Quel trafficante
e un Memorandum
da cambiare
Un anno prima di prendere il comando dei guardiacoste di Zawija, il trafficante libico di esseri umani Abd al-Rahman Milad, meglio conosciuto come il famigerato al-Bija (e come tale “consultato” ufficialmente dalle autorità italiane sul tema dell’immigrazione) è stato individuato prima in Germania impegnato in vergognose manifestazioni antisemite (documentate su un suo profilo Facebook: foto scattata al memoriale dell’Olocausto di Berlino con questo testo: “I cani di Hitler al cimitero ebraico”), e poi nella stessa Libia dov’è stato fotografato con ufficiali della marina mentre ostentano il braccio teso nel saluto fascista
Quando al-Bija venne al Cara di Mineo
Tutto documentato in una inchiesta su La Stampa-on line appena qualche giorno fa, il 24 ottobre. Quando nel 2017 al-Bija viene invitato al Cara di Mineo e al Comando generale delle capitanerie di porto queste immagini erano già state pubblicate sui social da almeno quattro anni e, di conseguenza, erano già ampiamente consultabili (e probabilmente consultate) da quanti dovevano trattare con lui – trafficante di esseri poi rinchiusi magari proprio in quel Cara – argomenti cruciali quali la ricerca e il salvataggio delle vite umane in mare.
Ora, le carte del progetto finanziato dell’Unione europea nell’ambito del programma per la sicurezza delle frontiere Sud del Mediterraneo sono state segretate (?), ed è quindi impossibile sapere se al-Baij abbia continuato, dopo i documentati incontri, ad essere coinvolto nelle attività della guarda costiera italiana in appoggio ai libici. Così come risultano opachi (al deputato Luigi Fratoianni che vuole una risposta dai ministri dell’interno, degli esteri e dei trasporti) “alcuni progetti italiani e dell’Ue di relazioni con le milizie libiche, fiumi di soldi pubblici che evidentemente non sono stati utilizzati per salvare migranti in difficoltà ma probabilmente a alimentare personaggi e gruppi di dubbia credibilità.
Rinegoziare il Memorandum di intesa con la Licbia
In parallelo, Lia Quartapelle, Piero Fassino e altri deputati si sono rivolti al ministro degli Esteri per sottolineare la necessità e l’urgenza di rinegoziare il memorandum di intesa Italia-Libia del 2017 e validità triennale che avrebbe dovuto definire i comuni impegni in vista della stabilizzazione del paese e del governo dei flussi di migranti clandestini e di contrasto ai traffici illeciti. “In questi tre anni – sottolineano – sono accadute gravissime violazioni dei diritti umani in Libia, soprattutto a scapito dei migranti, diventati oggetto di un vero e proprio business per alcuni personaggi libici corrotti e gruppi armati. Secondo l’ultimo rapporto Onu sul territorio libico esistono 19 centri gestiti direttamente da quel governo – ma appena tre di questi sono accessibili per Onu, Oim e organizzazioni umanitarie –, eppure il numero delle prigioni non censite è ben più alto”.
Alla richiesta di rinegoziare il memorandum, Quartapelle, Fassino e altri aggiungono una domanda secca: quale posizione il governo intende assumere di fronte alla richiesta Onu di chiudere i centri di detenzione per evacuare i richiedenti asilo in altri paesi e, per il tempo strettamente necessario a completare questa operazione, come si intende agire per assicurare a Unhcr, Oim e Onu l’accesso a tutti i campi com’era stato previsto (e non mantenuto) dal memorandum?
Proprio ieri pomeriggio, rispondendo alla Camera a Lia Quartapelle, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha convenuo sulla necessità di “modificare in meglio i contenui del Memorandum con particolare attenzione ai centri e alle condizioni dei migranti”. Per questo Di Maio proporrà di convocare una riunione della commissione congiunta italo-libica. Ma non ne ha indicato la data.
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