Quando i ricchi chiedono troppo

L’attrazione irresistibile esercitata dalla crescita economica nella sua moderna forma istituzionalizzata ha funzionato da sostituto di qualità superiore rispetto alla ridistribuzione. Mentre oggi le masse non potrebbero mai avvicinarsi al livello attuale di ricchezza dei benestanti, neppure ricorrendo all’esproprio generale, esse invece potranno arrivare con pazienza allo stesso obiettivo, o quasi, in un futuro non troppo lontano – sostiene la visione convenzionale – grazie alla magia della crescita complessiva. Senonché, una volta che questa crescita abbia portato i consumi di massa al punto in cui causano problemi di congestione nel senso più ampio, a quel punto la chiave del benessere personale torna ad essere l’abilità di stare davanti a tutti gli altri. La crescita generale aumenta quindi la congestione, evidente al massimo grado nella sua manifestazione fisica, negli ingorghi di traffico.

La caratteristica strutturale in questione consiste nel fatto che, quando il livello del consumo medio aumenta, una porzione crescente del consumo stesso assume un aspetto sociale oltre che individuale. In altre parole, la soddisfazione che gli individui ricavano dai beni e dai servizi dipende in misura crescente non solo dal loro consumo personale ma anche dal consumo di altri. Per un uomo affamato, la soddisfazione ricavata da un pasto abbondante non è condizionata da quel che mangiano altre persone né, se la fame è abbastanza grande, da qualsiasi altra cosa esse facciano. Il suo pasto è un affare interamente individuale. In termini tecnici, è un puro bene privato. All’estremo opposto, la qualità dell’aria che il cittadino respira oggi nel centro della città dipende quasi esclusivamente dal contributo che i suoi concittadini danno alla battaglia contro l’inquinamento, o direttamente attraverso la spesa pubblica o indirettamente attraverso la normativa pubblica. L’aria pulita in una metropoli è un prodotto sociale. In termini tecnici, è pressoché un puro bene sociale.

I limiti, a un certo punto, ci sono sempre stati, ma solo da poco tempo si sono fatti invadenti. Questo, in sostanza, è il risultato di quanto ottenuto in passato da una crescita materiale non soggetta a limiti sociali. In questo senso, la preoccupazione sui limiti dello sviluppo espressa dal Club di Roma è mal collocata: mette al primo posto i limiti fisici e trascura la presenza immediata, anche se meno apocalittica, dei limiti sociali allo sviluppo. Considerare il progresso economico totale come un ingrandimento del progresso individuale equivale a far sorgere aspettative che non potranno essere soddisfatte mai. Il principio dell’interesse personale è incompleto come strumento di organizzazione sociale. Esso opera con efficacia solo in tandem con qualche principio sociale che lo sostenga: questa caratteristica fondamentale del liberalismo economico, che fu assunta in gran parte per scontata da Adam Smith e John Stuart Mill, è stata persa di vista dai suoi protagonisti moderni. Mentre si è sempre più accettata la necessità di modificare il laissez faire nelle politiche pubbliche, la necessità di condizionare il comportamento interessato degli individui è stata sempre più trascurata. Si è fatto il tentativo di costruire una sempre più esplicita organizzazione sociale senza il sostegno di una moralità sociale. Il risultato è stato un logoramento strutturale sia del meccanismo di mercato sia del meccanismo politico destinato a regolarlo e a integrarlo. Persino nelle condizioni più propizie per la società di mercato, certe cose devono essere tenute fuori del mercato. I più importanti articoli che non devono essere messi in vendita sono gli elementi centrali del tessuto costituzionale, come le decisioni giudiziarie e politiche.

Occorre operare un adeguamento di grande portata nello spazio legittimo per l’azione economica individuale. La libertà economica individuale deve ancora essere adeguata alla richiesta della partecipazione di maggioranza. Le disponibilità tradizionali, legate per le circostanza storiche a una condizione elitaria, ora costituiscono un sovraccarico. In questo senso le aspettative eccessive nell’economia moderna sono le tradizionali aspettative di chi occupa i gradini più elevati. Sono questi infatti che hanno posto dei livelli irraggiungibili. Sono i ricchi che chiedono troppo.

Occorre operare un adeguamento di grande portata nello spazio legittimo per l’azione economica individuale. La libertà economica individuale deve ancora essere adeguata alla richiesta della partecipazione di maggioranza. Le disponibilità tradizionali, legate per le circostanza storiche a una condizione elitaria, ora costituiscono un sovraccarico. In questo senso le aspettative eccessive nell’economia moderna sono le tradizionali aspettative di chi occupa i gradini più elevati. Sono questi infatti che hanno posto dei livelli irraggiungibili. Sono i ricchi che chiedono troppo.

(Fred Hirsch, “I limiti sociali allo sviluppo”, 1976)