene varicose, per non parlare di altri malanni. Un viaggio che passa attraverso gli immigrati raccoglitori di pomodoro nelle Puglie e non nasconde le assenze del sindacato quando ci sono. Così le voci operaie, antiche e moderne, fanno da contrappunto, come in una intervista con più attori, alle spiegazioni di Susanna Camusso. Che non nasconde le difficoltà ma segnala anche una fiducia nuova. Soprattutto attraverso quella battaglia sulla “Carta dei diritti” che dovrebbe rappresentare una risposta, un passo avanti rispetto a una stagione amara.
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